sabato 3 giugno 2023
Gambe amputate nel paleolitico, DNA antico rinvenuto su ciondoli preistorici, i sauropodi erano grosse bestie & impronte umane di 14.000 anni fa circa
mercoledì 3 maggio 2023
L'evoluzione non porta a miglioramenti ma a cambiamenti: gli 'organi vestigiali' umani
lunedì 1 maggio 2023
COMPARAZIONE UOMO PRIMATI: LOCOMOZIONE & RACHIDE
Bene, incominciamo!
Come dicevo prima, accantoneremo (per modo di dire) la componente evolutiva soffermandoci solo sul contesto anatomico, quindi possiamo partire dal presupposto che esistono diverse tipologie di locomozione nel mondo dei primati, ed il più delle volte è difficile dire quale sia una locomozione derivata o arcaica, ma possiamo dire con assoluta certezza che i primati possono adottare diversi tipi di locomozione in base alle loro capacità fisiche, o al contesto ambientale. Per esempio, anche il bipedismo non compare solo negli ominini e non si "affina" sempre di più (maledetta e fuorviante scala evolutiva!), ma è un carattere che si è sviluppato in modo indipendente anche in altri gruppi di primati. Come sempre, cerco di ribadire che evoluzione è sinonimo di cambiamento, e non di miglioramento. E qui, prima di affrontare un discorso prettamente anatomico, incomincio ad aggiungere un tassello importante che deve essere affrontato prima di qualsivoglia comparazione: L'uomo è un organismo imperfetto (come tutti, del resto!), e sono molte le caratteristiche che lo denotano. In questo caso, possiamo benissimo citare un paio di problematiche legate alla colonna vertebrale.
La colonna vertebrale si è sviluppata in modo parallelo rispetto al terreno proprio per sorreggere il corpo, come possiamo notare nei primi tetrapodi: il peso gravitativo era scaricato su tutti e 4 gli arti e non su 2 arti, come in H. sapiens e in altri ominini. Nell'evoluzione umana e nei primati, soprattutto quando incomincia ad essere presente un tipo di locomozione bipede, possiamo notare come la colonna vertebrale non sia più parallela ma è sostanzialmente perpendicolare portando la testa al di sopra della colonna, che avrà una forma ad S (più o meno). Durante la storia della nostra vita, si sono sviluppati indipendentemente anche altri caratteri, come la comparsa di un cranio più grande e, di conseguenza, più pesante. Aumenta il carico sulla colonna e di conseguenza " la S diventa più marcata (o meglio, si comprime), incurvata, portando a problemi di lordosi e di cervicale (le vertebre cervicali sono le prime 7 al di sotto del cranio). Insomma, più il cranio (ed il cervello) è grande e più peggiorano i problemi di schiena che oggi conosciamo, soprattutto se si cammina in modo eretto come fa H. sapiens. Evoluzione è sinonimo di cambiamento, non è assolutamente sinonimo di miglioramento, altrimenti non avremmo questi "problemi" alla schiena. Se vogliamo, è un "compromesso evolutivo", come ne esistono e ne sono esistiti tantissimi altri nel corso della storia della vita.
Le tracce di lordosi sono antichissime e sono state associate anche alla specie 𝘼𝙪𝙨𝙩𝙧𝙖𝙡𝙤𝙥𝙞𝙩𝙝𝙚𝙘𝙪𝙨 𝙨𝙚𝙙𝙞𝙗𝙖 (per la ricerca, clicca qui). La locomozione bipede non è una capacità esclusiva della nostra specie e del genere Homo in quanto molti ominini, come per esempio le australopitecine, o il lontanissimo parente 𝙊𝙧𝙚𝙤𝙥𝙞𝙩𝙝𝙚𝙘𝙪𝙨 𝙗𝙖𝙢𝙗𝙤𝙡𝙞𝙞, erano capaci di camminare in modo eretto (anche se in modo facoltativo).
