sabato 3 giugno 2023

Gambe amputate nel paleolitico, DNA antico rinvenuto su ciondoli preistorici, i sauropodi erano grosse bestie & impronte umane di 14.000 anni fa circa

Inauguro ufficialmente un nuovo format a mo di "rivista", e magari a mo di documentario trasformando ciò in un video. Sostanzialmente, raccoglierò le notizie condivise durante la settimana in un unico post.

Bene, a questo punto possiamo partire. 

Sinossi.Ci sono ben 3 notizie che riguardano l'evoluzione umana e una sui dinosauri. Vediamo come l'amputazione degli arti è una procedura molto antica, e anche abbastanza affinata e questo ci fa capire che forse, certe tecniche "moderne" risultano essere ben più antiche. Le impronte umane sono sempre affascinanti, e ci riescono a dare informazioni sulla locomozione di chi le ha lasciate, ma anche per descriverne in linea di massima la struttura familiare. I sauropodi, quei bestione del Mesozoico dotati perlopiù di collo lungo e di grosse dimensioni, si sono evoluti in tempi rapidi in un modo molto simile ai mammiferi. E per concludere, nella grotta di Denisova è stato estratto DNA mitocondriale da un ciondolo grazie a una particolare tecnica.



IMPRONTE UMANE ANTICHE 14.000 ANNI CIRCA

La paleontologia non fa affidamento solo sui fossili, ma anche sulle impronte o 'icnofossili', cioè tracce di 'passaggio' di antichi organismi.

In questo studio del 2019, condotto da ricercatori italiani, sono state trovate impronte di 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙨𝙖𝙥𝙞𝙚𝙣𝙨, antiche 14.000 anni circa, e si tratta di una famiglia composta da un adolescente, 2 adulti e 2 bambini, con il più piccolo che non superava i 3 anni di età.

Questa famiglia esplorò la Grotta della Bàsura (Savona) ma non fu una passeggiata in quanto la struttura geologica era composta da cunicoli stretti, laghi sotterranei  e pendii non così semplici da superare, ma la famiglia non si arrese arrivando alla cosiddetta "Sala dei Misteri", posta a 400 m di distanza dall'ingresso.

Se non mi sono perso altre ricerche in merito, si tratta del primo record icnologico nel quale è rappresentata una locomozione umana a "gattoni", in quanto questa famiglia dovette procedere carponi su mani e ginocchia, per superare cunicoli molto stretti (quello più stretto non raggiunge gli 80 cm di larghezza). 

La particolarità è che non era presente alcun indumento, e ciò è suggerito proprio dai dettagli anatomici chiaramente riconoscibili nelle tracce striscianti. 

Piccolo aggiornamento. Uno dei co-autori dello studio e direttore scientifico delle Grotte di Toirano, Marta Zunino, ha risposto nella sezione commenti ad una domanda che, giustamente, ci si pone quando si ha a che fare con questa tipologia di studi: "perché si sono addentrati nella grotta"?

Faccio copia e incolla del commento:

"L'ipotesi è che siano entrati solo per spirito di esplorazione, non ci sono altri motivi apparenti come la caccia a qualche animale. È possibile che l'ingresso preistorico non fosse quello attuale, abbiamo alcuni indizi che lo suggeriscono ma al momento non abbiamo ancora trovate prove certe.
La maggior parte delle orme vanno verso la parte più interna della grotta ma alcune, in un corridoio non turistico, vanno in senso opposto. Dalle orme e dalle centinaia di tracce di carbone sulle pareti si è capito che questi 5 hanno esplorato tutta la grotta".


Fonte: Romano M., Citton P., Salvador I.,Arobba D., Rellini I., Firpo M., Negrino F., Zunino M., Starnini E., Avanzini M., 2019: A multidisciplinary approach to a unique palaeolithic human ichnological record from Italy (Bàsura Cave). eLife 8:e45204.

............................................................................

LA PIÙ ANTICA AMPUTAZIONE RISALE A 31.000 ANNI FA CIRCA

Sono stati rinvenuti i resti fossili di un bambino che presenta un arto sinistro completamente 'tagliato', privo quindi del piede , e che comunque grazie a questa operazione riuscì a sopravvivere altri 6-9 anni (che non è poco se consideriamo il periodo).

I resti fossili sono stati rinvenuti nella grotta di Liang Tebo, in Indonesia, e sono al momento la prima testimonianza nel record fossile di tale operazione. Pertanto, si può già dire che i primi gruppi di esseri umani moderni dell’Asia sono riusciti a sviluppare conoscenze ed abilità mediche molto avanzate in un ambiente di foresta pluviale tropicale. Questo è interessante perché, fino a quando non si sono formate le prime comunità 'stabili', sedentarie, 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙨𝙖𝙥𝙞𝙚𝙣𝙨 utilizzava strumenti adatti a questo tipo di ambiente.

Questo ritrovamento retrodata la "nascita" della medicina, diciamo come noi la intendiamo, con la nascita/comparsa che coincideva con l'emergere delle società agricole stanziali attorno a 10.000 anni fa. Periodo nel quale incominciò una grande rivoluzione dal punto di vista delle innovazioni tecnologiche.

 Non si sa se la perdita dell'arto sia dovuta ad un incidente, o ad una malattia, ma gli studiosi ritengono che sia stata un'operazione rudimentale, condita con l'utilizzo di piante e medicinali naturali ma che comportava comunque una discreta conoscenza dell'anatomia degli arti, dei sistemi muscolari e vascolari per prevenire la perdita di sangue e le infezioni.

Inoltre, quello che permette di capire che forse potrebbero essere avvenute altre operazioni più antiche, è che una tale operazione, quindi l'asportazione di un arto (o una parte di essa), poteva permettere all'individuo di poter continuare a vivere seppur con le difficoltà del tempo. Non si esclude che vi sia stata anche l'assistenza di altri "paleoinfermieri" per un'operazione così delicata, e anche per la vita post-operazione: lavaggio e pulizia della ferita (con le risorse botaniche locali che fornivano anestetici per alleviare il dolore), movimento per prevenire le piaghe da decubito, ecc.

Ci sono due supposizioni su come sia nata questa tecnica:

-O si è sviluppata per tentativi ed errori, per un lungo periodo di tempo, ed è stata trasmessa da generazione in generazione (attraverso apprendimento orale), raggiungendo un certo grado di competenza;

-Oppure, si tratta di un caso isolato nella storia del Pleistocene di questa regione.

È difficile, senza altre prove fossili, capire fino in fondo queste pratiche 'medico-socio-culturali'. È una tecnica che si è affinata man mano? Un altro punto di vista è che la colonizzazione delle antiche foreste pluviali del Borneo abbia stimolato, e anche facilitato, i primi progressi tecnologico-medici, unici in questa regione. Quest'ultima ipotesi può essere tenuta in considerazione in quanto, per esempio, i rapidi tassi di infezione delle ferite ai tropici potrebbero aver permesso lo sviluppo di nuovi farmaci (es. gli antisettici), sfruttando le ricche proprietà mediche che la biodiversità vegetale locale offriva.


Fonte immagine e della ricerca: Maloney, T.R., Dilkes-Hall, I.E., Vlok, M. et al. Surgical amputation of a limb 31,000 years ago in Borneo. Nature 609, 547–551 (2022).

............................................................................

DNA ANTICO RINVENUTO  SU UN CIONDOLO DEL PALEOLITICO NELLA GROTTA DI DENISOVA

Quando si studia il passato "recente", i dati a nostra disposizione provengono sia dai fossili che da tracce di DNA antico. In questo caso, si tratta di un ritrovamento eccezionale in quanto è stato rinvenuto DNA mitocondriale antico umano su un ciondolo del Paleolitico (elaborato da un dente di cervidae antico tra i 19.000 e i 25.000 anni circa), nella famosa grotta di Denisova (Russia).
 
Il mtDNA appartiene ad una donna di origine eurasiatica, e si tratta della creatrice (o della portatrice) del ciondolo. E' stata usata una tecnica non invasiva che permette di estrarre il DNA, o in genere tracce di genoma (DNA nucleare + DNA mitocondriale), da ossa o oggetti animali, risalendo anche al possessore dello strumento stresso. Ciò è possibile anche per strumenti litici, a patto che siano presenti tracce di fluidi corporei come saliva, sudore (o sangue, quando è possibile). 

