lunedì 19 dicembre 2022

Pesce cotto 780 mila anni fa circa, il Neanderthal non disdegnava i vegetali, Homo naledi probabilmente utilizzava il fuoco per varie funzioni e altri piccoli approfondimenti



LA STRANA CONFERENZA DI LEE BERGER
Homo naledi probabilmente cuoceva ed utilizzava il fuoco per altre funzioni
Partiamo da un presupposto: questi dati sono stati forniti da Lee Berger, scopritore della specie Homo naledi, pertanto i dati che riporterò sono stati estratti dalla conferenza del Professore tenutasi alla University of the Witwatersrand.
Anche H. naledi era a conoscenza del fuoco. Già questa, a parer mio, è una 'normale' notizia in quanto sono state sempre rinvenute tracce di fuoco associate alle varie specie umane (tranne per specie arcaiche come Homo habilis e Homo rudolfensis). Il fuoco incominciò ad essere "domato" con la specie Homo erectus almeno 1.5 milioni di anni fa, e la specie Homo naledi è relativamente recente in quanto visse tra i 335.000 e 236.000 anni fa circa, quindi ormai il fuoco era già parte integrante del repertorio culturale umano. Ma ci vuole sempre una conferma per tutto e non dare mai nulla per scontato nel mondo scientifico e, soprattutto, nel mondo della paleontologia (soprattutto umana).
In questo caso forse qualche dubbio poteva essere più che giustificato visto che parliamo di una specie abbastanza particolare e atipica, infatti possiede un mix di caratteristiche tipiche sia delle australopitecine che del genere Homo.
Non è una ricerca, quindi è probabile che quando avremo i dati in mano ci sarà molto da discutere. In questa conferenza, il Paleontologo Lee Berger afferma che H. naledi usasse il fuoco per cuocere il cibo e per "orientarsi al buio". Sinceramente, quest'ultima parte non mi sembra una notizia chissà quanto spettacolare in quanto l'utilizzo primario del fuoco, sin dalla "domesticazione" da parte di H. erectus, è proprio quella di tenere i predatori lontani, di illuminare tanto da permettere agli uomini di socializzare.
A detta di Berger, il Sudafrica offre una moltitudine di prove a sostegno di questa tesi:
-Focolari giganti;
-Pezzi di carbone macroscopici;
-Migliaia di ossa bruciate;
-Argilla cotta (questo è davvero interessante).
Ma in questa conferenza, Berger si sofferma anche su una questione controversa: secondo lui e il suo team, H. naledi utilizzava il fuoco per muoversi all'interno degli stretti tunnel del complesso delle Rising Star Cave. Questo perché si pensava fino ad un paio di anni fa che il posizionamento degli scheletri in queste profonde grotte fosse volontario, tanto da considerare queste grotte come una sorta di grande cimitero. Ma i dati geologici, tafonomici e sedimentari smentiscono un seppellimento volontario (vi parlo di questa ricerca negli approfondimenti).
In un certo senso il ragionamento fila, perché i passaggi sono stretti e completamente al buio, e solo con grande destrezza e leggiadria si possono attraversare fessure larghe appena 17,5 cm.
Quindi, non è così facile passeggiare in questi cunicoli, tanto che solo 47 persone nell'ultimo decennio ci sono riuscite. Ci è riuscito anche Lee berger nonostante sia alto 188 cm, e dopo aver perso anche un bel po' di kg grazie ad un'adeguata preparazione. Berger afferma che nella camera Dinaledi (Dinaledi chamber) vi siano zone annerite e particelle di fuliggine. Un suo collega, Keneiloe Molopyane, intanto che Berger ammirava il tetto della grotta annerito, scoprì svariati grandi focolari mentre, nella camera Lesedi, Berger trovò un mucchio di robe bruciate, come accennato prima.
La cosa interessante è la struttura di questo "accampamento sotterraneo", in quanto sembra esserci uno spazio adibito all'eliminazione del materiale di scarto, mentre gli spazi adiacenti sono adibiti alla cottura.
Questo, secondo Berger, spiegherebbe come mai H. naledi si sia avventurato in questi pericolosissimi cunicoli, e allo stesso tempo spiegherebbe la presenza di corpi trasportati in questi spazi. Anche se questa rimane una questione aperta in quanto non tutti concordano sulla sepoltura volontaria.
Naturalmente, il tutto spiegato in questa maniera sembra fighissimo, ma allo stesso tempo questa risulta essere una "non notizia" proprio perché mancano molti dati in merito, come la datazione dei carboni. In un certo senso è anche sbagliato fare una dichiarazione del genere perché, volente o nolente, ora si è creato un grosso "hype", come quando si aspetta per tanto tempo un film per poi rimanere delusi alla fine. Spero non sia così, soprattutto perché i dati vanno mostrati e fino ad allora tutto ciò sarà solo una mera questione da bar.