Arrivati a questo punto, qualcuno potrebbe chiedersi: nel genere Homo, quindi, si perde completamente la capacità di svolgere o adottare altre tipologie di locomozione? Non è proprio così, e prenderò come esempio Homo naledi, una specie che possedeva abilità pari a quelle di un maratoneta, capace anche di arrampicarsi. Non ho preso in considerazione specie come Homo habilis e Homo rudolfensis, in quanto sono specie, anatomicamente e temporalmente parlando, più simili e "vicine" alle australopitecine che alle specie più derivate del genere Homo.
- condivide con le australopitecine un collo femorale compresso anteroposteriormente, un collo fibulare relativamente circolare e una tibia compressa mediolateralmente;
- condivide con il genere Homo una linea aspera molto marcata, tibie relativamente lunghe, fibule sottili/gracili con malleoli laterali orientati lateralmente e rotule spesse anteroposteriormente;
- caratteristiche tipiche e uniche della specie stessa sono la presenza di due "pilastri" nella parte superiore del collo femorale, e un'inserzione distale tubercolare del pes anserinus(inserzione dei muscoli sartorio) sulla tibia.
Le diverse tipologie di locomozione, almeno questo posso dirvelo senza mandarvi troppo in confusione, sono caratterizzate in primis da una diversa posizione del baricentro, infatti è arretrato nei primati 'arborei' in quanto queste specie sono state selezionate in un contesto nel quale è necessario evitare che il corpo 'penda in avanti', rischiando la caduta da altezze considerevoli. La condizione ottimale in questi ambienti è quella quadrupede (quadrupedismo primitivo), tipica degli antenati delle cosiddette 'proscimmie' (Ho parlato in modo approssimativo della sistematica dei primati qui). Morfologie tipiche di un primate arboricolo sono:
- dita lunghe e flessibili, con 'mani' caratterizzate da un pollice opponibile. Questo indica che la 'presa' svolge un ruolo fondamentale per spostarsi da un albero all'altro;
- arti posteriori caratterizzati da ossa più lunghe di quelle anteriori, e ben sviluppati tali da fornire una grande capacità nel salto;
- la coda non è un ornamento, ma è un organo funzionale che svolge molti ruoli: può mantenere il corpo in equilibrio durante il salto o su un ramo, e svolge anche un ruolo prensile (è una sorta di 'quinto arto').
Oltre al quadrupedismo, troviamo anche la brachiazione primitiva, che è caratterizzata da un movimento sui rami da parte degli arti anteriori, generalmente più sviluppati rispetto a quelli posteriori. L'arto anteriore è, quindi, più allungato rispetto a quello posteriore, e di conseguenza la locomozione non è caratterizzata da 'salti' come nel quadrupedismo primitivo. Per riassumere, le falangi sono lunghe, caratterizzate da polpastrelli e unghie, e la spalla è modificata rispetto ai "quadrupedi primitivi" tale da sorreggere il corpo e da permettere agli arti di muoversi in modo più plastico rispetto a un "quadrupede primitivo". Possiamo avere 2 "varianti" di questa locomozione: Brachiazione specializzata. Solo gli arti anteriori svolgono un ruolo nella locomozione, come nelle Hylobatinae. Morfologicamente parlando, i brachiatori specializzati possiedono:
- dita molto lunghe e a "gancio";
- pollici ridotti;
- arti anteriori molto lunghi tali da presentare modificazioni strutturali considerevoli alla spalla e al braccio;
- gli arti inferiori sono molto accorciati, e ciò non permette "l'effetto pendolo" (riescono ad arrampicarsi sui rami senza "contraccolpi");
- in genere non è presente la coda .
Brachiazione modificata. L'uso delle nocche è fondamentale in questa particolare locomozione, e caratterizza primati come i pongidi. Anch'essi sono caratterizzati dall'assenza della coda, e possiedono una locomozione mista in quanto sono anche in grado di arrampicarsi sugli alberi. L'arto anteriore è più lungo di quello posteriore, e da qui deriva la postura clinodroma. In parole povere, l'avanzamento del corpo avviene con l'ausilio delle nocche.
