domenica 11 giugno 2023

𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙛𝙡𝙤𝙧𝙚𝙨𝙞𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨, una specie insulare del sud-est asiatico (700-000 anni fa circa (?) - 60-50.000 anni fa circa)


Questa è, con molta probabilità, una delle specie più affascinanti del genere Homo. Venne scoperta nel 2003 sull'isola di Flores, un'isola dell'arcipelago indonesiano. Per la precisione, i primi resti vennero rinvenuti nella grotta di Liang Bua: si tratta chiaramente di resti umani, come indica anche uno scheletro parziale composto da bacino, cranio e arto inferiore.


                                                          Grotta di Liang Bua


Tutti questi resti sono accomunati da una caratteristica particolare: sono appartenuti a individui di bassa statura, tanto da essere denominata questa specie come Hobbit. Infatti, la struttura stimata era di circa 1 metro per l'altezza e visse, l'individuo studiato, tra i 195 e gli 80-60.000 anni fa (anche se sulla questione della datazione, ne parleremo meglio dopo).

H. floresiensis è una specie insulare, e si tratta di un caso di 'nanismo insulare', proprio come per il "vicino di casa" Homo luzonensis, che visse sull'Isola di Luzon, nelle Filippine. In parole povere, nel corso del tempo sono stati selezionati individui di piccola statura, adattati a un contesto nel quale le risorse sono limitate (esistono anche esempi di 'gigantismo insulare', ma ne parleremo in un articolo a parte). A livello cronologico, questa specie visse nel periodo di maggiore diversità del genere Homo, infatti almeno 100.000 anni fa era presente Homo neanderthalensis in Asia Occidentale ed Europa; erano presenti i denisovani a Denisova, Homo naledi in Sud Africa, Homo erectus in Asia, ed i primi Homo sapiens in Africa.

Ma la scoperta di una nuova specie non è stata immediata, in quanto questa specie, o meglio l'individuo analizzato, venne inizialmente considerata affetto da microcefalia, una condizione umana 'malata' caratterizzata da una riduzione del volume del cervello. Ma, alla fine, il 22 ottobre 2004, la rivista Nature pubblica la scoperta di questa specie.

In sintesi:

  • La capacità cranica è di circa 380 cm^3, inferiore a quella di gorilla e scimpanzé;
  • Come detto prima, vennero inizialmente considerati "Sapiens nani", poiché i primi studi datavano i resti a circa 18.000 anni (i dati definitivi li hanno datati tra i 50 e i 60.000 anni circa);
  • Sono stati rinvenuti resti datati circa 700.000 anni fa, appartenenti all'antenato di questa specie, escludendo una discendenza da **H. sapiens**;
  • Visse nell'isola di Flores, a est di Bali (Indonesia) e a est della linea di Wallace.


                                                Scheletro di H. floresiensis
Bene, ora entriamo un po' di più nel dettaglio citando anche vari studi. Il fatto che **H. floresiensis** abbia abitato l'isola di Flores è molto importante perché ci fornisce informazioni sulla distribuzione delle specie umane sul pianeta e, soprattutto, sulle terre emerse in quel periodo. La fluttuazione climatica e del livello del mare permettevano, con l'abbassamento della massa acquatica, di mettere in comunicazione terre isolate (come le isole stesse), consentendo il passaggio di flora e fauna in nuovi ambienti. Le masse continentali più importanti sono: Sunda (Borneo e Indonesia) e Sahul (Nuova Guinea e Australia).


                             Posizione geografica dell'isola di Flores (Fonte: Wikipedia)


L'isola di Flores era collegata, con molta probabilità, al Sunda, e in periodi relativamente freddi che bloccavano o eliminavano i passaggi tra le varie isole, gli antenati di questa specie sono rimasti intrappolati sull'isola. L'ambiente ha selezionato individui di "bassa statura" (nanismo insulare).

Quando vissero i probabili antenati di H. floresiensis (per la ricerca, clicca qui)? Gli scavi svolti nel sito del Pleistocene medio di Mata Menge, nel bacino di So'a al centro dell'isola di Flores, hanno restituito diversi risultati interessanti sulla specie. L'età del sito, dove sono stati ritrovati alcuni resti fossili nel 2014, è stata determinata dallo strato di arenaria fluviale depositato in un piccolo corso d'acqua della valle circa 700.000 anni fa. Le tecniche di datazione, come quella 40Ar/39Ar e quella derivata dai depositi di cenere vulcanica, insieme alla datazione ricavata dai denti fossili, hanno contribuito a ottenere questi risultati:

  • I dati ambientali indicano un clima relativamente secco nel bacino di So'a durante il primo Pleistocene medio;
  • Gli ominini della zona abitavano praterie aperte simili alla savana, con una componente paludosa;
  • I fossili rinvenuti sono stati associati a una fauna insulare, mentre la tecnologia litica è sorprendentemente simile a quella associata a H. floresiensis, vissuta nel Tardo Pleistocene.

