giovedì 2 maggio 2024

Paletnologia (approfondimenti)

Gli antichi umani dimostrarono abilità sorprendenti nella lavorazione del legno: è stato rinvenuto un bastone simile ad un giavellotto.
Questo, in sé, non costituisce una notizia straordinaria poiché il legno è stato un materiale fondamentale sin dall'antichità, come dimostrato dalla struttura in legno datata circa 476.000 anni fa. Tuttavia, l'oggetto in questione, datato a circa 300.000 anni fa, si è rivelato essere un'arma da caccia, presentando segni di levigatura e raschiatura. Questa scoperta suggerisce che gli antichi umani possedevano capacità avanzate nella lavorazione del legno, utilizzando tecniche già sofisticate.
Questo potrebbe essere correlato al loro regime alimentare, poiché si specializzarono nella caccia non solo di grandi animali ma anche di quelli di medio-piccole dimensioni ben prima della fine del Pleistocene. Il bastone, lungo circa 75 cm, è un'arma relativamente leggera e fu scoperto per la prima volta nel 1994 a Schöningen, in Germania, insieme ad altri strumenti da lancio tra cui lance e bastoni di grandi dimensioni.
Come accennato prima, gli ominini in questione selezionarono un ramo di abete rosso che poi scortecciarono e modellarono in uno strumento aerodinamico ed ergonomico. È probabile che abbiano lasciato stagionare il legno per evitare crepe e deformazioni, e dopo un lungo periodo di utilizzo, lo strumento andò perduto durante la caccia e fu poi sepolto rapidamente nel fango.
Le alterazioni tafonomiche includono danni da calpestio, attacco fungino e compressione. In generale, gli uomini di quel tempo possedevano una ricca consapevolezza delle proprietà delle materie prime e possedevano sofisticate abilità nella lavorazione del legno e nell'uso degli strumenti in legno. Si ritiene che questi strumenti abbiano svolto una funzione nella caccia, con il cacciatore che lanciava questo "bastone aerodinamico" indicando potenziali strategie di caccia e un certo contesto sociale, come la caccia comunitaria che avrebbe potuto coinvolgere anche i bambini. I bastoni da lancio di Schöningen, in generale, potrebbero essere stati utilizzati per svantaggiare strategicamente i grandi ungulati, potenzialmente da distanze fino a 30 metri, ma erano anche in grado di catturare prede più piccole e veloci.
Ecco una breve panoramica delle varie fasi di lavorazione e altri punti interessanti:
-La presenza di un bastone a doppia punta suggerisce l'esistenza di un progetto ben definito e finemente rifinito.
-La lavorazione iniziava con la rimozione del ramo dell'albero, seguita dalla grossolana rimozione dei rami.
-Successivamente, venivano praticati tagli obliqui per facilitare la scortecciatura, seguita da raschiature e scortecciature complete della superficie.
-I nodi e gli attacchi dei rami venivano probabilmente distesi dopo la scortecciatura, seguiti dalla formazione di punte regolari per raddrizzare parzialmente la curvatura naturale del bastone.
-La fase finale consisteva nell'abrasione della superficie per migliorare la maneggevolezza e/o le prestazioni, insieme a una stagionatura controllata per evitare crepe e deformazioni e per indurire il legno.
-La superficie fine, le punte accuratamente sagomate e l'uso della lucidatura suggeriscono che si trattasse di una collezione personale di un individuo che utilizzava l'arma ripetutamente, occupandosi anche della sua manutenzione.
-A Schöningen sono state rinvenute almeno 12 armi da caccia in legno lungo la riva del lago per circa 120 m. Il numero di oggetti ritrovati indica che le armi non sono il risultato di un singolo episodio di caccia, ma di cacce ripetute. I bastoni a doppia punta potevano essere utilizzati sia per cacciare grossi animali che per uccidere uccelli o mammiferi di piccole dimensioni. Inoltre, le lance sono state trovate in siti "distanti" e isolati tra di loro, suggerendo che le armi potessero essere andate perdute tra le canne lungo la riva del lago.