La locomozione che più caratterizza la nostra specie è il bipedismo, ed è una locomozione caratterizzata da una postura ortogroda, e qui vediamo una situazione leggermente diversa: gli arti posteriori sono più lunghi rispetto a quelli anteriori. Australopithecus sp. e Homo sp. sono caratterizzati da un bipedismo obbligato (non per tutte le australopitecine, sia chiaro!) e non facoltativo, infatti l'arto anteriore perde funzioni legate alla mobilità. La colonna vertebrale è sostanzialmente eretta e la locomozione è caratterizzata da "passo alternato"
Parliamo un po' di...ossa
Premessa: citerò alcune componenti ossee e le funzioni che svolgono, ma non entrerò troppo nel dettaglio in quanto è difficile parlare solo di anatomia in un articolo del genere. Rimane il fatto che lo studio dello scheletro è molto importante per comprendere la relazione tra i primati odierni e antichi e l'uomo. Non è comunque un lavoro immediato perché bisogna sempre tenere conto di due componenti importanti che riguardano la biodiversità dello scheletro:
Ontogenesi. Tutti noi nasciamo in un certo modo e quando diventiamo grandi sviluppiamo certe caratteristiche che i bambini non possiedono, per esempio la barba o la peluria sul corpo, e viceversa. Anche il cranio di un bambino ha una forma diversa da quella di un adulto, così come tante altre componenti anatomiche. L'ontogenesi, sostanzialmente, è un lungo percorso che parte dallo stadio embrionale fino allo stadio adulto, ed ogni stadio presenta caratteristiche peculiari.
Dimorfismo sessuale. Si intende la differenza morfologica che esiste tra gli individui appartenenti alla stessa specie, ma di sesso differente. Per esempio, si può parlare della presenza o assenza di un dato carattere, come per esempio la coda del pavone maschio, oppure della differenza delle dimensioni corporee ( l'individuo maschile è più grande di quello femminile, come nella maggior parte degli elefanti, oppure si può notare l'esatto contrario come in molte specie di aracnidi). Il dimorfismo in H. sapiens non è così "spettacolare" come in altre specie animali, tanto da rispecchiare il dimorfismo presente in buona parte dei primati (la diversa vocalizzazione e dimensione corporea, un bacino più largo e inclinato per le femmine, ecc.).
Quindi, sostanzialmente, quando si compiono questi studi bisogna capire se due o più soggetti di studio appartengono a specie diverse, se si tratta di variabilità intraspecifica o di dimorfismo sessuale. Sono concetti che riprenderò anche con le altre componenti, tranquilli!
Ritorniamo allo scheletro. In quest'articolo non possiamo non citare il rachide, una componente corporea che svolge un ruolo di sostegno per la testa, e di protezione del midollo spinale. Per semplificare il discorso, consideriamo con rachide l'insieme della colonna vertebrale, i dischi intervertebrali, muscoli ecc. caratteristici di questa struttura "dorsale".
E' importante sapere tutto questo perché, dal punto di vista evolutivo, come possiamo notare nei pesci o in vertebrati come gli ittiosauri, esistono due tipologie di rachide: uno flessibile, che fornisce una sorta, appunti, di flessibilità; uno rigido, che permette di resistere alla forza di gravità. Ma questo discorso possiamo comprimerlo nel contesto dei primati, infatti, nei primati saltatori il rachide è flessibile proprio perché permette di eseguire balzi o "una spinta in più", quindi un primate brachiatore possiede un rachide più flessibile rispetto ad un primate bipede o quadrupede (qui, poi, entrano in gioco anche le dimensioni corporee e generalmente i primati con un rachide più rigido sono anche più 'grandi' fisicamente).