Insomma, è possibile studiare possibili tracce organiche superficiali dai resti paleoantropologici:  i reperti vengono immersi in una soluzione tampone di fosfato di sodio, si aumenta la temperatura di questa soluzione e le tracce di DNA provenienti dai fluidi corporei citati prima possono essere estratti e sequenziati (e naturalmente analizzati). 

Quindi, a conti fatti, sono state sequenziate e analizzate tracce di DNA appartenenti sia alla donna di origine eurasiatica (Eurasia Settentrionale), nonché alla ideatrice e/o portatrice del ciondolo, che ad un cervide conosciuto come 'wapiti' (𝘾𝙚𝙧𝙫𝙪𝙨 𝙘𝙖𝙣𝙖𝙙𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨), che ha "prestato" un suo dente per la creazione di questo artefatto. 


Fonte: Elena Essel, Elena I. Zavala, Ellen Schulz-Kornas, Maxim B. Kozlikin, Helen Fewlass, Benjamin Vernot, Michael V. Shunkov, Anatoly P. Derevianko, Katerina Douka, Ian Barnes, Marie-Cécile Soulier, Anna Schmidt, Merlin Szymanski, Tsenka Tsanova, Nikolay Sirakov, Elena Endarova, Shannon P. McPherron, Jean-Jacques Hublin, Janet Kelso, Svante Pääbo, Mateja Hajdinjak, Marie Soressi & Matthias Meyer, 2023: Ancient human DNA recovered from a Palaeolithic pendant. Nature. 
Fonte immagine: Science News

............................................................................

L'EVOLUZIONE DEI SAUROPODI E DELLA LORO DIMENSIONE

I sauropodi sono quei particolarissimi dinosauri dotati, perlopiù, di colli lunghi e di grosse dimensioni. In sostanza, stiamo parlando dei più grandi animali terrestri mai vissuti.

In questo studio della Adelphi University vengono fornite molte informazioni sulla loro grossa mole. In sostanza, si studia il perché (e il come) questa caratteristica fisica sia comparsa in tempi così brevi dal punto di vista geologico, e in quali gruppi. 

In sostanza, la grossa mole non era un carattere raro ed eccezionale, comparso indipendentemente in alcuni gruppi, ma è stato notato che anche tantissimi altri gruppi di sauropodi possedevano una caratteristica come questa. Insomma, i sauropodi di "grosse dimensioni" erano molto diffusi nel Mesozoico, erano più di quanto studiato precedentemente con circa 3 dozzine di gruppi "mastodontici" che si sono sviluppati nel corso di 100 milioni di anni. 

In conclusione, sostanzialmente, si può dire che la massa corporea massima dei sauropodi è aumentata rapidamente all'inizio della loro storia evolutiva, infatti i sauropodi basali pesavano meno di 5000 kg per poi avere, in tempi più "recenti", delle bestiacce capaci di pesare anche 40.000 kg. E' un po' lo stesso "schema" che si osserva nella storia evolutiva dei mammiferi terrestri. 

Nell'immagine potete osservare il "cespuglio" evolutivo dei sauropodi proiettato nel corso del tempo geologico. Ogni diramazione rappresenta una specie, e quelle che hanno sviluppato masse maggiori di qualsiasi altro animale terrestre sono rappresentate in rosso. 


Fonte: Michael Daniel D'Emic, 2023: The evolution of maximum terrestrial body mass in sauropod dinosaurs. Curr Biol. 33(9):R349-R350.

mercoledì 3 maggio 2023

L'evoluzione non porta a miglioramenti ma a cambiamenti: gli 'organi vestigiali' umani

Studiare le vestigia in ambito evoluzionistico è molto importante e interessante. Si indica con 'organi vestigiali' una qualcosa, che può essere una morfologia o un organo in senso stretto, che non svolge più nessun ruolo negli organismi odierni, mentre poteva svolgere tante funzioni nel passato. Si tratta di ereditare una sorta di cimelio che ci racconta qualcosa sui nostri antenati e sul loro modo di vivere. 

Questo è importante anche per sottolineare un concetto evolutivo molto importante: evoluzione è sinonimo di cambiamento e non di miglioramento. Quindi, apro una breve parentesi che fungerà da apripista agli organi vestigiali.

La Teoria dell'evoluzione PER SELEZIONE NATURALE di Darwin 

Evoluzione è sinonimo di cambiamento, non di adattamento o di miglioramento perché non ha un fine o uno scopo, ma è solamente un processo nel quale avviene una continua modificazione degli esseri viventi. O meglio, l'adattamento è una conseguenza dell'evoluzione. Il problema è che c'è un errore di fondo a livello culturale nel concepire cos'è realmente l'evoluzione biologica, e tendiamo sostanzialmente ad eliminare tutti i passaggi che ci sono tra il concetto di evoluzione e di adattamento. Infatti, la maggior parte delle persone citano Darwin come "colui che ha scoperto l'evoluzione", quando invece ha descritto un meccanismo evolutivo, cioè uno dei tanti modi in cui avviene il cambiamento. E Questo porta a pensare che l'evoluzione avvenga esclusivamente per Selezione Naturale, e che in assenza di essa non avvenga nessun cambiamento.

Punto 1. "Non tutto ha senso, non tutto deve avercelo". Utilizzo questa frase de l'Antico in Dottor Strange perché racchiude molto il mondo dell'evoluzione. In primis compare la 'mutazione', che può essere casuale, o non casuale se tiriamo in ballo l'epigenetica (anche se è un discorso perlopiù proteico). Le mutazioni non sono necessariamente legate all'ambiente che al massimo seleziona solo ciò che è già presente (questo lo vediamo al punto 4).

Punto 2. Le mutazioni, per avere una valenza all'interno del contesto evolutivo, devono interessare la popolazione di una specie, non il singolo organismo/individuo. Ciò che ne consegue è che:

-una mutazione deve essere ereditabile;

-deve diventare frequente all'interno di una popolazione (frequenza genica o allelica);

-un organismo può trasmettere ciò se si riproduce;

-non è detto che tutta la prole riceva le mutazioni dai parentali, quindi la velocità con cui muta una popolazione può essere davvero variabile (in base alla fitnes, alla durata della vita di una data specie, ecc.);

Punto 3. L'interazione tra i geni. Parlare di mutazione di un singolo gene non ha molto senso, perché solo in rari casi codificano per un solo carattere. Sostanzialmente, i geni codificano un qualcosa assieme e quasi mai singolarmente, quindi alcuni possono anche essere 'disattivati', altri 'attivati', e ciò può avvenire in tempi diversi (magari ci sarà un nuovo gene mutato che innescherà un qualcosa ai geni vicini). Ciò che va ricordato è che comunque, ogni popolazione di una data specie, possiede un bagaglio genetico che accumula geni (e non solo!) nel corso del tempo (si possono anche perdere geni lungo il cammino), indipendentemente (non necessariamente) dai meccanismi evolutivi che "smistano" i geni che una data popolazione già possiede.

Punto 4. I meccanismi evolutivi. Essi, senza entrare troppo nei dettagli, setacciano i geni che sono già presenti in una data popolazione, e quindi un fenomeno esterno (come l'ambiente se si parla di Selezione Naturale) seleziona gli organismi che casualmente possiedono già mutazioni/geni comparsi in precedenza, e bisogna avere anche un po' di fortuna nel possederli. Se l'ambiente seleziona una data varietà, è perché quella varietà è in possesso di caratteristiche che già possedeva perché comparse centinaia, migliaia di anni fa.

E lo smistamento può avvenire secondo diversi meccanismi evolutivi:

-Selezione Naturale, quindi attraverso agenti ambientali (qui ricade il concetto di adattamento);

-Selezione Sessuale, che setaccia geni/caratteristiche che potrebbero risultare anche negative/sfavorevoli in certi contesti ambientali. Qui l'adattamento non c'entra proprio;

-Exaptation, volgarmente conosciuto come "preadattamento". Qui entrano in gioco anche altri fattori che, sostanzialmente, forniscono ad un dato organo/ad una data caratteristica altri ruoli che non sono quelli codificati geneticamente. Per esempio, le penne e le piume sono caratteri 'exaptati' perché sono codificati geneticamente per svolgere un ruolo termoregolatore, ma aiutano gli uccelli anche nel volo. 