"Questo è un Art Attack", ma la versione del Paleolitico medio.
Di recente è stato pubblicato un lavoro nel quale si afferma che 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙣𝙚𝙖𝙣𝙙𝙚𝙧𝙩𝙝𝙖𝙡𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨 utilizzasse materiali simil-colla per facilitare alcuni lavori di fabbricazione degli strumenti.
Non è una novità poiché già nel 2019 è stato pubblicato un lavoro simile. Vediamo i due lavori in questione.
2019. Su alcune spiagge olandesi sono stati trovati strumenti in selce incollati con altre parti attraverso una sostanza simile al catrame. Risalenti a circa 50.000 anni fa, in quel periodo 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙨𝙖𝙥𝙞𝙚𝙣𝙨 stava ancora cercando di insediarsi in Europa, quindi il candidato più plausibile associato a questi strumenti è 𝙃. 𝙣𝙚𝙖𝙣𝙙𝙚𝙧𝙩𝙝𝙖𝙡𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨, che era comunque capace di utilizzare strumenti relativamente complessi. È interessante osservare come questa "colla" abbia resistito nel corso del tempo, considerando che si tratta di uno strumento relativamente piccolo di circa 4 cm di lunghezza.
Attraverso alcune particolari tecniche basate sulla gascromatografia e la spettrometria di massa (GC/MS), è stato scoperto che si trattava di pece di betulla (𝘽𝙚𝙩𝙪𝙡𝙖 𝙨𝙥.) utilizzata per fissare l'utensile in selce ad un manico di legno. Molto probabilmente, questo metodo doveva rendere più efficiente l'impugnatura durante la caccia. Non si sa esattamente come sia stato realizzato questo strumento; ad esempio, si ipotizza che il pezzo fosse stato riscaldato in una sorta di "forno preistorico" prima di essere lavorato e spalmato sull'utensile, avvolgendo il pezzo nella corteccia. Inoltre, un lavoro di micro-computer grafica dimostra che l'applicazione della colla sulla superficie più ruvida della selce avrebbe migliorato l'aderenza con il manico.
Questo dimostra che il Neanderthal ha investito "tempo e risorse" (e soprattutto energie) nello sviluppo di una tecnologia per migliorare la vita quotidiana. Si tratta di una delle molte tecniche adottate dagli ominini nel Paleolitico Medio, sebbene si discosti dalle pratiche delle popolazioni africane moderne. In linea teorica, l'uso di tecnologie complesse dovrebbe dipendere dalle dimensioni del gruppo sociale, ma non è stato il caso dei Neanderthal, il che suggerisce che le dimensioni ridotte della popolazione e l'alta mobilità non hanno impedito loro di sviluppare e mantenere una tecnologia altamente sofisticata. Lo sviluppo e l'uso di tecnologie complesse, come la pece in questione, devono aver portato benefici in termini di adattamento evolutivo: all'aumentare della rigidità del clima, la complessità tecnologica aumenta (anche se non tutti gli archeologi preistorici concordano su questo punto). In sintesi, lo sviluppo e il mantenimento di tecnologie avanzate aiutano a mitigare i rischi ecologici, specialmente nel Paleolitico medio.
Il Neanderthal operava ai limiti della propria tolleranza ecologica, ovvero in un contesto in cui le risorse potevano esaurirsi facilmente. Pertanto, non solo erano parsimoniosi nell'utilizzo delle risorse, ma tutto era gestito in modo gerarchico, con un certo grado di specializzazione dei compiti (forse anche tra i sessi), caratterizzando così il Neanderthal per circa 150.000 anni. In altre parole, se le condizioni ambientali diventano difficili, non è necessario avere una popolazione di grandi dimensioni per sviluppare tecnologie complesse. Il Neanderthal era estremamente versatile.