- I Dischi vertebrali. Garantivano (e garantiscono) una maggiore elasticità al corpo dorsale, in quanto svolgono dei ruoli da "ammortizzatori";
- I Processi Spinosi. Forniscono maggiori inserzioni ai muscoli dorsali, e la loro presenza rendono, appunto, più "potenti" i muscoli. Questo è importante perché non tutta la colonna vertebrale possiede la stessa elasticità in tutti i punti, infatti la parte toracica è più rigida perché è "avvolta" dalle costole mentre, le parti cervicali e lombari, hanno una maggiore mobilità.
- Un primate come uno scimpanzé è caratterizzato da un asse inclinato, quindi il peso si scarica parzialmente lungo la colonna vertebrale;
- Nell'uomo tutto il peso si scarica lungo la colonna vertebrale (e sulle gambe). Il problema è che l'uomo si trova in una sorta di "instabilità continua" per evitare che il baricentro esca dall'area dei piedi, e tutto questo è aiutato anche anche da un aumento delle dimensioni del corpo vertebrale, relazionato all'aumento del carico di compressione. Come detto prima, maggiore è il peso scaricato lungo la colonna (come il nostro cranio, che non è proprio così 'leggero') e maggiore sarà robusto il sacro. Questa caratteristica può aiutare molto i paleoantropologi per stimare, almeno in parte, la grandezza del cranio e capire qualcosa sulla locomozione.
- Nei primati quadrupedi, la leva della resistenza è molto lunga mentre la leva della potenza è corta. Quindi, è necessario un contrappeso, bello forte, come i Muscoli Nucali, che possa equilibrare il cranio (senza farlo oscillare troppo) e la colonna vertebrale (che è posta orizzontalmente, più o meno). Possiamo fare l'esempio del ponte, ma anche quello di una gru può andare bene. Infatti, le gru presentano nella una sorta di "blocco di cemento" (l'equivalente dei Muscoli Nucali) che non permette alla struttura di 'cadere all'indietro' ( o in avanti. Sinceramente, non sono un esperto di gru), ed il tutto è equilibrato da un contrappeso ;
- In primati come gli scimpanzé, caratterizzati da un asse inclinato, il peso della testa è più bilanciato in quanto il forame si trova in una posizione più avanzata e anteriore rispetto ad un quadrupede. Qui troviamo un contrappeso (Muscoli Nucali) meno sviluppato rispetto alla condizione quadrupede;
- Nella nostra specie il Forame Magno si trova in una posizione anteriorizzata molto avanzata, tale da permettere alla testa di essere "appoggiata" sulla colonna vertebrale, quindi scaricando praticamente il peso su di essa senza l'ausilio di contrappesi così sviluppati, come nelle altre condizioni. Basandoci sui resti ossei, un individuo bipede è caratterizzato da un Forame Magno "spostato in avanti" e una minore inserzione dei Muscoli Nucali.
venerdì 21 aprile 2023
4. Come spiegare con poche parole il concetto di evoluzione; la 'cultura' evolve come un organismo: parte #1
Nei precedenti post ho parlato della separazione dell'Antropologia Culturale da quella Fisica, e di come questa scissione abbia fornito una visione distorta dell'evoluzione, arrivando alla conclusione che l'uomo, con la comparsa della cultura, avrebbe smesso di evolvere. Naturalmente, tutto ciò non è assolutamente vero in quanto l'uomo continua ad evolversi, ma arrivati a questo punto dobbiamo fare anche un po' di chiarezza su questo concetto (lo affronterò in modo dettagliato in separata sede) prima di affrontare le prossime tematiche (riprendendo anche alcune tematiche come quelle inerenti all'HESA'). Se vi siete persi gli articoli precedenti, cliccate qui, qui e qui.
