Questa è, con molta probabilità, una delle specie più affascinanti del genere Homo. Venne scoperta nel 2003 sull'isola di Flores, un'isola dell'arcipelago indonesiano. Per la precisione, i primi resti vennero rinvenuti nella grotta di Liang Bua: si tratta chiaramente di resti umani, come indica anche uno scheletro parziale composto da bacino, cranio e arto inferiore.
Grotta di Liang Bua
Tutti questi resti sono accomunati da una caratteristica particolare: sono appartenuti ad individui di bassa statura, tanto da essere denominata questa specie come Hobbit. Infatti, la struttura stimata era di circa 1 m per l'altezza e visse, l'individuo studiato, tra i 195 e gli 80-60.000 anni fa (anche se sulla questione della datazione, ne parleremo meglio dopo).
H. floresiensis è una specie insulare, e si tratta di un caso di 'nanismo insulare', proprio come il "vicino di casa" Homo luzonensis, che visse sull'Isola di Luzon, nelle Filippine. In parole povere, nel corso del tempo sono stati selezionati individui di piccola statura, adattati ad un contesto nel quale le risorse di cibo sono limitate (esistono anche esempi di 'gigantismo insulare', ma ne parleremo in un articolo a parte). A livello cronologico, questa specie visse nel periodo di maggiore diversità del genere Homo, infatti almeno 100.000 anni fa era presente Homo neanderthalensis in Asia Occidentale ed Europa; erano presenti i denisovani a Denisova, Homo naledi in Sud Africa, Homo erectus in Asia, ed i primi Homo sapiens in Africa.
Ma la scoperta di una nuova specie non è stata immediata in quanto questa specie, o meglio l'individuo analizzato, venne considerato affetto da microcefalia, un individuo umano 'malato' caratterizzato da una riduzione del volume del cervello. Ma, alla fine, il 22 Ottobre del 2004 la rivista Nature pubblica la scoperta di questa specie.
Questa è una sintesi della sintesi:
- la capacità cranica è di circa 380 cm^3, inferiore a quelle di gorilla e scimpanzé;
- come detto prima, vennero considerati inizialmente "Sapiens nani", in quanto i primi studi datavano i resti a circa 18.000 anni (i dati definitivi li hanno datati tra i 50 e i 60.000 anni circa);
- sono stati rinvenuti resti datati 700.000 anni circa che appartengono all'antenato di questa specie, escludendo una discendenda da H. sapiens;
- visse nell'isola di Flores, a est di Bali (Indonesia) e a Est della linea di Wallace.
Scheletro di H. floresiensis
Bene, ora entriamo un po' di più nel dettaglio citando anche vari studi.
Il fatto che H. floresiensis abbia abitato l'isola di Flores è molto importante perché ci dà informazioni sulla distribuzione delle specie umane sul pianeta e, soprattutto, delle terre emerse in quel periodo (la fluttuazione climatica e del livello del mare permettevano, con l'abbassamento della massa acquatica, di mettere in comunicazione terre isolate (come le stesse isole), e quindi di permettere il passaggio di flora e fauna in nuovi ambienti. Le masse continentali più importanti sono:
- Sunda (Borneo e Indonesia);
- Sahul (Nuova Guinea e Australia).
Posizione geografica dell'isola di Flores (Fonte: Wikipedia)
L'isola di Flores era collegata, con molta probabilità, al Sunda, e in periodi relativamente freddi (che bloccavano o eliminavano i passaggi tra le varie isole) gli antenati di questa specie sono rimasti intrappolati sull'isola, con l'ambiente che ha selezionato individui di "bassa statura" (nanismo insulare).
Quando vissero i probabili antenati di H. floresiensis (per la ricerca, clicca qui)? Gli scavi che si sono svolti nel sito del Pleistocene medio di Mata Menge, nel bacino di So'a al centro dell'isola di Flores, hanno restituito un bel po' di risultati interessanti su questa specie. In sostanza, l'età del sito nel quale vennero ritrovati alcuni resti fossili nel 2014, sono stati forniti dallo strato di arenaria fluviale depositato in un piccolo corso d'acqua della valle circa 700.000 anni fa. Entrano il gioco tecniche di datazione, come quella 40Ar/39Ar, e quella ricavata dai depositi di cenere vulcanica, in combinazione alla datazione ricavata da alcuni denti fossili.
I risultati della ricerca sono questi:
- i dati ambientali indicano un clima relativamente secco nel bacino di So'a durante il primo Pleistocene medio;
- gli ominini della zona abitavano praterie aperte simili alla savana (con una componente paludosa);
- i fossili rinvenuti sono stati associati ad una fauna insulare, mentre la tecnologia litica è sorprendentemente simili a quella associata a H. floresiensis, vissuta nel Tardo Pleistocene.