Esistono tanti altri meccanismi evolutivi, e il più delle volte possono anche agire contemporaneamente. Ma possono anche non entrare in azione, ma ciò fino a qualche tempo fa (colpa anche della scissione dell'Antropologia culturale da quella fisica) portava a pensare che in questi momenti di "stasi", privi di qualsivoglia agente esterno, non accadesse nessuna modificazione. Ciò che si ignora è che un organismo (popolazione) muta anche internamente e in modo continuo. Le modificazioni non sono solo esterne o morfologiche in quanto la comparsa di mutazioni che magari non svolgono nessun ruolo, almeno al momento, sono continue. Anche a livello fisiologico si cambia molto. Quindi qui si parla di 'evoluzione stabilizzante', che potrebbe (non necessariamente) corrispondere ad un dato periodo in cui i geni non vengo smistati da nessun tipo di meccanismo evolutivo (oppure agiscono in modi più lievi).

Quindi, definire evoluzione come sinonimo di "adattamento", quindi sinonimo di Selezione naturale, non è proprio corretto perché non necessariamente un organismo muta esclusivamente quando entra in atto questo meccanismo (o un altro legato all'adattamento).


Dopo aver fatto un excursus rapido su questo concetto, che cerco di ribadire ogni volta che posso, ci possiamo concentrare sugli organi vestigiali umani, strutture che non svolgono più nessun ruolo all'interno della popolazione umana.

I denti del giudizioI denti del giudizio sono forse il nostro problema più grave e più famoso, sia a livello salutistico che a livello economico. Sono sostanzialmente un terzo molare posti alle estremità della dentatura superiore ed inferiore(sono 4), e sono denti che possono comparire in modo regolare, quindi utilizzati normalmente nella masticazione, oppure possono spuntare in modo obliquo ed irregolare portando a disturbi e patologie come cisti, pericoronite, carie ed ascesso.

Questa irregolarità dentaria, anche a livello numerico (non sempre spuntano tutti e 4 i denti), è dovuta al fatto che quei denti sono degli organi vestigiali, cioè dei relitti evolutivi di organi dei nostri antenati che abbiamo ereditato e che una volta svolgevano una funzione mentre ora no, sono soltanto presenti come una traccia, un 'ricordo'. 

La traccia in questione racconta che in passato gli ominini, come anche alcuni nostri cugini primati, possedevano una dentatura con 3 molari per masticare alimenti crudi e duri. Una serie dentale del genere permetteva una masticazione forte e duratura per triturare bene l'alimento. Con l'evoluzione(cambiamento genetico) si è persa la capacità di masticare cibi molto duri in quanto sono stati selezionati, nel corso del tempo, individui con mandibole e mascelle ridotte e questo ha favorito la variazione della dieta con l'introduzione di alimenti più morbidi.

Se l'evoluzione fosse perfetta e portasse solo miglioramenti, non dovremmo spendere tutti quei soldi dal dentista.


I muscoli erettori del peloSicuramente ognuno di voi avrà provato la sensazione chiamata "piloerezione", volgarmente conosciuta come pelle d'oca. Questo fenomeno è un relitto, una vestigia dei nostri antenati che possedevano un pelo folto, molto più folto del nostro.

La piloerezione è un processo fisiologico comune a tutti i mammiferi dove i peli dell'epidermide, dopo una stimolazione nervosa, si rizzano grazie ai muscoli erettori, facendo apparire il mammifero molto più 'grosso' rispetto al normale. Quindi capite che il pelo svolge un ruolo protettivo e difensivo, così da far sembrare una possibile preda 'minacciosa' per non farsi catturare, o per intimidire un conspecifico come accade negli scimpanzé, nei topi o nei gatti in risposta a rabbia o paura. A livello fisiologico funge da termostato, infatti il pelo si rizza in risposta al freddo. Questo perché pelo eretto intrappola l'aria e crea uno strato isolante.

Noi siamo ricoperti da una peluria che però non è folta come in un qualsiasi altro mammifero, e di conseguenza abbiamo perso la capacità di 'espandere' volumetricamente il corpo. Permane il ricordo dei nostri antenati con il folto pelo grazie ai muscoli erettori che, in caso di paura o di abbassamento repentino della temperatura, provocano la cosiddetta "pelle d'oca", rizzando i peli poco folti del nostro corpo senza renderci, però, voluminosi. Di conseguenza il pelo umano non svolge più un ruolo termoregolatore o difensivo.

P.s. è sbagliato dire che abbiamo perso il pelo. Noi possediamo una quantità ragguardevole di peli simile a quelle di molti primati, ma è meno spesso e voluminoso nella nostra specie.


La plica semilunareQuesta volta parliamo di un organo vestigiale che, a differenza dei denti del giudizio, non porta nessun dolore  e nessuna complicazione nelle nostre vite. 
Se ci guardiamo allo specchio vediamo una piccola area rosa posta all'estremità interna degli occhi (rivolta verso il naso per intenderci) conosciuta con il nome di plica semilunare, un residuo della membrana nittitante, o terza palpebra, che può distendersi sull'occhio svolgendo un ruolo nella protezione, e nella lubrificazione ed idratazione dell'occhio. Nell'essere umano non svolge nessun ruolo.

Tra i primati, solo Arctocebus calabarensis possiede questa palpebra mentre è ampiamente diffusa nei "rettili", negli uccelli e nei pesci. In genere è trasparente e, a differenza delle altre palpebre, si muove orizzontalmente ripulendo l'occhio da agenti atmosferici (nel caso dei rapaci), dalla sabbia (nel caso dei leoni marini) e dai detriti che si possono creare durante un impatto(nel caso dell'attacco di uno squalo).

Quando pensiamo agli organi vestigiali nell'uomo, ci vengono in mente il coccige o la plica semilunare, residui che abbiamo ereditato dai nostri antenati che in un modo o nell'altro sono visibili. Eppure anche a livello genico esistono delle vestige, come per esempio il gene che codifica per l'enzima L-gulonolattone ossidasi che è coinvolto nella biosintesi dell'acido ascorbico, comunemente conosciuto come vitamina C.

La vitamina C è essenziale per tutti gli esseri viventi, per esempio nell'uomo è essenziale per contrastare alcune malattie come lo scorbuto. È presente nel genoma umano ma non codifica nessun enzima. Quasi tutti i mammiferi riescono a sintetizzarla mentre solo alcuni primati, le cavie e le volpi volanti riescono a recuperarla attraverso la loro dieta.


L'uomo non riesce a captare i feromoni, ma possiede un organo vestigiale chiamato organo vomeronasale(oppure organo di Jacobson) presente in molti animali che permette di captare i feromoni, messaggeri chimici che fungono da 'richiamo' tra individui della stessa specie.

Nei mammiferi è coinvolto nel fenomeno chiamato Smorfia del Flehmen, o semplicemente Flehmen, che consiste nell'incurvare il labbro superiore esponendo completamente gengive e denti, una sorta di contrazione dovuta al rigonfiamento di un'arteria centrale che piega il labbro superiore(come nei cavalli) ed alcune volte persino il naso(come nel tapiro). Questo meccanismo facilita l'ingresso di feromoni nell'organo vomeronasale.

lunedì 1 maggio 2023

COMPARAZIONE UOMO PRIMATI: LOCOMOZIONE & RACHIDE

Questo è il primo di una serie di articoli incentrati su argomenti prettamente anatomici atti alla conoscenza del mondo dei primati, o meglio la differenza o similitudine che c'è a livello anatomico tra noi Homo sapiens e  gli altri gruppi di primati. Non sarà un lavoro filogenetico, cioè non risponderò a domande del tipo "quando è comparsa una certa caratteristica e in quale gruppo", ma semplicemente si fa una comparazione tra varie strutture per evidenziare se ci sono o meno punti in comune. Non preoccupatevi, la parte prettamente evolutiva e filogenetica la tratterò nella sezione dedicata alla Paleoantropologia. 