Bene, incominciamo! L’evoluzione biologica è un processo continuo, che ha avuto un inizio ma che non avrà una fine, o meglio ci sarà quando ogni organismo o entità biologica scomparirà. Ma, un pensiero diffuso è che ora, Homo sapiens, la nostra specie, si trovi in una situazione di stasi e senza "evolversi", cambiare, da quando le capacità culturali e tecnologiche sono migliorate. Non esiste nessun blocco, anche perché apparentemente e morfologicamente non vi sono sostanziali cambiamenti, infatti a livello paleoantropologico si indicano H. sapiens antichi, che possiedono un’anatomia simile alla nostra, come “Homo sapiens anatomicamente moderni”. Ma, a livello genetico e fisiologico i cambiamenti sono continui, e questo vale per tutte le specie, che sia un mammifero o un virus. Questo concetto di stasi viene confuso con un periodo nel quale non avvengono cambiamenti, e può avere una valenza fino ad un certo punto. Per esempio, Gould ha scoperto e studiato un meccanismo evolutivo che ha denominato “Gli equilibri punteggiati”. In parole povere, senza entrare troppo nella spiegazione del meccanismo, Gould spiega che se non vi sono determinate pressioni selettive che portano ad un mutamento rapido all’interno della popolazione di una data specie, come un cambiamento ambientale rapido, la popolazione apparentemente ed esternamente sembra non cambiare molto. Per questo sono contro il termine "fossile vivente", in quanto porta a pensare che un organismo possa non mutare per molto tempo.
Come spiegare in modo molto semplice il concetto di
evoluzione? Evoluzione è sinonimo di cambiamento, non di miglioramento, e
questo cambiamento è promosso dalle mutazioni (perlopiù casuali). Queste mutazioni, o la comparsa
di nuovi geni o di altri fattori biologici (anche il cambiamento della struttura di un cromosoma, per esempio), verranno poi “smistati” all’interno di una popolazione
attraverso i vari meccanismi evolutivi (Selezione Naturale, Selezione Sessuale, Exaptations, Equilibri Punteggiati, ecc.) che
“smistano”, selezionano certi organismi che possiedono già certe mutazioni o caratteristiche,
dipendentemente dal fattore in gioco, rendendo una determinata
mutazione/genotipo/fenotipo più o meno frequente all’interno di una popolazione
di una data specie (non necessariamente in quest'ordine. Una certa mutazione può diventare anche frequente in un momento nel quale non ci sono pressioni selettive in gioco).
Ma la cultura e la cognizione umana, secondo le credenze
popolari, avrebbero sopraffatto questi meccanismi evolutivi in quanto ci si
appoggia al concetto di stasi evolutiva umana ("HESA"), un concetto
diffusissimo in molte discipline, sia scientifiche che umanistiche.
Si parte dal presupposto che ci si confonda tra evoluzione
naturale e meccanismo evolutivo, ma questo "pensiero distorto" lo apprendiamo sin da piccoli. Infatti, a scuola si impara che Darwin inventò l’evoluzione e che la chiamò Selezione Naturale, quando lui semplicemente descrisse uno dei tanti meccanismi
che portano al cambiamento, tanto da descrivere anche il meccanismo della
Selezione sessuale (questo non viene mai ricordato, però!)
Piccolo momento di sfogo: tutti tendono a chiamarla Teoria dell'Evoluzione, quando in realtà il nome completo è 'Teoria dell'evoluzione PER SELEZIONE NATURALE', infatti il più delle volte viene considerato questo fenomeno come sinonino di 'adattamento'. Evoluzione è sinonimo di cambiamento, non di adattamento o di miglioramento perché non ha un fine o uno scopo, ma è solamente un processo nel quale avviene una continua modificazione degli esseri viventi. O meglio, l'adattamento è una conseguenza dell'evoluzione. Il problema è che c'è un errore di fondo a livello culturale nel concepire cos'è realmente l'evoluzione biologica, e tendiamo sostanzialmente ad eliminare tutti i passaggi che ci sono tra il concetto di evoluzione e di adattamento. Infatti, la maggior parte delle persone citano Darwin come "colui che ha scoperto l'evoluzione", quando invece ha descritto un meccanismo evolutivo, cioè uno dei tanti modi in cui avviene il cambiamento. E Questo porta a pensare che l'evoluzione avvenga esclusivamente per Selezione Naturale, e che in assenza di essa non avvenga nessun cambiamento (senza contare che fenomeni di Selezione naturale sono comunque in atto in certe popolazioni. Per leggere l'articolo in merito, clicca qui!).