Gli scavi effettuati negli anni '90 riprendono quelli avvenuti negli anni '60, e vennero scoperti i resti di uno scheletro parziale (LB 1), che comprende ossa fossili di vario genere, sia craniali che post craniali. Con uno scheletro parziale è possibile stimare l'altezza dell'individuo, con il risultato che questa specie raggiunse a malapena il metro di altezza (la capacità cranica è di circa 380 cm^3). Queste 'piccole dimensioni' sono giustificate attraverso due interpretazioni ben distinte (una accettata, mentre l'altra completamente abbandonata):
- il nanismo insulare. E' una sorta di processo di "miniaturizzazione". Sulle isole, soprattutto quelle più isolate e piccole, portano individui appartenenti a specie che in genere sono di grandi dimensioni ad essere più piccoli, viceversa per individui piccoli (e tante altre "stranezze"). Un esempio molto simile lo abbiamo qui in Italia con gli elefanti nani siciliani. Un tale cambiamento è interpretato come un adattamento in un contesto che, sostanzialmente, è privo di forti pressioni selettive legate ai predatori: o sono pochi, o sono anch'essi molto piccoli o non sono proprio presenti. Un altro esempio italiano è Oreopithecus bambolii, un nostro lontanissimo cugino trovato sia in Sardegna che in Toscana, un binario morto che non ha lasciato discendenze e che viveva in contesti insulari e, grazie all'assenza di predatori, non aveva bisogno di vivere o muoversi sugli alberi, ma prediligeva per buona parte della giornata una locomozione bipede per terra, seppur in modo goffo, che in un contesto fortemente selettivo sarebbe risultata svantaggiosa. Le faune associate hanno subito anch'esse processi di "miniaturizzazione", attraverso processi del tutto analoghi al nanismo. Alcuni di questi animali sono per esempio il varano di Komodo, o elefanti appartenenti al genere Stegodon (S. florensis e S. sondarari).
- microcefalia. Questa supposizione credo faccia un po' ridere, soprattutto con le conoscenze paleoantropologiche odierne, ma è giusto anche citare questa interpretazione perché non è assolutamente banale. La riduzione del cranio, quindi sarebbe legata a questa patologia, mentre il corpo piccolo sarebbe stato associato ad un adattamento ad ad ambienti tropicali. Vennero presi in considerazione i Pigmei proprio perché giustificavano i resti ossei rinvenuti sull'isola di Flores (sono in genere più bassi di 150 cm). Nel caso dei Pigmei, però, non c'è nessun collegamento con la capacità cranica in quanto, in queste popolazioni, lo sviluppo corporeo si arresta dopo la crescita del cervello è completamente cresciuto (tra i 6 e i 12 anni di vita).
Immagine riassuntiva sulla microcefalia
La storia dei Pigmei, e della microcefalia, è andata avanti per anni tanto da arrivare al punto da suddividere queste popolazioni in "forme pigmoidi", tipiche delle zone del sud-est asiatico.
Ma uno studio anatomico approfondito ha fatto affondare questo 'particolare' dibattito, in quanto si hanno delle differenze non solo nel cranio, ma anche nel resto del corpo. Come il piede sproporzionato rispetto al corpo. Quindi, aveva un'andatura bipede ma priva di corsa, caratteristica che invece è risultata vantaggiosa per la sopravvivenza del nostro genere negli ultimi 2 milioni di anni.
La capacità cranica è un "problema" per alcuni ricercatori, sia per valutarne l'intelligenza (anche se non funziona proprio così questo discorso) che la parentela con gli altri ominini. Sembra possa essersi originata da popolazioni di H. erectus, o addirittura da popolazioni più arcaiche. E' al momento l'ipotesi più accreditata in quanto H. erectus sopravvisse per più di 1 milione di anni, e nel frattempo (dalla sua "fuga" dall'Africa) popolò sia l'Asia che il sud-est asiatico. Ma ci sono un pochino di problemi in merito:
- la diminuzione della capacità cranica parrebbe essere molto elevata. Si tratta di circa 1/3, quindi a livello metabolico e temporale sembra esserci qualche 'incongruenza';
- alcuni sostengono che H. floresiensis possa essersi originata da una popolazione che ha popolato le isole del sud-est asiatico ben prima di H. erectus (come indica il range temporale di 700.000 anni circa, citato prima).