Bene, incominciamo!

Come dicevo prima, accantoneremo (per modo di dire) la componente evolutiva soffermandoci solo sul contesto anatomico, quindi possiamo partire dal presupposto che esistono diverse tipologie di locomozione nel mondo dei primati, ed il più delle volte è difficile dire quale sia una locomozione derivata o arcaica, ma possiamo dire con assoluta certezza che i primati possono adottare diversi tipi di locomozione in base alle loro capacità fisiche, o al contesto ambientale. Per esempio, anche il bipedismo non compare solo negli ominini e non si "affina" sempre di più (maledetta e fuorviante scala evolutiva!), ma è un carattere che si è sviluppato in modo indipendente anche in altri gruppi di primati. Come sempre, cerco di ribadire che evoluzione è sinonimo di cambiamento, e non di miglioramento. E qui, prima di affrontare un discorso prettamente anatomico, incomincio ad aggiungere un tassello importante che deve essere affrontato prima di qualsivoglia comparazione: L'uomo è un organismo imperfetto (come tutti, del resto!), e sono molte le caratteristiche che lo denotano. In questo caso, possiamo benissimo citare un paio di problematiche legate alla colonna vertebrale.  


La colonna vertebrale si è sviluppata in modo parallelo rispetto al terreno proprio per sorreggere il corpo, come possiamo notare nei primi tetrapodi: il peso gravitativo era scaricato su tutti e 4 gli arti e non su 2 arti, come in H. sapiens e in altri ominini. Nell'evoluzione umana e nei primati, soprattutto quando incomincia ad essere presente un tipo di locomozione bipede, possiamo notare come la colonna vertebrale non sia più parallela ma è sostanzialmente perpendicolare portando la testa al di sopra della colonna, che avrà una forma ad S (più o meno). Durante la storia della nostra vita, si sono sviluppati indipendentemente anche altri caratteri, come la comparsa di un cranio più grande e, di conseguenza, più pesante. Aumenta il carico sulla colonna e di conseguenza " la S diventa più marcata (o meglio, si comprime), incurvata, portando a problemi di lordosi e di cervicale (le vertebre cervicali sono le prime 7 al di sotto del cranio). Insomma, più il cranio (ed il cervello) è grande e più peggiorano i problemi di schiena che oggi conosciamo, soprattutto se si cammina in modo eretto come fa H. sapiens. Evoluzione è sinonimo di cambiamento, non è assolutamente sinonimo di miglioramento, altrimenti non avremmo questi "problemi" alla schiena. Se vogliamo, è un "compromesso evolutivo", come ne esistono e ne sono esistiti tantissimi altri nel corso della storia della vita.


State già provando un pochino di dolore, vero?


Le tracce di lordosi sono antichissime e sono state associate anche alla specie 𝘼𝙪𝙨𝙩𝙧𝙖𝙡𝙤𝙥𝙞𝙩𝙝𝙚𝙘𝙪𝙨 𝙨𝙚𝙙𝙞𝙗𝙖 (per la ricerca, clicca qui). La locomozione bipede non è una capacità esclusiva della nostra specie e del genere Homo in quanto molti ominini, come per esempio le australopitecine, o il lontanissimo parente 𝙊𝙧𝙚𝙤𝙥𝙞𝙩𝙝𝙚𝙘𝙪𝙨 𝙗𝙖𝙢𝙗𝙤𝙡𝙞𝙞, erano capaci di camminare in modo eretto (anche se in modo facoltativo).

Molte specie, come anche le più arcaiche del genere Homo, erano anche in grado di arrampicarsi oltre ad essere in grado di camminare in modo bipede. Questo per focalizzarci su un punto importantissimo:

l'evoluzione non è lineare, non si è passati da una locomozione quadrupede e sulle nocche per poi "camminare" in modo sempre più eretto. La locomozione bipede è comparsa nell'ordine dei primati già molti milioni di anni fa.
Le diverse locomozioni sono legate ai diversi ambienti che hanno caratterizzato l'evoluzione dei primati, e molti di essi(come accennato prima) erano capaci sia di arrampicarsi, di essere arboricoli come buona parte dei primati, e di camminare come l'uomo.
Di recente è stato scoperto che 𝘼. 𝙨𝙚𝙙𝙞𝙗𝙖 era in grado di compiere queste due azioni, perfettamente. Sono state rinvenute vertebre della regione lombare, datate 2 milioni di anni circa, appartenenti a questa specie che mostrano un adattamento misto.
Un segnale di "locomozione bipede" è la lordosi, una condizione molto presente nella nostra specie in quanto la colonna vertebrale non è parallela rispetto al terreno, ma è perpendicolare allo stesso, con la testa che si "infila" sopra la colonna formando una sorta di S. Il peso del cranio porta quindi la regione lombare ad inarcarsi maggiormente.
La lordosi, quindi, "affliggeva" anche la specie 𝘼. 𝙨𝙚𝙙𝙞𝙗𝙖 e, come mostrato dalle faccette intervertebrali della colonna lombare superiore e inferiore, era una lordosi molto simile a quella della specie Homo neanderthalensis.

Insomma, la regione lombare è pressocché identica a quella della specie H. sapiens , mentre il corpo vertebrale sembra essere una forma intermedia tra l'uomo moderno e le grandi scimmie. C'è anche da aggiungere che la colonna porta lunghi processi costali, trasversali, orientati cranialmente e ventralmente, che indicano una muscolatura potente del tronco, un adattamento tale da poter permettere ad 𝘼. 𝙨𝙚𝙙𝙞𝙗𝙖 una locomozione sia bipede che arboricola, e di conseguenza un adattamento ad ambienti diversi, come quello forestale oppure come la savana(ambienti più aperti).

Fonte immagine: Williams S. A. et al., 2021

Arrivati a questo punto, qualcuno potrebbe chiedersi: nel genere Homo, quindi, si perde completamente la capacità di svolgere o adottare altre tipologie di locomozione? Non è proprio così, e prenderò come esempio Homo naledi, una specie che possedeva abilità pari a quelle di un maratoneta, capace anche di arrampicarsi. Non ho preso in considerazione specie come Homo habilis e Homo rudolfensis, in quanto sono specie, anatomicamente e temporalmente parlando, più simili e "vicine" alle australopitecine che alle specie più derivate del genere Homo.

Era in grado di camminare per lunghe distanze e, all'occorrenza, correre in modo sostenuto simile ad un maratoneta. Un adattamento tipico del nostro genere che ha permesso a molte specie di diffondersi un po' ovunque, sia in Africa che fuori dal vecchio continente.
In questo studio del 2017 (per la ricerca, clicca qui), che ha come protagonisti il ricercatore italiano Damiano Marchi e lo scopritore della specie Lee Berger, sono state descritte
108 ossa fossili come tibie, fibule e femori appartenenti ai primi individui di H. naledi scoperti nella caverna Dinaledi (per l'articolo dedicato a questa specie, clicca qui). Come per la mano e il cranio, anche l'arto inferiore è un "mosaico" di morfologie:
  • condivide con le australopitecine un collo femorale compresso anteroposteriormente, un collo fibulare relativamente circolare e una tibia compressa mediolateralmente;
  • condivide con il genere Homo una linea aspera molto marcata, tibie relativamente lunghe, fibule sottili/gracili con malleoli laterali orientati lateralmente e rotule spesse anteroposteriormente;
  • caratteristiche tipiche e uniche della specie stessa sono la presenza di due "pilastri" nella parte superiore del collo femorale, e un'inserzione distale tubercolare del pes anserinus(inserzione dei muscoli sartorio) sulla tibia.
La morfologia a mosaico della coscia sembra essere coerente ad una specie intermedia tra le australopitecine e Homo erectus, e di conseguenza ci può dare informazioni sulla natura dei primi individui appartenenti al genere Homo. Senza contare, senza entrare nel discorso relativo alla "mano", che verrà trattato in un altro articolo, questa specie era in grado di arrampicarsi.