Quali sono i problemi legati a questa falsa credenza?
Punto 1. "Non tutto ha senso, non tutto deve avercelo". Utilizzo questa frase de l'Antico, personaggio del film Dottor Strange, perché racchiude molto il mondo dell'evoluzione. In primis compare la 'mutazione', che può essere casuale, o non casuale se tiriamo in ballo l'epigenetica (anche se è un discorso perlopiù proteico). Le mutazioni non sono necessariamente legate all'ambiente che al massimo seleziona solo ciò che è già presente (questo lo vediamo al punto 4).
- una mutazione deve essere ereditabile;
- deve diventare frequente all'interno di una popolazione (frequenza genica o allelica);
- un organismo può trasmettere ciò se si riproduce;
- non è detto che tutta la prole riceva le mutazioni dagli individui parentali, quindi la velocità con cui muta una popolazione può essere davvero variabile (in base alla fitness, quindi quanti figli fanno, alla durata della vita di una data specie, ecc.);
Esistono diversi tipi di HESA, più moderati che abbracciano
in minima parte i principi biologici dell’evoluzioni, e quella più estrema. Il
problema di fondo è che si confonde evoluzione con Selezione naturale, pertanto
nel testo vengono analizzati quelli che potrebbero essere dei fattori che
“proteggono” dalla Selezione naturale:
- Plasticità fenotipica. E’ una risposta a rapidi
cambiamenti, i geni (che sono già presenti all’interno di una popolazione) si
esprimono in modi differenti. Secondo HESA, una cognizione superiore rende
virtualmente il cervello più plastico e reattivo ai cambiamenti, rendendo “non
necessaria” un’evoluzione biologica;
- Costruzione di nicchia. E’ una modifica attiva
dell’ambiente selettivo, e con l’avanzare della tecnologia, l’uomo sarebbe
stato capace di sopraffare o addirittura di invertire la Selezione naturale. E’
come se l’uomo fosse co-direttore del suo destino;
- Trasmissione culturale. L’acquisizione e la trasmissione di variazioni non genetiche avvengono attraverso meccanismi di apprendimento sociale, e ciò necessita di una di un cervello molto sviluppato in grado di supportare una cognizione “superiore” e abilità linguistiche. Sostanzialmente, l’acquisizione e la trasmissione culturale potrebbero implicare un elemento di preveggenza o intenzionalità che non ha analoghi nella meccanicistica. Potrebbe anche essere questo il punto principale, in quanto l’evoluzione non è prevedibile, non ci è dato sapere quale mutazione comparirà e come essa verrà “smistata” dai meccanismi evolutivi.
Ma, sostanzialmente, esistono obiezioni contro la “stasi
umana”:
- Coevoluzione Gene-Cultura. Sia la versione forte che quella
moderata dell'HESA sostengono che la selezione direzionale è stata
effettivamente sostituita dalla costruzione di nicchie culturali, soprattutto
dopo la rivoluzione neolitica. Si dubita in primis a questa affermazione in
quanto la cultura non si limita a un ruolo contrastante di costruzione di
nicchie; o meglio, alcuni autori sostengono che gli sconvolgimenti sociali e
tecnologici dell'Olocene abbiano creato un ambiente selettivo dinamico che ha aumentato, anziché ridurre, i tassi di
evoluzione umana. Per esempio, l’allevamento che ha portato alla produzione di
latte, ha generato pressioni selettive che hanno portato alla fissazione dei
geni associati alla tolleranza del lattosio;
- Plasticità ed evolvibilità. Si presume che la plasticità
fenotipica agisca da scudo sui genotipi subottimali della selezione, rallenta il
tasso di evoluzione adattativa e vincola la risposta alla selezione in ambienti
variabili. Questo è uno dei presupposti centrali alla base dell'HESA, cioè
l’estrema plasticità cognitiva e comportamentale sarebbe un ostacolo all'evoluzione
direzionale e adattiva negli esseri umani moderni;
- Il difetto concettuale centrale sia nell'HESA che nelle sue
teorie detrattorie è che danno per scontata
la stasi evolutiva, in quanto non riconoscono la Selezione stabilizzante come
evoluzione e la combinazione di deriva e mutazione come una tendenza universale
alla diversificazione nei sistemi biologici;
- La Selezione stabilizzante è onnipresente e continuerà ad essere un fattore centrale nell'evoluzione di H. sapiens, così come è stata una forza onnipresente nella storia della vita. Una delle scoperte più significative nella recente biologia evolutiva sono i “geni ox”, "geni di controllo principali" omologhi che dirigono i processi di sviluppo generici come il modello degli arti e la morfogenesi degli occhi in gruppi lontani come vertebrati e artropodi, rimanendo funzionalmente attivi e intatti.
