Questo è un argomento che mi sta molto a cuore in quanto, la pagina Facebook, è nata proprio per cercare di fare buona informazione in ambito evoluzionistico, e per cercare di contrastare quelle stupide fake news che, volente o nolente, si continuano ancora a leggere e a sentire, come quelle sull'anello mancante, quelle sui fossili viventi, e tante altre (prima o poi sparirete!).
Quella più infame afferma questo: l'uomo ha smesso di evolversi (con la comparsa della cultura). Lo Chef Barbieri direbbe "mi sta partendo un neurone", ma in questo caso i neuroni si suicidano direttamente perché è una frase ascientifica, priva di senso ed estremamente egoistica. Non facciamo che autoesaltarci e considerarci superiori alla natura, tanto da 'affermare' che ad un certo punto l'evoluzione biologica si sia fermata. Naturalmente, qui ci si collega a quella disgustosa "scala evolutiva", che pone l'uomo come un arrivo, l'apice di un qualcosa che esiste solo nella nostra mente. E tutto questo sarebbe accaduto in concomitanza con l'evoluzione culturale, che avrebbe bloccato in qualche modo la nostra evoluzione (ricordando che è un processo continuo, e cesserà di esistere quando non esisteranno più organismi o entità biologiche).
Ma tutto questo è partito dalla scissione dell'Antropologia Culturale da quella Fisica (ne ho parlato qui), in quanto sostanzialmente si incomincia nel XX secolo a non prendere più in considerazione elementi biologico-evolutivi per parlare dell'uomo. Gli elementi culturali non avevano nulla a che fare con gli elementi biologici, non dipendevano da nessun fenomeno naturale. Così si arrivò, ahimè, ad una sorta di compromesso per far contenti sia gli antropologi fisici che culturali, dividendo l'evoluzione umana in due fasi:
-La prima fase è basata su una visione prettamente evoluzionistica, dove la dimensione culturale è trascurabile;
-La seconda fase, invece, prevede l'annullamento dei processi biologico-evolutivi per far spazio a quelli culturali (la cultura, sostanzialmente, nasce e si sviluppa solo dalla cultura).
Questo "contentino" prevedeva una sorta di stasi evoluzionistica, che stava alla base della seconda fase. E' (era) chiamata 'Biological Evolutionary Statis, o BES, che sarebbe avvenuta al superamento di una soglia cognitiva che avrebbe innescato l'evoluzione culturale e bloccato quella biologica.
Già da questa affermazione, e con tutti gli studi pubblicati negli ultimi 20 anni, si capisce che questa stasi non ha senso di esistere, soprattutto se dovessimo chiederci " quando esattamente è stata superata questa soglia cognitiva"? Alcuni, sicuramente, porrebbero questa soglia nel Neolitico, con la comparsa dell'agricoltura; altri, con la comparsa della nostra specie, e magari altri dopo l'estinzione del Neanderthal. Insomma, il problema è già stato superato, ma non nel secolo scorso.
Insomma, in parole povere la cultura avrebbe permesso all'uomo di discostarsi dalla natura, e di non "sottostare" alle sue regole. Purtroppo, a gettare benzina sul fuoco, è anche la poca conoscenza del campo evoluzionistico. Tutt'ora "affermano" i detrattori di Darwin che la sua teoria è, appunto, solo una teoria (ignorando il fatto che c'è differenza tra teoria, termine utilizzato nel linguaggio comune, e teoria scientifica), e che grazie alla cultura non sottostiamo più alla Selezione Naturale. Il discorso, seppur semplice ma difficile da far digerire ad un antropocentrista, è che la Selezione Naturale è soltanto uno dei tanti meccanismi evolutivi che smista mutazioni, o altri cambiamenti (evoluzione è sinonimo di cambiamento, non di miglioramento) che avvengono, avvenivano ed avverranno in continuazione. Insomma, gli "smistamenti" non avvengono esclusivamente ad opera di una pressione ambientale (per esempio).
Quindi, l'associare unicamente la Selezione Naturale all'evoluzione, come se fosse l'unico sistema che porta al cambiamento, genera tutt'ora problemi di non poco conto ( ci arriveremo più tardi). E con ciò, entriamo nel vivo del discorso: l'evoluzione biologica nell'uomo non si è fermata.
Le prove
Incominciamo con la prima prova: Evidence for evolution in response to natural selection in a contemporary human population (Milot et al. 2011).
Questo lavoro, sostanzialmente, indica che esistono processi microevolutivi che possono portare cambiamenti all'interno di una popolazione in poco tempo, anche in poche generazioni. In questo studio, sostanzialmente, si è notato come la selezione (naturale in questo caso) può essere forte, e presente, anche nelle popolazioni moderne. E' stata studiata quella che in inglese viene definita 'Age at first reproduction (AFR)', che possiamo in qualche modo italianizzare con "età della prima riproduzione".
La popolazione studiata è quella dell'Ile aux Coudres L'Ile aux Coudres , un'isola canadese situata a circa 80 km a nord-est dalla città di Québec. In parole povere, senza entrare troppo nel dettaglio dello studio, si dimostra che la microevoluzione è rilevabile in poche generazioni nelle specie longeve. Ad esempio, un'ampia proporzione della tendenza fenotipica nell'età alla prima riproduzione a îleaux Coudres sembra essere attribuibile a una risposta alla selezione naturale. Le modifiche ai tempi della riproduzione possono avere effetti importanti sulla demografia di una popolazione.