Fonte immagine: Marchi D. et al., 2017


Le diverse tipologie di locomozione, almeno questo posso dirvelo senza mandarvi troppo in confusione, sono caratterizzate in primis da una diversa posizione del baricentro, infatti è arretrato nei primati 'arborei' in quanto queste specie sono state selezionate in un contesto nel quale è necessario evitare che il corpo 'penda in avanti', rischiando la caduta da altezze considerevoli. La condizione ottimale in questi ambienti è quella quadrupede (quadrupedismo primitivo), tipica degli antenati delle cosiddette 'proscimmie' (Ho parlato in modo approssimativo della sistematica dei primati qui). Morfologie tipiche di un primate arboricolo sono:

  • dita lunghe e flessibili, con 'mani' caratterizzate da un pollice opponibile. Questo indica che la 'presa' svolge un ruolo fondamentale per spostarsi da un albero all'altro;
  • arti posteriori caratterizzati da ossa più lunghe di quelle anteriori, e ben sviluppati tali da fornire una grande capacità nel salto;
  • la coda non è un ornamento, ma è un organo funzionale che svolge molti ruoli: può mantenere il corpo in equilibrio durante il salto o su un ramo, e svolge anche un ruolo prensile (è una sorta di 'quinto arto').
Esiste anche il "quadrupedismo terragnolo", caratterizzato da quei primati capaci sostanzialmente di arrampicarsi sugli alberi, ma che passano buona parte del loro tempo "per terra". In sostanza, utilizzano tutti e 4 gli arti per muoversi e parliamo di primati che possono raggiungere dimensioni ragguardevoli, anche perché primati "pesanti" e di grosse dimensioni avrebbero qualche difficoltà a spostarsi da un ramo ad un altro. Una caratteristica "secondaria", che ha a che fare in modo indiretto con questa locomozione, è che i primati che camminano con tutti e 4 gli arti sono caratterizzati da strutture sociali complesse.

Oltre al quadrupedismo, troviamo anche la brachiazione primitiva, che è caratterizzata da un movimento sui rami da parte degli arti anteriori, generalmente più sviluppati rispetto a quelli posteriori. L'arto anteriore è, quindi, più allungato rispetto a quello posteriore, e di conseguenza la locomozione non è caratterizzata da 'salti' come nel quadrupedismo primitivo. Per riassumere, le falangi sono lunghe, caratterizzate da polpastrelli e unghie, e la spalla è modificata rispetto ai "quadrupedi primitivi" tale da sorreggere il corpo e da permettere agli arti di muoversi in modo più plastico rispetto a un "quadrupede primitivo". Possiamo avere 2 "varianti" di questa locomozione: Brachiazione specializzata. Solo gli arti anteriori svolgono un ruolo nella locomozione, come nelle Hylobatinae. Morfologicamente parlando, i brachiatori specializzati possiedono:

  • dita molto lunghe e a "gancio";
  • pollici ridotti;
  • arti anteriori molto lunghi tali da presentare modificazioni strutturali considerevoli alla spalla e al braccio;
  • gli arti inferiori sono molto accorciati, e ciò non permette "l'effetto pendolo" (riescono ad arrampicarsi sui rami senza "contraccolpi");
  • in genere non è presente la coda .


Hylobatina Nomaskus siki


Brachiazione modificata. L'uso delle nocche è fondamentale in questa particolare locomozione, e caratterizza primati come i pongidi. Anch'essi sono caratterizzati dall'assenza della coda, e possiedono una locomozione mista in quanto sono anche in grado di arrampicarsi sugli alberi. L'arto anteriore è più lungo di quello posteriore, e da qui deriva la postura clinodroma. In parole povere, l'avanzamento del corpo avviene con l'ausilio delle nocche.

La locomozione che più caratterizza la nostra specie è il bipedismo, ed è una locomozione caratterizzata da una postura ortogroda, e qui vediamo una situazione leggermente diversa: gli arti posteriori sono più lunghi rispetto a quelli anteriori. Australopithecus sp. e Homo sp. sono caratterizzati da un bipedismo obbligato (non per tutte le australopitecine, sia chiaro!) e non facoltativo, infatti l'arto anteriore perde funzioni legate alla mobilità. La colonna vertebrale è sostanzialmente eretta e la locomozione è caratterizzata da "passo alternato"


Parliamo un po' di...ossa

Premessa: citerò alcune componenti ossee e le funzioni che svolgono, ma non entrerò troppo nel dettaglio in quanto è difficile parlare solo di anatomia in un articolo del genere. Rimane il fatto che lo studio dello scheletro è molto importante per comprendere la relazione tra i primati odierni e antichi e l'uomo. Non è comunque un lavoro immediato perché bisogna sempre tenere conto di due componenti importanti che riguardano la biodiversità dello scheletro:

Ontogenesi. Tutti noi nasciamo in un certo modo e quando diventiamo grandi sviluppiamo certe caratteristiche che i bambini non possiedono, per esempio la barba o la peluria sul corpo, e viceversa. Anche il cranio di un bambino ha una forma diversa da quella di un adulto, così come tante altre componenti anatomiche. L'ontogenesi, sostanzialmente, è un lungo percorso che parte dallo stadio embrionale fino allo stadio adulto, ed ogni stadio presenta caratteristiche peculiari.

Dimorfismo sessualeSi intende la differenza morfologica che esiste tra gli individui appartenenti alla stessa specie, ma di sesso differente. Per esempio, si può parlare della presenza o assenza di un dato carattere, come per esempio la coda del pavone maschio, oppure della differenza delle dimensioni corporee ( l'individuo maschile è più grande di quello femminile, come nella maggior parte degli elefanti, oppure si può notare l'esatto contrario come in molte specie di aracnidi). Il dimorfismo in H. sapiens non è così "spettacolare" come in altre specie animali, tanto da rispecchiare il dimorfismo presente in buona parte dei primati (la diversa vocalizzazione e dimensione corporea, un bacino più largo e inclinato per le femmine, ecc.).

Quindi, sostanzialmente, quando si compiono questi studi bisogna capire se due o più soggetti di studio appartengono a specie diverse, se si tratta di variabilità intraspecifica o di dimorfismo sessuale. Sono concetti che riprenderò anche con le altre componenti, tranquilli!

Ritorniamo allo scheletro. In quest'articolo non possiamo non citare il rachide, una componente corporea che svolge un ruolo di sostegno per la testa, e di protezione del midollo spinale. Per semplificare il discorso, consideriamo con rachide l'insieme della colonna vertebrale, i dischi intervertebrali, muscoli ecc. caratteristici di questa struttura "dorsale".

E' importante sapere tutto questo perché, dal punto di vista evolutivo, come possiamo notare nei pesci o in vertebrati come gli ittiosauri, esistono due tipologie di rachide: uno flessibile, che fornisce una sorta, appunti, di flessibilità; uno rigido, che permette di resistere alla forza di gravità. Ma questo discorso possiamo comprimerlo nel contesto dei primati, infatti, nei primati saltatori il rachide è flessibile proprio perché permette di eseguire balzi o "una spinta in più", quindi un primate brachiatore possiede un rachide più flessibile rispetto ad un primate bipede o quadrupede (qui, poi, entrano in gioco anche le dimensioni corporee e generalmente i primati con un rachide più rigido sono anche più 'grandi' fisicamente). 


Vediamo altre componenti importanti per quanto riguarda il rachide e la locomozione:

  • I Dischi vertebrali. Garantivano (e garantiscono) una maggiore elasticità al corpo dorsale, in quanto svolgono dei ruoli da "ammortizzatori";
  • I Processi Spinosi. Forniscono maggiori inserzioni ai muscoli dorsali, e la loro presenza rendono, appunto, più "potenti" i muscoli. Questo è importante perché non tutta la colonna vertebrale possiede la stessa elasticità in tutti i punti, infatti la parte toracica è più rigida perché è "avvolta" dalle costole mentre, le parti cervicali e lombari, hanno una maggiore mobilità. 