Passando allo studio del 2024, emerge come l'uso di sostanze appiccicose, come ocra e resine di alberi, sia stato elaborato per ottenere una sostanza simile alla colla, analogamente a quanto visto con il catrame precedentemente menzionato. Gli adesivi in questione sono stati applicati a strumenti di tipo musteriano, ed è noto che già 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙨𝙖𝙥𝙞𝙚𝙣𝙨 africano utilizzasse sostanze naturali appiccicose e ocra per rendere più maneggevoli gli strumenti. Tuttavia, in questo caso, il Neanderthal sarebbe stato il primo ominino a utilizzare proprio l'ocra come collante. Questo perché gli strumenti ad alto contenuto di ocra presentano vantaggi in termini di rigidità e solidità.
I reperti in questione sono stati scoperti nel 1910 nel sito archeologico di Le Moustier, in Francia, e solo di recente sono stati studiati gli strumenti che contengono ocra e bitume. Inizialmente si pensava che una grande quantità di ocra e bitume essiccato potesse compromettere le qualità adesive, ma è stato scoperto, anche grazie a esperimenti pratici, che queste componenti formavano un ammasso modellabile, malleabile e appiccicoso in grado di far aderire gli strumenti in pietra ai manici. Il bitume in forma liquida veniva mischiato con l'ocra. Si stima che questi reperti abbiano un'età compresa tra i 40.000 e i 60.000 anni circa. La particolarità è che questa tecnica, inizialmente considerata tipica dell' 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙨𝙖𝙥𝙞𝙚𝙣𝙨 africano, potrebbe essere stata ereditata dall'antenato comune di Sapiens e Neanderthal o sviluppata indipendentemente (una sorta di convergenza evolutiva). Tuttavia, esistono alcune complicazioni da considerare, come accade spesso in questo ambito.
La volontà di investire più tempo e risorse in certi materiali rispetto ad altri potrebbe essere associata a motivazioni non strettamente funzionali. Il costo di produzione di questi strumenti era elevato poiché richiedeva l'utilizzo di bitume, selce e ocra provenienti da diverse fonti che non erano presenti nello stesso luogo di produzione. Ad esempio, la goethite si trovava a circa 50 km da Le Moustier, mentre i giacimenti petroliferi con affioramenti di bitume erano situati a oltre 200 km a sud di Le Moustier. Pertanto, la raccolta e la lavorazione di questi strumenti compositi richiedevano notevoli sforzi e tempo rispetto, ad esempio, alla produzione della simil-colla in catrame menzionata all'inizio dell'articolo.
Ciò implicherebbe che la scoperta di questi reperti sarebbe collegata a processi cognitivi ben sviluppati. Tuttavia, senza dati radiometrici precisi, non è possibile attribuire con certezza questi reperti al Neanderthal. Pertanto, si possono considerare due scenari:
Scenari legati al Sapiens:
Tra i 40.000 e i 60.000 anni fa, il Sapiens era già presente nell'Europa meridionale, quindi potrebbe essere giunto nella regione in tempi successivi. Inoltre, la nostra specie già utilizzava l'ocra come base per questi adesivi, poiché adesivi monocomponenti come quelli a base di catrame potrebbero non aver offerto un vantaggio significativo. Nella grotta di Mandrin, sempre in Francia, sono state trovate tracce di strumenti microlitici basati sull'hafting, un processo in cui un manico viene attaccato a un artefatto.
Scenari legati ai Neanderthal:
Nel caso in cui i reperti fossero associati al Neanderthal, potrebbe indicare che questa tecnica fosse basata sulla trasmissione culturale cumulativa delle tecniche all'interno della popolazione neanderthaliana. Ciò implicherebbe che il Neanderthal ha perfezionato nel tempo la tecnica di produzione di colle ed adesivi attraverso l'evoluzione delle trasmissioni culturali.
L'utilizzo dell'ocra potrebbe essere stata rivoluzionario in quanto risulta più efficace rispetto ad altri "riempitivi", poiché rende il bitume più rigido impedendo al collante di attaccarsi alla mano. Questo suggerirebbe che gli adesivi fossero utilizzati come manici direttamente attaccati agli strumenti di pietra, anziché per fissare gli strumenti di pietra ai manici.