A livello biologico:
-Diverse entità in una popolazione variano nelle loro caratteristiche;
-Queste entità hanno diversi tassi di sopravvivenza e riproduzione;
- C'è una correlazione tra entità genitore e prole.
Lewontin (1970) afferma che i tratti culturali (idee, parole, artefatti) subiscono variazioni, quindi
differenti tassi di sopravvivenza e riproduzione. I caratteri vengono trasmessi da persona a persona attraverso meccanismi di apprendimento sociale
come l'imitazione o la parola. Per esempio, i verbi odierni trovano delle differenze con le forme del passato, così come la lingua in generale.
Cavalli Sforza è il maggior esponente in questo campo, in quanto fu il primo a trovare un parallelismo tra l’evoluzione biologica e culturale, e come quest’ultima sia influenzata da meccanismi di trasmissione, e di
mutamento, simili. Assieme a Feldman (1981), costruirono modelli che hanno esplorato la trasmissione di tratti culturali non solo dai propri genitori biologici, ma anche a coetanei e da membri più anziani non imparentati della generazione genitoriale. La cultura è legata alla componente demografica, e può essere trasmessa se la popolazione, o una parte di essa, migra.
La demografia può influenzare l'evoluzione della cultura. Sempre Cavalli-Sforza evidenzia come la
dimensione della popolazione e la migrazione possono influenzare l'evoluzione culturale così come possono
influenzare l'evoluzione biologica. Per esempio, durante il periodo delle colonizzazioni, una determinata
popolazione può perdere, o acquisire determinati tratti culturali (isolamento e “deriva genetica”,
“ibridazione culturale”, ecc.).
Un altro fattore molto importante è la complessità in quanto i fattori demografici, come la dimensione della
popolazione e la migrazione possono influenzare l'evoluzione culturale così come possono influenzare
l'evoluzione biologica. Sostanzialmente, l'abilità del membro più abile della generazione precedente può
presentare qualche errore. Questo errore ha due componenti:
- una che determina la perdita di abilità a causa di una copia imperfetta;
- una che rappresenta i tentativi di migliorare l'abilità.
La complessità aumenta con la dimensione della popolazione perché più individui ci sono, più è probabile
che qualcuno faccia un miglioramento senza errori di trasmissione significativi, anche se molti altri studi
non mostrano questo legame.
Qui entrano in gioco i metodi filogenetici che permettono, per esempio, di ricostruire il linguaggio. Il
linguaggio si “comporta” come i geni in quanto aiuta a ricostruire il passato, e a confrontare tratti tra
popolazioni diverse.
Esistono parallelismi tra evoluzione culturale ed evoluzione biologica. Si discute di come la costruzione di nicchia giochi un ruolo cruciale nell'evoluzione umana, perché altera le fonti della selezione naturale e quindi il percorso dell'evoluzione. Sostanzialmente, la teoria dell’evoluzione per selezione naturale di Darwin può essere estesa anche alla cultura stessa, questo perché è parte integrante dell’essere umano. Vi sono diverse analogie, la prima è che anche la cultura si evolve, cioè si sviluppa e cambia nel tempo. L’unica differenza è che nell'evoluzione biologica il flusso di informazioni di solito è verticale (dai genitori ai figli), mentre nell'evoluzione culturale il flusso di informazioni potrebbe essere anche orizzontale, come quando l'informazione culturale viene trasmessa anche a/da non parenti.
La cultura umana è legata alla costruzione di nicchia. Con l'ascesa della cultura, gli esseri umani non solo hanno radicalmente alterato i loro ambienti naturali ma le fonti di selezione in quegli ambienti
Qui entra in gioco “La formula di Darwin", che consiste nei tre elementi che stanno alla base dell’evoluzione:
- variazione. I membri di una particolare popolazione mostrano sempre lievi differenzi morfologiche/fenotipiche, come il colore o l’altezza. Alcune svolgono una funzione positiva, altre negative per la sopravvivenza e la riproduzione;
- selezione. Alcuni individui hanno più successo nella sopravvivenza e nella riproduzione rispetto ad altri individui;
- replicazione. E’ ciò che rende un gene “immortale”, proprio perché viene trasmesso da generazione in generazione.
Tutto questo lo possiamo applicare alla cultura, proprio perché il concetto di evoluzione fa riferimento a qualsiasi sistema dinamico che possiede variazione, selezione e replicazione per evolvere. Si considera cultura, quindi, come qualsiasi informazione che può essere trasmessa alle generazioni successive con “mezzi non genetici” (lingua, parlata o scritta, imitazione e insegnamento).
Bibliografia
-Beauchamp J. P., 2016: Genetic evidence for natural selection in humans in thecontemporary United States. PNAS, Vol. 113 | No. 28;
-Milot E.milot.emmanuel@courrier.uqam.ca, Mayer F. M., Nussey D. H., Boisvert M., Pelletier F., Réale D, 2011: Evidence for evolution in response to natural selection in a contemporary human population. PNAS, Vol. 108| No. 41
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