Gli scavi degli anni '90 riprendono quelli avvenuti negli anni '60, durante i quali vennero scoperti i resti di uno scheletro parziale (LB 1), comprendente ossa fossili sia craniali che postcraniali. Con uno scheletro parziale è stato possibile stimare l'altezza dell'individuo, risultando che questa specie raggiunse a malapena il metro di altezza (la capacità cranica è di circa 380 cm^3). Queste 'piccole dimensioni' sono giustificate attraverso due interpretazioni ben distinte (una accettata, mentre l'altra completamente abbandonata):

  • Il nanismo insulare, un processo di "miniaturizzazione" che, sulle isole, porta individui di specie generalmente di grandi dimensioni a diventare più piccoli, e viceversa per individui di dimensioni più piccole. Un esempio simile si trova in Italia con gli elefanti nani siciliani. Questo cambiamento è interpretato come un adattamento in un contesto privo di forti pressioni selettive legate ai predatori: o sono pochi, o sono anch'essi molto piccoli o non sono presenti. Un altro esempio italiano è Oreopithecus bambolii, un lontano cugino trovato sia in Sardegna che in Toscana, un binario morto che non ha lasciato discendenze e che viveva in contesti insulari. Grazie all'assenza di predatori, non aveva bisogno di vivere o muoversi sugli alberi, ma prediligeva per buona parte della giornata una locomozione bipede per terra, seppur in modo goffo, che in un contesto fortemente selettivo sarebbe risultata svantaggiosa. Le faune associate hanno subito anch'esse processi di "miniaturizzazione", attraverso processi del tutto analoghi al nanismo. Alcuni di questi animali sono, ad esempio, il varano di Komodo o elefanti appartenenti al genere Stegodon (S. florensis e S. sondarari);

  • Microcefalia. Questa supposizione potrebbe sembrare umoristica, soprattutto alla luce delle conoscenze paleoantropologiche attuali, ma è giusto menzionarla perché non è affatto banale. La riduzione del cranio sarebbe legata a questa patologia, mentre il corpo piccolo sarebbe stato associato a un adattamento a ambienti tropicali. Vennero presi in considerazione i Pigmei proprio perché giustificavano i resti ossei rinvenuti sull'isola di Flores (sono in genere più bassi di 150 cm). Nel caso dei Pigmei, però, non c'è nessun collegamento con la capacità cranica in quanto, in queste popolazioni, lo sviluppo corporeo si arresta dopo che il cervello è completamente cresciuto (tra i 6 e i 12 anni di vita).
                                        Immagine riassuntiva sulla microcefalia

La storia dei Pigmei e della microcefalia è perdurata per anni, portando addirittura alla suddivisione di queste popolazioni in "forme pigmoidi" tipiche delle zone del sud-est asiatico. Tuttavia, uno studio anatomico approfondito ha posto fine a questo dibattito, evidenziando differenze non solo nel cranio ma anche nel resto del corpo, come ad esempio il piede sproporzionato rispetto al corpo. L'andatura risultava essere bipede ma priva di corsa, una caratteristica che si è rivelata vantaggiosa per la sopravvivenza del nostro genere negli ultimi 2 milioni di anni. La capacità cranica costituisce un punto di discussione tra i ricercatori, non solo per valutare l'intelligenza (sebbene questa correlazione non sia diretta), ma anche per stabilire la parentela con gli altri ominini. Sembra che H. floresiensis possa essersi originata da popolazioni di H. erectus o addirittura da popolazioni più arcaiche. Attualmente, questa è l'ipotesi più accreditata, considerando che H. erectus è sopravvissuta per più di un milione di anni e nel frattempo ha popolato sia l'Asia che il sud-est asiatico. Tuttavia, sorgono alcune problematiche:
  • La diminuzione della capacità cranica sembra essere molto elevata, approssimativamente di circa un terzo, presentando incongruenze a livello metabolico e temporale;

  • Alcuni sostengono che H. floresiensis potrebbe essersi originata da una popolazione che ha colonizzato le isole del sud-est asiatico ben prima di H. erectus, come indicato dal range temporale di circa 700.000 anni fa, precedentemente menzionato.
                                                  Altro cranio di H. floresiensis

Una ricerca del 2006 (clicca quicerca di gettare luce sulla situazione, collegandosi al discorso precedentemente affrontato. Gli autori, oltre a ipotizzare una discendenza da H. erectus asiatico, notano la combinazione di una capacità cranica ridotta, simile a quella di Homo habilis. Quest'ultima specie, pur appartenendo al genere Homo, presenta molte caratteristiche tipiche delle australopitecine. Pertanto, gli studiosi ipotizzano che H. floresiensis possa discendere da una popolazione, ancora non documentata, di ominini che si spostò dall'Africa all'Asia orientale circa 2 milioni di anni fa.