Con ulteriori dati a disposizione in futuro, potremmo comprendere meglio il motivo per cui sono stati prodotti strumenti così complessi, dove gli ominini hanno investito tempo e sforzi nella produzione di adesivi composti che potrebbero avere un'utilizzo più simbolico che funzionale, evidenziando comunque le capacità cognitive ben sviluppate dei creatori.
Fonte immagine: Credit: D. Greinert, Staatliche Museen zu Berlin

 La scoperta di una sorta di proto-scrittura antica circa 20.000 anni potrebbe retrodatare il confine tra storia e preistoria

Lo so, sicuramente verrò criticato per la pubblicazione di quest'articolo, ma da quello che sono riuscito a leggere e a capire è uno studio molto valido, che offre molti spunti di riflessione. Gli autori dello studio sembrano aver identificato quelle che parrebbero essere delle antiche scritte, e ciò potrebbe retrodatare la nascita della scrittura di almeno 15.000 anni (la più antica parola scritta, fino a questo momento, era datata 5000 anni circa).
Non parliamo di certo di un vocabolario estremamente complesso in quanto si tratta di un insieme di simboli, caratterizzati dalla presenza di linee/barre ed asterischi, rinvenuti all'interno e all'esterno di alcune grotte, e su bastoni e strumenti litici. La spiegazione, secondo i ricercatori, è che questi simboli servissero per registrare o tenere sotto controllo le attività stagionali degli animali preferiti dall'uomo. Che quest'ultimo, incluso il Neanderthal, fosse in grado già decine di migliaia di anni fa di pensare in modo astratto, è ormai più che assodato come testimoniano le famosissime pitture rupestri distribuite tra Francia e Spagna, ricchissime di rappresentazioni "naturalistiche" accompagnate anche da simboli astratti.
Queste sequenze, come detto prima, acquisiscono un significato notazionale o numerico, infatti i ricercatori hanno provato in qualche modo a tradurre questa sorta di proto-scrittura. E' stata studiata una serie di 862 rappresentazioni di animali del Paleolitico Superiore, ed il primo risultato è che i simboli più diffusi sono: la linea/barra, il punto ed un simbolo che ricorda una "Y".
I ricercatori hanno provato proprio a tradurre questi 3 simboli ed hanno ipotizzato che il numero e la posizione di questi parrebbero essere associati agli animali da loro rappresentati, con lo scopo di annotare alcune informazioni relative o alla nascita o all'accoppiamento di questi animali, fondamentali per le popolazioni di cacciatori-raccoglitori del tempo. Insomma, è utile conoscere ed annotare quando una data specie migra, quando gli animali si accoppiano ed i periodi nei quali nascono i cuccioli.
E' stato stilato una sorta di catalogo di 862 associazioni di animali e sequenze, di cui 606 con una serie di punti e barre e 256 con una serie di punti e barre accompagnati dal simbolo Y. Dopo un primo e preliminare esame, i ricercatori si sono resi conto che tutte le sequenze contenevano non più di 13 segni. Successivamente, sono stati utilizzati metodi statistici che hanno permesso di esaminare le associazioni tra animali e sequenze, confrontando i risultati con i modelli migratori e con quelli relativi alle nascite e agli accoppiamenti.
Questo è il risultato:
- i semplici punti e le barre/linee simboleggiavano il mese sinodico (mese lunare) dopo l'inizio della primavera, periodo nel quale molti animali si accoppiavano;
- il tratto a forma di "Y" simboleggia l'inizio della stagione della nascita delle specie.
Naturalmente, gli autori dello studio sono i primi a mettere le mani avanti dicendo che tutti questi simboli non costituiscono una vera e propria parola scritta, ma sicuramente costituiscono una sorta di fase preliminare che precede la nascita della scrittura vera e propria.