Dopo aver accennato ad alcune componenti anatomiche, anche se in modo un po' generale, possiamo quindi capire che la biomeccanica della locomozione è cambiata nel corso del tempo, soprattutto con la comparsa del bipedismo e della "verticalizzazione" del corpo. Con un "corpo verticale" il peso, come citato nel discorso della lordosi, viene scaricato dall'alto verso il basso, quindi organismi dotati di sottili e piccole vertebre non sono capaci di svolgere nessun tipo di "camminata". Le vertebre per i camminatori obbligati, o facoltativi, sono quindi più grandi, forniscono maggiori inserzioni muscolari e la colonna vertebrale si diversifica regionalmente. Infatti, come citato prima, le ultime vertebre possiedono un grosso corpo e riescono a sostenere sostanzialmente il peso della colonna vertebrale. Come nella nostra specie, queste ultime vertebre si fondono formando il Sacro, che fornisce una maggiore robustezza e solidità al bacino (pelvi).


Immagine del Sacro




Forame Magno



La colonna vertebrale, lo avrete capito, svolge un ruolo fondamentale nei primati e nei vertebrati in generale. Come per i primi tetrapodi che popolarono la terraferma nel carbonifero, o comunque  per qualsiasi animale caratterizzato da una locomozione quadrupede, il rachide (o comunque tutta la struttura post craniale) svolge un ruolo di "architrave" con il peso che viene scaricato sui 4 arti. Dovete immaginare un po' la struttura di un ponte, una struttura orizzontale rinforzata tale da non "piegarsi". In altri primati, come scimpanzé o l'uomo, la situazione è un po' più diversa:

  • Un primate come uno scimpanzé è caratterizzato da un asse inclinato, quindi il peso si scarica parzialmente lungo la colonna vertebrale;

  • Nell'uomo tutto il peso si scarica lungo la colonna vertebrale (e sulle gambe). Il problema è che l'uomo si trova in una sorta di "instabilità continua" per evitare che il baricentro esca dall'area dei piedi, e tutto questo è aiutato anche anche da un aumento delle dimensioni del corpo vertebrale, relazionato all'aumento del carico di compressione. Come detto prima, maggiore è il peso scaricato lungo la colonna (come il nostro cranio, che non è proprio così 'leggero') e maggiore sarà robusto il sacro. Questa caratteristica può aiutare molto i paleoantropologi per stimare, almeno in parte, la grandezza del cranio e capire qualcosa sulla locomozione.

Il cranio sul Rachide

Ecco, ora ci colleghiamo un po' a ciò che avete letto nell'ultimo punto in quanto la posizione del cranio sul Rachide è di fondamentale importanza per capire tanti aspetti sulla locomozione dei primati, e degli animali in generale. Per non addentrarci troppo nella parte evoluzionistica, possiamo sostanzialmente dire che l'evoluzione umana è stata caratterizzata da un trend evolutivo molto importante: l'anteriorizzazione del Forame Magno.

Prima di addentrarci in questo discorso, è meglio chiarire un attimo cosa si intende con 'trend evolutivo'.  I cosiddetti "trend evolutivi" sono in paleontologia modificazioni costanti nel tempo, non necessariamente legati o selezionati dai meccanismi evolutivi. Per esempio, certi gruppi possono subire modificazioni costanti per quanto riguarda le dimensioni, quindi una specie arcaica può effettivamente sembrare/essere più piccola rispetto ad una specie derivata. Non è assolutamente 'lamarckismo', ma una continua selezione di caratteri perlopiù non adattativi (ma non è da escludere che possano risultare 'positivi' in certi contesti, come in quelli insulari).

Ritorniamo all'anteriorizzazione del Forame Magno. Si tratta, nella nostra specie, di un foro che si apre nella superficie inferiore del cranio (nell'osso occipitale, per la precisione) ed è posizionato alla base della scatola cranica e mette in comunicazione il cranio con la prima vertebra della colonna vertebrale. Senza addentrarci troppo in questioni anatomiche, per quanto riguarda la locomozione dei primati dobbiamo un po' ragionare in termini di leva  e fulcro. Analizziamo passo per passo questo discorso:

  • Nei primati quadrupedi, la leva della resistenza è molto lunga mentre la leva della potenza è corta. Quindi, è necessario un contrappeso, bello forte, come i Muscoli Nucali, che possa equilibrare il cranio (senza farlo oscillare troppo) e la colonna vertebrale (che è posta orizzontalmente, più o meno). Possiamo fare l'esempio del ponte, ma anche quello di una gru può andare bene. Infatti, le gru presentano nella  una sorta di "blocco di cemento" (l'equivalente dei Muscoli Nucali) che non permette alla struttura di 'cadere all'indietro' ( o in avanti. Sinceramente, non sono un esperto di gru), ed il tutto è equilibrato da un contrappeso ;

  • In primati come gli scimpanzé, caratterizzati da un asse inclinato, il peso della testa è più bilanciato in quanto il forame si trova in una posizione più avanzata e anteriore rispetto ad un quadrupede. Qui troviamo un contrappeso (Muscoli Nucali) meno sviluppato rispetto alla condizione quadrupede;

  • Nella nostra specie il Forame Magno si trova in una posizione anteriorizzata molto avanzata, tale da permettere alla testa di essere "appoggiata" sulla colonna vertebrale, quindi scaricando praticamente il peso su di essa senza l'ausilio di contrappesi così sviluppati, come nelle altre condizioni. Basandoci sui resti ossei, un individuo bipede è caratterizzato da un Forame Magno "spostato in avanti" e una minore inserzione dei Muscoli Nucali


    Immagine "riassuntiva"
L'ultimo tassello, e vi giuro che concludiamo qui il discorso, riguarda l'allungamento delle Mastoidi. Il Mastoide è una sporgenza ossea che si trova dietro all'orecchio su cui si inserisce il muscolo Sterno Cleido Mastoideo. E' un muscolo del collo che svolge un ruolo nella rotazione della testa, e nell'uomo è molto sviluppato, e allungato, in quanto è legato alla posizione delle orbite (poste anteriormente) e ciò permette di compensare alla riduzione del campo visivo con questo "movimento". Infatti, ma questo vale anche per molti primati, lo sviluppo dei muscoli sterno-cleidomastoidei permette la rotazione della testa sul rachide, fornendo una sorta di "visione circolare". Naturalmente, tutto ciò è legato alla riduzione dei Muscoli Nucali e a un Forame Magno spostato in avanti.


Nel quadrato il Processo Mastoideo. Fonte: Wikipedia


venerdì 21 aprile 2023

4. Come spiegare con poche parole il concetto di evoluzione; la 'cultura' evolve come un organismo: parte #1



Nei precedenti post ho parlato della separazione dell'Antropologia Culturale da quella Fisica, e di come questa scissione abbia fornito una visione distorta dell'evoluzione, arrivando alla conclusione che l'uomo, con la comparsa della cultura, avrebbe smesso di evolvere. Naturalmente, tutto ciò non è assolutamente vero in quanto l'uomo continua ad evolversi, ma arrivati a questo punto dobbiamo fare anche un po' di chiarezza su questo concetto (lo affronterò in modo dettagliato in separata sede) prima di affrontare le prossime tematiche (riprendendo anche alcune tematiche come quelle inerenti all'HESA'). Se vi siete persi gli articoli precedenti, cliccate qui, qui e qui.

Bene, incominciamo! L’evoluzione biologica è un processo continuo, che ha avuto un inizio ma che non avrà una fine, o meglio ci sarà quando ogni organismo o entità biologica scomparirà. Ma, un pensiero diffuso è che ora, Homo sapiens, la nostra specie, si trovi in una situazione di stasi e senza "evolversi", cambiare, da quando le capacità culturali e tecnologiche sono migliorate. Non esiste nessun blocco, anche perché apparentemente e morfologicamente non vi sono sostanziali cambiamenti, infatti a livello paleoantropologico si indicano H. sapiens antichi, che possiedono un’anatomia simile alla nostra, come “Homo sapiens anatomicamente moderni”. Ma, a livello genetico e fisiologico i cambiamenti sono continui, e questo vale per tutte le specie, che sia un mammifero o un virus. Questo concetto di stasi viene confuso con un periodo nel quale non avvengono cambiamenti, e può avere una valenza fino ad un certo punto. Per esempio, Gould ha scoperto e studiato un meccanismo evolutivo che ha denominato “Gli equilibri punteggiati”. In parole povere, senza entrare troppo nella spiegazione del meccanismo, Gould spiega che se non vi sono determinate pressioni selettive che portano ad un mutamento rapido all’interno della popolazione di una data specie, come un cambiamento ambientale rapido, la popolazione apparentemente ed esternamente sembra non cambiare molto. Per questo sono contro il termine "fossile vivente", in quanto porta a pensare che un organismo possa non mutare per molto tempo.