Come avrete capito, la cultura non può essere scissa dalla biologia in quanto necessitano di collaborare per portare risultati più che soddisfacenti. Già con Julian Steward, agli inizi del secolo scorso, abbiamo una nuova visione per quanto riguarda la cultura, infatti elaborò alcune idee assolutamente compatibili con il neodarwinismo, anticipando delle tematiche piuttosto "moderne". E' riconosciuto, sostanzialmente, come il fondatore della "Cultural Ecology", e nella sua opera 'Theory of Culture Change" introduce un concetto tale da stravolgere i "concetti" culturali dell'epoca: l'evoluzione non è lineare. O meglio, è "multilineare".
Questo tipo di approccio vale anche per le materie che studiano l'evoluzione culturale, come l'archeologia, ed ha dalla sua il fatto che questa sua visione non era prettamente teorica, ma applicabile osservando alcune popolazioni sudamericane. Naturalmente, ogni ricerca è "figlia del suo tempo", e gli studi di Steward risultavano incompleti, e per certi versi problematici. In primis, non riuscì a risolvere il problema che riguardava la definizione di cultura, tanto da descriverla come "un insieme di diversi elementi e di natura diversa", che all'interno di una società possono essere tanti e difficili da collocare o da 'decifrare'.
Lui divide la cultura in 3 livelli. Analizziamoli brevemente dal livello più basso a quello più alto:
- Elementi tecnoeconomici: si tratta di cultura 'materiale', ed assume ruoli fondamentali all'interno di una società in quanto permette di risolvere problemi legati alla sussistenza;
- Elementi socio-politici: sono regole che permettono ai diversi individui di coesistere, quindi parliamo di leggi, abitudini, norme ecc.;
- Elementi ideologici: è l'insieme di tutte quelle idee che forniscono un'identità alla società.
Tutto questo lavoro, comunque, incomincia ad indicare che anche l'evoluzione culturale non è lineare ma multilineare, cioè si possono avere degli sviluppi diversi, anche indipendenti, che possono dipendere da piccolo cambiamenti ambientali. E' un bel "abbasso al determinismo". Quindi, come con gli organismi, popolazioni che vivono in ambienti simili possono differenziarsi dal punto di vista culturale, e anche parecchio.
Si susseguono altri protagonisti che possiedono idee simili a quelle di Steward, come per esempio lo psicologo evoluzionista Alex Mesoudi, autore della "Cultural evolution". Sostanzialmente afferma che l'evoluzione culturale non è altro che una teoria che prevede, in un modo o nell'altro, un cambiamento di tipo culturale all'interno della nostra specie. Questo cambiamento culturale può essere descritto attraverso concetti, strumenti, metodologie che vengono continuamente adoperati dai biologi evoluzionisti. In parole povere, lo stesso approccio biologico-evoluzionistico può essere applicato in ambito culturale.

Qui potete fare visita al suo sito nel caso foste interessati ad approfondire quest'aspetto (per il sito web di Mesoudi, clicca qui). Vi consiglio di leggere anche il libro in questione "cultural evolution"
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