Infatti, affermano che è meglio descrivere tutto ciò come se fosse una sorta di sistema di proto-scrittura, oltre al fatto che i simboli non necessariamente potrebbero (solo) indicare le attività biologiche degli animali, ma potrebbero aver assunto (anche) un significato diverso in base ai propri creatori. E' uno studio preliminare, e sicuramente lo studio di altri simboli e segni chiariranno un po' questa situazione. Magari si tratta di una piccola parte di un vasto proto-vocabolario paleolitico che ancora non conosciamo.

Quello che vedete nella foto è un osso inciso di un orso, che si rivela essere la più antica espressione culturale del Neanderthal.

L'osso, risalente a 130.000-115.000 anni fa, è stato scoperto nella grotta di Dziadowa Skała, in Polonia. La sua particolarità risiede nelle 17 righe o incisioni presenti, rendendo questo reperto un oggetto simbolico e il più antico in Europa.
Si tratta di un osso della zampa anteriore di un orso. Attraverso tecniche di microscopia e tomografia a raggi X, è emerso che questi segni sono ordinati ed organizzati, e non lasciati casualmente. Non si tratta nemmeno di segni di taglio o di macellazione, ma sono stati lasciati intenzionalmente mediante il ripetuto movimento unidirezionale di uno strumento in selce ritoccato, forse un coltello bifacciale. Sono stati fabbricati in una sola seduta da una persona destrimane, utilizzando una tecnica in cui il movimento era diretto verso sé stessi.
Ciò che impressiona i ricercatori è che, come accennato in precedenza, queste incisioni non sono state lasciate durante il processo di macellazione. Le morfologie delle incisioni sono definite e ripetute in serie, presentano in linea di massima la stessa struttura e forma, e c'è un numero specifico di incisioni confinate in un'area determinata e distanziate in modo coerente.
Tutti i caratteri sull'osso costituiscono un insieme ordinato di tracce, dimostrando l'intenzionalità e l'organizzazione sistematica del processo di incisione.
I segni sono regolarmente paralleli, stretti con piccoli spazi tra di loro, e la profondità massima è simile a quella di altre incisioni rinvenute in altri siti, indicando l'esistenza di una tecnica di base simile tra le varie popolazioni paleolitiche neanderthaliane.
Questo potrebbe rappresentare uno strumento simbolico, una sorta di "abbellimento" del reperto, o una notazione numerica, come suggerito dall'osso di Les Pradelles. L'autore di uno studio ha affermato che le incisioni erano anomale e non riflettevano una sorta di forma d'arte, ma svolgevano un ruolo più funzionale, codificando informazioni numeriche. La ripetizione delle incisioni potrebbe essere collegata alle regole di trasferimento delle informazioni, confermando così l'importanza dell'orso nell'economia del Neanderthal.
Fonte: Tomasz Płonka, Andrzej Wiśniewski, Adrian Marciszak, Grzegorz Ziółkowski, Grzegorz Lipecki, Marcin Diakowski, Kamil Serwatka, A Middle Palaeolithic incised bear bone from the Dziadowa Skała Cave, Poland: the oldest marked object north of the Carpathian Mountains, Journal of Archaeological Science, Volume 166, 2024, 105971, ISSN 0305-4403
Fonte immagine: T. Gąsior / Journal of Archaeological Science

L'arte rupestre già 40.000 anni fa circa era (in parte) influenzata dal fenomeno visivo della pareidolia.
Questo fenomeno è molto importante perché, il più delle volte, il nostro cervello associa ombre o figure a qualcosa di noto, come per esempio un volto. Qui la situazione è leggermente diversa perché sono stati rinvenuti alcuni dipinti che raffigurano animali in alcune grotte nel nord della Penisola Iberica e sono caratterizzati da figure semplici, coadiuvate da crepe e curve.
Sono stati utilizzati software per replicare le fonti di luce utilizzate dai paleoartisti (fuoco o da piccole torce) e capire un po' la dinamica artistica dei siti.
Il risultato è che oltre il 50% delle raffigurazioni mostra una forte relazione con le caratteristiche naturali della grotta. Erano semplici e prive di dettagli come capelli od occhi, e ciò suggerisce che la pareidolia guidasse in parte gli artisti. Per esempio, i bordi curvi della parete della grotta venivano usati per rappresentare il dorso di animali come i cavalli, mentre le fessure venivano usate per rappresentare le corna di bisonti o di altri bovidi.