Come spiegare in modo molto semplice il concetto di evoluzione? Evoluzione è sinonimo di cambiamento, non di miglioramento, e questo cambiamento è promosso dalle mutazioni (perlopiù casuali). Queste mutazioni, o la comparsa di nuovi geni o di altri fattori biologici (anche il cambiamento della struttura di un cromosoma, per esempio), verranno poi “smistati” all’interno di una popolazione attraverso i vari meccanismi evolutivi  (Selezione Naturale, Selezione Sessuale, Exaptations, Equilibri Punteggiati, ecc.) che “smistano”, selezionano certi organismi che possiedono già certe mutazioni o caratteristiche, dipendentemente dal fattore in gioco, rendendo una determinata mutazione/genotipo/fenotipo più o meno frequente all’interno di una popolazione di una data specie (non necessariamente in quest'ordine. Una certa mutazione può diventare anche frequente in un momento nel quale non ci sono pressioni selettive in gioco).

Ma la cultura e la cognizione umana, secondo le credenze popolari, avrebbero sopraffatto questi meccanismi evolutivi in quanto ci si appoggia al concetto di stasi evolutiva umana ("HESA"), un concetto diffusissimo in molte discipline, sia scientifiche che umanistiche.

Si parte dal presupposto che ci si confonda tra evoluzione naturale e meccanismo evolutivo, ma questo "pensiero distorto" lo apprendiamo sin da piccoli. Infatti, a scuola si impara che Darwin inventò l’evoluzione e che la chiamò Selezione Naturale, quando lui semplicemente descrisse uno dei tanti meccanismi che portano al cambiamento, tanto da descrivere anche il meccanismo della Selezione sessuale (questo non viene mai ricordato, però!)

Piccolo momento di sfogo: tutti tendono a chiamarla Teoria dell'Evoluzione, quando in realtà il nome completo è 'Teoria dell'evoluzione PER SELEZIONE NATURALE', infatti il più delle volte viene considerato questo fenomeno come sinonino di 'adattamento'. Evoluzione è sinonimo di cambiamento, non di adattamento o di miglioramento perché non ha un fine o uno scopo, ma è solamente un processo nel quale avviene una continua modificazione degli esseri viventi. O meglio, l'adattamento è una conseguenza dell'evoluzione. Il problema è che c'è un errore di fondo a livello culturale nel concepire cos'è realmente l'evoluzione biologica, e tendiamo sostanzialmente ad eliminare tutti i passaggi che ci sono tra il concetto di evoluzione e di adattamento. Infatti, la maggior parte delle persone citano Darwin come "colui che ha scoperto l'evoluzione", quando invece ha descritto un meccanismo evolutivo, cioè uno dei tanti modi in cui avviene il cambiamento. E Questo porta a pensare che l'evoluzione avvenga esclusivamente per Selezione Naturale, e che in assenza di essa non avvenga nessun cambiamento (senza contare che fenomeni di Selezione naturale sono comunque in atto in certe popolazioni. Per leggere l'articolo in merito, clicca qui!).

Quali sono i problemi legati a questa falsa credenza?

Punto 1. "Non tutto ha senso, non tutto deve avercelo". Utilizzo questa frase de l'Antico, personaggio del film Dottor Strange, perché racchiude molto il mondo dell'evoluzione. In primis compare la 'mutazione', che può essere casuale, o non casuale se tiriamo in ballo l'epigenetica (anche se è un discorso perlopiù proteico). Le mutazioni non sono necessariamente legate all'ambiente che al massimo seleziona solo ciò che è già presente (questo lo vediamo al punto 4).


Piccolo schema riassuntivo del meccanismo epigenetico. Fonte: Wikipedia


Punto 2. Le mutazioni, per avere una valenza all'interno del contesto evolutivo, deve interessare la popolazione di una specie, non il singolo organismo/individuo. Ciò che ne consegue è che:
  • una mutazione deve essere ereditabile;
  • deve diventare frequente all'interno di una popolazione (frequenza genica o allelica);
  • un organismo può trasmettere ciò se si riproduce;
  • non è detto che tutta la prole riceva le mutazioni dagli individui parentali, quindi la velocità con cui muta una popolazione può essere davvero variabile (in base alla fitness, quindi quanti figli fanno, alla durata della vita di una data specie, ecc.);
Punto 3. L'interazione tra i geni. Parlare di mutazione di un singolo gene non ha molto senso perché, tranne in rari casi, codificano per un solo carattere. Sostanzialmente, i geni codificano un qualcosa assieme e quasi mai singolarmente, quindi alcuni possono anche essere 'disattivati', altri 'attivati', e ciò può avvenire in tempi diversi (magari ci sarà un nuovo gene mutato che innescherà un qualcosa ai geni vicini). Ciò che va ricordato è che comunque, ogni popolazione di una data specie, possiede un bagaglio genetico che si accumula nel corso del tempo (si possono anche perdere geni), indipendentemente (non necessariamente) dai meccanismi evolutivi che "smistano" i geni che una data popolazione già possiede.
Punto 4. I meccanismi evolutivi. Essi, senza entrare troppo nei dettagli, setacciano i geni che sono già presenti in una data popolazione, e quindi un fenomeno esterno (come l'ambiente se si parla di Selezione Naturale) seleziona gli organismi che casualmente possiedono già mutazioni/geni comparsi in precedenza, e bisogna avere anche un po' di fortuna nel possederli. Se l'ambiente seleziona una data varietà, è perché quella varietà è in possesso di caratteristiche che già possedeva perché comparse centinaia, migliaia di anni prima.
E lo smistamento può avvenire secondo diversi meccanismi evolutivi:
-Selezione Naturale, quindi attraverso agenti ambientali (qui ricade il concetto di adattamento);
-Selezione Sessuale, che setaccia geni/caratteristiche che potrebbero risultare anche negative/sfavorevoli in certi contesti ambientali. Qui l'adattamento non c'entra proprio;
-Exaptation, o volgarmente conosciuto come "preadattamento". Qui entrano in gioco anche altri fattori che, sostanzialmente, forniscono ad un dato organo/ad una data caratteristica altri ruoli che non sono quelli codificati geneticamente. Per esempio, le penne e le piume sono caratteri 'exaptati' perché sono codificati geneticamente per svolgere un ruolo termoregolatore, ma aiutano gli uccelli anche nel volo.
Esistono tanti altri meccanismi evolutivi, e il più delle volte possono anche agire contemporaneamente. Ma possono anche non entrare in azione, ma ciò fino a qualche tempo fa (colpa anche della scissione dell'Antropologia culturale da quella fisica) portava a pensare che in questi momenti di "stasi", privi di qualsivoglia agente esterno, non accadesse nessuna modificazione. Ciò che si ignora è che un organismo (popolazione) muta anche internamente e in modo continuo. Le modificazioni non sono solo esterne o morfologiche in quanto la comparsa di mutazioni che magari non svolgono nessun ruolo, almeno al momento, compaiono in modo continuo. Anche a livello fisiologico si cambia molto. Quindi qui si parla di 'evoluzione stabilizzante', che potrebbe (non necessariamente) corrispondere ad un dato periodo nel quale i geni non vengo smistati da nessun tipo di meccanismo evolutivo (oppure agiscono in modi più "lievi").
Quindi, definire evoluzione come sinonimo di "adattamento", quindi sinonimo di Selezione naturale, non è proprio corretto perché non necessariamente un organismo muta esclusivamente quando entra in atto questo meccanismo (o un altro legato all'adattamento).

Schema iper iper iper riassuntivo del concetto di evoluzione biologica, sinonimo di cambiamento.