Altro cranio di H. floresiensis
Una ricerca del 2006 (clicca qui) cerca di fare un po' di chiarezza (più o meno) sulla situazione (si ricollega al discorso fatto precedentemente). Gli autori, oltre ad ipotizzare come detto prima, una discendenza da H. erectus asiatico, fanno notare che la capacità cranica piccola assieme a quella di Homo habilis. Quest'ultima specie, nonostante sia associata al genere Homo, possiede molte caratteristiche da australopitecina. Quindi, ipotizzano ipotizzano che H. floresiensis possa discendere da una popolazione, non ancora documentata, di ominini dall'Africa all'Asia orientale circa 2 milioni di anni fa. Nello studio vengono analizzati fossili scavati nel 2014 dal sito del Pleistocene medio di Mata Menge, al centro di Flores. I fossili, come denti e mandibole, sono risalenti a circa 700.000 anni circa e al momento risultano essere i fossili più antichi associati a questo lignaggio. Vediamo cosa ci dice la ricerca:
- i denti e la mandibola di Mata Menge sono simili, per caratteristiche morfologiche e dimensioni, a quelli di H. floresiensis di Liang Bua;
- il primo molare, soprattutto, conserva una condizione primitiva;
- i denti e la mandibola di Mata Menge sono ancora più piccoli di Liang Bua;
- le morfologie dei resti di Mata Menge indicano che questi individui sono simili ad H. habilis o al genere Australopithecus, quindi a livello filogenetico non è comunque da escludere che possano discendere da delle prime popolazioni di H. erectus asiatiche ( e non da quelle più derivate);
- tutti questi risultati, comunque, non sembrano spiegare la precoce "miniaturizzazione". Le antiche popolazioni di H. erectus forse non possedevano una corporatura così...elevata?
Culturalmente parlando, sono stati associati a questa specie nuclei da cui sono state estrapolate delle schegge, e questo comunque indica 'intenzionalità' e una certa capacità manuale. Come per H. naledi, e come potete leggere da un mio 'vecchio' articolo sulla Paletnologia (clicca qui), la capacità cranica non è necessaria una capacita di 1000 cc (come per la maggior parte delle specie del genere Homo).
In questa ricerca (clicca qui) sono stati rinvenuti utensili nel bacino di Soa, assieme anche a resti di fauna (citati precedentemente, come il drago di Komodo). I siti sono datati 840-700.000 anni fa, e sono simili alle produzioni rinvenute a Liang Bua, che invece sono datati 95-74.000 anni fa circa. Insomma, la somiglianza culturale e il range temporale tra i due siti ci dà un'informazione importante: la produzione litica di H. floresiensis non è stata influenzata da quella di H. sapiens.
Quindi, piccola fisicamente, questa specie è stata capace di produrre utensili. Per quanto riguarda l'estinzione, potrebbe essere legata proprio al momento in cui popolazioni di H. sapiens sono arrivate nel sud-est asiatico, per poi diffondersi verso l'Australia. Potrebbe essere avvenuta una competizione più o meno diretta tra le due specie.

Utensili rinvenuti nelle vicinanze di uno scheletro di
Rhinoceros philippinensis
Un po' di...anatomia su H. floresiensis
Cercherò di fare una sorta di carrellata veloce sulle componenti, senza dilungarmi troppo (alla fine, vi lascerò tutte le ricerche che riguardano quest'aspetto) e su certi aspetti che non ho trattato.
Encefalo. E' simile a quello di H. sapiens non affetto da microcefalia per via del lobo frontale sviluppato (legato alle capacità cognitive). Non tutti i tratti del cervello sono simili alla nostra specie ma più a quello di un ipotetico ominino si piccole dimensioni.
Le pelvi. Sono piuttosto moderne e simili a quelle di H. erectus e che LB1 (il primo reperto rinvenuto nella grotta di Liang Bau) e potrebbe trattarsi di un individuo maschile.
Arti superiori. La specie di Flores presenta un angolo di rotazione minore della testa dell'omero rispetto a quella dell'uomo moderno, ma molto più simile a quello di H. erectus.
Polso. Tre ossa del polso dell'olotipo indicano una condizione primitiva, tipica delle specie ominine africane.
Arti inferiori e piede. I piedi sono lunghi in rapporto agli arti inferiori, con proporzioni simili a quelle delle antropomorfe (Africane), quindi risulta essere un piede relativamente arcaico. Il piede è piatto, non è arcuato (leggermente) come il nostro e ciò indica che questo ominino fosse bipede, ma non capace di correre come H. erectus (questa caratteristica lo accomuna di più ad H. habilis). Il metatarso è robusto come quello di H. sapiens, l'alluce è completamente addotto.
Mandibola. è relativamente più "forte" rispetto a quella di ominini moderni, come uomo o scimpanzé, ed è paragonabile a quella di Paranthropus robustus e Australopithecus africanus, soprattutto per quanto riguarda la rigidità nella flessione trasversale e nella torsione. Non sono mandibole "ridotte" di H. sapiens, soprattutto perché possiedono la lunghezza della mandibola molto simile, mentre si può fare un discorso a parte per i carichi masticatori che dovevano essere minori di quelli di P. robustus e A. africanus (superiori a quelli di H. sapiens).
Qui si vede bene la mandibola
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