I dettagli comunque indicano che l'80-83% delle pitture di Las Monedas e Las Pasiega posseggono una relazione diretta con le caratteristiche topografiche della grotta. Si tratta, come detto prima, di uno stile relativamente semplice, come se i paleoartisti non avessero aggiunto volutamente dei dettagli. Magari rispecchiava il movimento artistico dell'epoca e di quella data regione.
Per esempio, per La Pasiega, le zampe posteriori degli snimali sono spesso raffigurate rappresentando solo la testa e la linea dorsale dell'animale, caratteristica tipica delle raffigurazioni delle zampe posteriori nel tardo Solutreano della Spagna settentrionale.
A questo punto, gli autori parlano di una sorta di "collaborazione" tra grotta e l'artista, con la pareidolia che assume ruoli diversi in base al contesto. Poteva essere Dominante, quando la pareidolia era il fattore dominante che influenzava le rappresentazioni figurative. In parole povere, si dipingeva seguendo esclusivamente i tratti topografici della grotta; assumeva un ruolo Collaborativo quando la pareidolia giocava un ruolo importante, ma parziale, assieme all'intenzionalità dell'artista. In parole povere, quest'ultimo si aiutava con le curve o le fessure della grotta, ma andava un po' oltre aggiungendo altri dettagli o particolari (intenzionalità); Infine, poteva svolgere un ruolo Passivo: la pareidolia in questo caso era quasi ininfluente, con l'artista che dava completamente sfogo alla sua creatività.
Questo, però, non vuol dire che tutte le immagini fossero completamente guidate da questo fenomeno, ma che anche in parte gli artisti abbiano sfruttato fessure o bordi naturali come base per la loro creatività. È un processo ricco di sfumature, con la grotta che aveva il potenziale di esercitare una forte influenza sulla forma e il posizionamento delle raffigurazioni.
Fonte: Wisher, I., Pettitt, P., & Kentridge, R. (2023). Conversations with Caves: The Role of Pareidolia in the Upper Palaeolithic Figurative Art of Las Monedas and La Pasiega (Cantabria, Spain). Cambridge Archaeological Journal, 1-24.

Anche i nostri cugini Neanderthal sapevano contare?
Avevo letto qualche giorno fa l'articolo uscito su Nature dove alcuni post, erroneamente, indicavano come risultato della ricerca "l'invenzione" dei numeri da parte dei nostri più antichi cugini.
Diciamo che il risultato è leggermente, ma proprio leggermente diverso.
Ma incominciamo ad analizzare la scoperta. È stato trovato un femore di iena negli anni '70 nel sito di Les Pradelles, datato 60.000 anni circa ed intagliato da un Neanderthal, con incise 9 tacche parallele, più o meno.
Francesco d'Errico, uno degli autori della ricerca e ricercatore dell'Università di Bordeaux, che ha esaminato in carriera molti manufatti intagliati, indica che effettivamente queste incisioni sono anomale e che non rispecchierebbero una sorta di forma d'arte(ricordo che anche i Neanderthal erano artisti come i Sapiens) ma svolgerebbero un ruolo più funzionale, cioè 'codificare informazioni numeriche'.
Magari quel Neanderthal contava le prede cacciate, i giorni che passavano, o il numero delle donne sapiens che ha conquistato, non si sa e forse non lo sapremo mai. Ma si sa solo che se questa informazione dovesse essere corretta, indicherebbe che i Neanderthal sapessero contare come un sapiens, e toglierebbe questo ennesimo primato(?) alla nostra specie.
Ma il sapiens deve stare tranquillo. Non è nemmeno una prerogativa del nostro genere in quanto anche alcuni taxa, nel mondo animale come pesci, uccelli e mammiferi, sono capaci di "quantificare". In modo semplice, certo, magari non sapranno le prime 1000 cifre del p-greco, ma ne sono capaci.

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