L'evoluzione è complicata, e se si semplificano troppo i concetti si rischia di dire idiozie. Per esempio, molti rimangono "stupefatti" quando leggono post fuorvianti del tipo "Leggete! Ecco le prove! L'uomo si sta evolvendo: le popolazioni del Sud-est asiatico sono in grado di vedere sott'acqua". Questo è un classico esempio di come si considera facilmente evoluzione biologica sinonimo di adattamento, e basterebbe parlare del meccanismo della Selezione Sessuale per capire che non è proprio così. Possono agire tanti meccanismi "smistatori di geni" anche assieme, e non esiste solo la Selezione Naturale come promotore del cambiamento.

Esistono diversi tipi di HESA, più moderati che abbracciano in minima parte i principi biologici dell’evoluzioni, e quella più estrema. Il problema di fondo è che si confonde evoluzione con Selezione naturale, pertanto nel testo vengono analizzati quelli che potrebbero essere dei fattori che “proteggono” dalla Selezione naturale:

  • Plasticità fenotipica. E’ una risposta a rapidi cambiamenti, i geni (che sono già presenti all’interno di una popolazione) si esprimono in modi differenti. Secondo HESA, una cognizione superiore rende virtualmente il cervello più plastico e reattivo ai cambiamenti, rendendo “non necessaria” un’evoluzione biologica;

  • Costruzione di nicchia. E’ una modifica attiva dell’ambiente selettivo, e con l’avanzare della tecnologia, l’uomo sarebbe stato capace di sopraffare o addirittura di invertire la Selezione naturale. E’ come se l’uomo fosse co-direttore del suo destino;

  • Trasmissione culturale. L’acquisizione e la trasmissione di variazioni non genetiche avvengono attraverso meccanismi di apprendimento sociale, e ciò necessita di una di un cervello molto sviluppato in grado di supportare una cognizione “superiore” e abilità linguistiche. Sostanzialmente, l’acquisizione e la trasmissione culturale potrebbero implicare un elemento di preveggenza o intenzionalità che non ha analoghi nella meccanicistica. Potrebbe anche essere questo il punto principale, in quanto l’evoluzione non è prevedibile, non ci è dato sapere quale mutazione comparirà e come essa verrà “smistata” dai meccanismi evolutivi.

Questi fattori non bloccano la Selezione naturale, o meglio al massimo la tamponano, ma HESA afferma che gli esseri umani sono “isolati” dalla selezione naturale.

Ma, sostanzialmente, esistono obiezioni contro la “stasi umana”:

  • Coevoluzione Gene-Cultura. Sia la versione forte che quella moderata dell'HESA sostengono che la selezione direzionale è stata effettivamente sostituita dalla costruzione di nicchie culturali, soprattutto dopo la rivoluzione neolitica. Si dubita in primis a questa affermazione in quanto la cultura non si limita a un ruolo contrastante di costruzione di nicchie; o meglio, alcuni autori sostengono che gli sconvolgimenti sociali e tecnologici dell'Olocene abbiano creato un ambiente selettivo dinamico che  ha aumentato, anziché ridurre, i tassi di evoluzione umana. Per esempio, l’allevamento che ha portato alla produzione di latte, ha generato pressioni selettive che hanno portato alla fissazione dei geni associati alla tolleranza del lattosio;

  • Plasticità ed evolvibilità. Si presume che la plasticità fenotipica agisca da scudo sui genotipi subottimali della selezione, rallenta il tasso di evoluzione adattativa e vincola la risposta alla selezione in ambienti variabili. Questo è uno dei presupposti centrali alla base dell'HESA, cioè l’estrema plasticità cognitiva e comportamentale sarebbe un ostacolo all'evoluzione direzionale e adattiva negli esseri umani moderni;

  • Il difetto concettuale centrale sia nell'HESA che nelle sue teorie detrattorie è che danno per scontata la stasi evolutiva, in quanto non riconoscono la Selezione stabilizzante come evoluzione e la combinazione di deriva e mutazione come una tendenza universale alla diversificazione nei sistemi biologici;

  • La Selezione stabilizzante è onnipresente e continuerà ad essere un fattore centrale nell'evoluzione di H. sapiens, così come è stata una forza onnipresente nella  storia della vita. Una delle scoperte più significative nella recente biologia evolutiva sono i “geni ox”, "geni di controllo  principali" omologhi che dirigono i processi di sviluppo generici come il modello degli arti e la morfogenesi degli occhi in gruppi lontani come vertebrati e artropodi, rimanendo funzionalmente attivi e intatti.

La cultura evolve come gli organismi, parte 1

Come avrete capito, la cultura non può essere scissa dalla biologia in quanto necessitano di collaborare per portare risultati più che soddisfacenti. Già con Julian Steward, agli inizi del secolo scorso, abbiamo una nuova visione per quanto riguarda la cultura, infatti elaborò alcune idee assolutamente compatibili con il neodarwinismo, anticipando delle tematiche piuttosto "moderne". E' riconosciuto, sostanzialmente, come il fondatore della "Cultural Ecology", e nella sua opera 'Theory of Culture Change" introduce un concetto tale da stravolgere i "concetti" culturali dell'epoca: l'evoluzione non è lineare. O meglio, è "multilineare". 


A destra Julian Steward 


Schema riassuntivo della "Cultural Ecology". Fonte immagine: Wikipedia


Questo tipo di approccio vale anche per le materie che studiano l'evoluzione culturale, come l'archeologia, ed ha dalla sua il fatto che questa sua visione non era prettamente teorica, ma applicabile osservando alcune popolazioni sudamericane. Naturalmente, ogni ricerca è "figlia del suo tempo", e gli studi di Steward risultavano incompleti, e per certi versi problematici. In primis, non riuscì a risolvere il problema che riguardava la definizione di cultura, tanto da descriverla come "un insieme di diversi elementi e di natura diversa", che all'interno di una società possono essere tanti e difficili da collocare o da 'decifrare'. 

Lui divide la cultura in 3 livelli. Analizziamoli brevemente dal livello più basso a quello più alto:

  1. Elementi tecnoeconomici: si tratta di cultura 'materiale', ed assume ruoli fondamentali all'interno di una società in quanto permette di risolvere problemi legati alla sussistenza;

  2. Elementi socio-politici: sono regole che permettono ai diversi individui di coesistere, quindi parliamo di leggi, abitudini, norme ecc.;

  3. Elementi ideologici: è l'insieme di tutte quelle idee che forniscono un'identità alla società.
Tutto questo, anche se apparentemente non sembra, c'entra e molto con l'evoluzione umana. Per esempio, nel Neolitico (per fare un esempio un po' più "concreto", anche se questo si può applicare anche a molte fasi pre-neolitiche), anche la cultura e le idee vengono trasmesse e trasferite in nuovi ambienti e alle nuove popolazioni, e sostanzialmente si ha il trasferimento di 'oggetti' tecnoeconomici, di materiale di vario genere, piante ed animali, ma anche di elementi ideologici e sociopolitici che coesisteranno con le altre società e culture, già presenti nei luoghi che vennero "colonizzati". 


Tutto questo lavoro, comunque, incomincia ad indicare che anche l'evoluzione culturale non è lineare ma multilineare, cioè si possono avere degli sviluppi diversi, anche indipendenti, che possono dipendere da piccolo cambiamenti ambientali. E' un bel "abbasso al determinismo". Quindi, come con gli organismi, popolazioni che vivono in ambienti simili possono differenziarsi dal punto di vista culturale, e anche parecchio.

Si susseguono altri protagonisti che possiedono idee simili a quelle di Steward, come per esempio lo psicologo evoluzionista Alex Mesoudi, autore della "Cultural evolution". Sostanzialmente afferma che l'evoluzione culturale non è altro che una teoria che prevede, in un modo o nell'altro, un cambiamento di tipo culturale all'interno della nostra specie. Questo cambiamento culturale può essere descritto attraverso concetti, strumenti, metodologie che vengono continuamente adoperati dai biologi evoluzionisti. In parole povere, lo stesso approccio biologico-evoluzionistico può essere applicato in ambito culturale.


Qui potete fare visita al suo sito nel caso foste interessati ad approfondire quest'aspetto (per il sito web di Mesoudi, clicca qui). Vi consiglio di leggere anche il libro in questione "cultural evolution"