Nello studio, vengono analizzati fossili risalenti a circa 700.000 anni fa, scavati nel 2014 dal sito del Pleistocene medio di Mata Menge, al centro di Flores. I fossili, tra cui denti e mandibole, risultano essere i più antichi associati a questo lignaggio. Ecco cosa rivela la ricerca:
  • I denti e la mandibola di Mata Menge sono simili, in termini morfologici e dimensioni, a quelli di H. floresiensis di Liang Bua.
  • Il primo molare, in particolare, conserva una condizione primitiva.
  • I denti e la mandibola di Mata Menge sono ancora più piccoli di quelli di Liang Bua.
  • Le morfologie dei resti di Mata Menge suggeriscono che questi individui siano simili ad H. habilis o al genere Australopithecus, indicando che filogeneticamente non è da escludere una discendenza da prime popolazioni di H. erectus asiatiche, e non da quelle più derivate.
  • Tuttavia, questi risultati non spiegano completamente la precoce "miniaturizzazione", poiché le antiche popolazioni di H. erectus sembrano non aver avuto una corporatura così ridotta.
Dal punto di vista culturale, sono stati associati a questa specie nuclei da cui sono state estrapolate schegge, indicando un certo grado di intenzionalità e capacità manuale. La capacità cranica non sembra essere vincolante per la realizzazione di utensili avanzati, come dimostrato anche da ritrovamenti nel bacino di Soa, datati tra 840-700.000 anni fa, simili a quelli di Liang Bua datati tra 95-74.000 anni fa. La somiglianza culturale e il divario temporale tra i due siti suggeriscono che la produzione litica di H. floresiensis non è stata influenzata da quella di H. sapiens.

In termini di estinzione, si ipotizza che possa essere correlata all'arrivo di popolazioni di H. sapiens nel sud-est asiatico, seguito dalla loro diffusione verso l'Australia. Questo potrebbe aver portato a una competizione più o meno diretta tra le due specie.



Utensili rinvenuti nelle vicinanze di uno scheletro di Rhinoceros philippinensis




Un po' di...anatomia su H. floresiensis

Sommario delle caratteristiche anatomiche di Homo floresiensis:

  1. Encefalo: Simile a quello di Homo sapiens non affetto da microcefalia, con un lobo frontale sviluppato legato alle capacità cognitive. Non tutti i tratti cerebrali sono simili a quelli della specie umana, ma più simili a quelli ipotetici di un ominino di piccole dimensioni.


  2. Pelvi: Moderna e simile a quella di Homo erectus. In particolare, la pelvi di LB1 (il primo reperto trovato nella grotta di Liang Bua) potrebbe appartenere a un individuo maschile.


  3. Arti superiori: Presentano un angolo di rotazione minore della testa dell'omero rispetto a quello dell'uomo moderno, ma più simile a quello di Homo erectus.


  4. Polso: Le tre ossa del polso dell'olotipo indicano una condizione primitiva, tipica delle specie ominine africane.


  5. Arti inferiori e piede: I piedi sono lunghi in rapporto agli arti inferiori, con proporzioni simili a quelli delle antropomorfe africane, risultando quindi relativamente arcaici. Il piede è piatto, non arcuato come quello dell'uomo moderno, indicando la bipedalità ma con una capacità di corsa simile a Homo habilis. Il metatarso è robusto come quello di Homo sapiens, e l'alluce è completamente addotto.

Queste caratteristiche anatomiche forniscono un quadro complesso e intrigante della biologia di H. floresiensis, evidenziando tratti primitivi e moderni che lo distinguono da altre specie del genere Homo.



                                         Fonte: Wikimedia commons


Mandibola. E' relativamente più robusta rispetto a quella degli ominini moderni, come l'uomo o gli scimpanzé, e mostra somiglianze con quelle di Paranthropus robustus e Australopithecus africanus, specialmente per quanto riguarda la rigidità nella flessione trasversale e nella torsione. Non può essere classificata come una mandibola "ridotta" simile a quelle degli Homo sapiens, poiché conserva una lunghezza molto simile. Tuttavia, è importante notare che, sebbene la lunghezza possa essere comparabile, i carichi masticatori erano verosimilmente inferiori rispetto a quelli di P. robustus e A. africanus, seppur superiori a quelli di H, sapiens

                                        Qui si vede bene la mandibola

Altre fonti: 1, 2, 3, 4, 5, 6, e  7








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