Inoltre, tutto il discorso sembra girare su alcuni punti:

-Si sottolinea più volte la grandezza del cervello (o meglio, la capacità cranica), come se fosse l'indicatore principale delle capacità cognitive di un primate e di un mammifero. Pensavo fosse un concetto superato, ma a quanto pare quando si parla di primati si tende ancora a fare una distinzione in base alla capacità cranica. Questo studio, però, potrebbe effettivamente eliminare questo muro tra i primati non umani e i primati umani/ominini;

-la comparsa della cottura del fuoco, come indicato dal paragrafo che tratteremo tra poco, è molto più antica di quanto ipotizzato, quindi la "cultura del fuoco e del suo utilizzo" è stata probabilmente tramandata a tutte (o quasi) le specie del genere Homo, come anche altre pratiche. Ciò spodesterebbe Homo sapiens e Homo neanderthalensis come 'unici possessori di conoscenze complesse' per via della capacità cranica. Questo, in realtà, potrebbe creare qualche problema dal punto di vista antropocentrico, perché renderebbe ancora "meno speciale" la nostra specie, ma non è assolutamente un problema dal punto di vista scientifico (anzi, forse ci ridimensioneremo un pochino).

Approfondimento
Qual è il confine che divide l'uomo dagli altri primati?
Studiando l'evoluzione umana si capisce quanto non siamo tanto diversi da tutti i nostri cugini primati in quanto condividiamo tante caratteristiche anatomiche e biologiche, come la capacità di maneggiare oggetti.
Ma, come ben sappiamo, noi ci distinguiamo per un tratto davvero particolare: sappiamo progettare oltre a maneggiare.
Arbitrariamente noi facciamo partire la nostra effettiva storia da Homo habilis, documentato in Africa 2 milioni di anni fa circa dove non è nemmeno certo che si trattasse di un'unica specie.
La particolarità non sta nei resti ossei fossilizzati che ritroviamo, ma negli oggetti che si trovano con questi resti, relativamente sofisticati, che fa capire che erano in grado di progettare e realizzare.
Ma gli altri primati sono capaci di progettare nonostante siano dotati di un'intelligenza straordinaria?
Prima di poter dare una risposta, dobbiamo far la conoscenza dello psicologo sperimentale Wolfang Köhler(1887-1967) e del suo scimpanzé preferito, Sultan.
Wolfang condusse esperimenti comportamentali sugli scimpanzé per vedere come si comportavano davanti ad un problema inatteso.
Sultan era molto bravo e dotato quando si trattava di raggiungere una banana appesa in alto utilizzando qualsiasi oggetto maneggevole nelle vicinanze.
Imparò da solo a usare un bastone e, se la banana si trovava ancora più in alto, riusciva ad incastrare due bastoni, uno sull'altro, per raggiungerla.
Se nelle vicinanze non ha a disposizione un bastone, ma un piccolo tronco pieno di rametti, Sultan spezza i rametti fino a quando non avrà un bastone funzionale.
Cosa succede quando i rami sono molto grossi da non potersi spezzare?
In quel caso Sultan non è in grado di spezzare i rami con le mani.
In molte occasioni Köhler gli ha offerto un sasso appuntito con il quale potrebbe farcela ma Sultan non ci arriva, non concepisce che con un attrezzo può costruirsi un altro attrezzo, non concepisce che con un sasso appuntito potrebbe tranquillamente tagliare via i rametti.
Provò inutilmente a sbarazzarsi dei rametti con le mani, quasi con rabbia, innervosendosi fino a rinunciare alla raccolta della banana.
Il genere Homo lo facciamo comparire nel momento in cui questo limite, il Limite Sultan(così battezzato dall'etologo Danilo Mainardi), viene superato. La prova sono proprio i resti archeologici associati ad Homo habilis che troviamo assieme ai fossili, rocce appuntite che vengono scalfite da altre rocce.
Questa scalfitura si chiama Industria olduvaiana in quanto i primi resti archeologici che presentano questa tecnica sono stati trovati nella Gola di Olduvai, in Tanzania. È la tecnica più semplice per scheggiare una pietra con un'altra pietra per renderla appuntita.
Nel corso dei seguenti 2 milioni di anni vedremo tante altre tecniche sempre più sofisticate ma, con gli oggetti forgiati da Homo habilis, incomincia l'età della pietra e la straordinaria storia dell'uomo, la nostra storia, la storia dei primi primati capaci di progettare. Ma rimane un problema. Questo limite è applicabile? Esiste un confine netto? La risposta è no, anche e soprattutto perché sono stati rinvenuti utensili, denominati "pre-modo 0", associati ad australopitecine, ma rimane comunque un discorso molto aperto.


Approfondimento Il cranio di un bambino nalediano indica un trasporto naturale
Da poco è stato scoperto un cranio di un bambino, di sesso sconosciuto appartenente ad Homo naledi, una specie estinta vissuta tra i 335.000 e i 236.000 anni fa ritrovata per la prima volta nel 2013 nella caverna Dinaledi Chamber, che dà il nome alla specie e facente parte del complesso delle Rising Star cave, in Sudafrica.
L'individuo in questione è stato trovato in un'altra grotta facente parte sempre dello stesso complesso, e venne rinominato "Leti". Visse 250.000 anni fa circa, e al momento della morte aveva tra i 4 e i 6 anni d'età.
Il cranio parziale è stato ricostruito grazie ai 28 frammenti e ai 6 denti, con la morfologia di quest'ultimi che ha permesso l'attribuzione a Homo naledi risultando essere il primo individuo immaturo, giovanile, della specie. La scoperta di un individuo giovanile, permette ai ricercatori di poter fare studi ontogenetici più approfonditi, cioè vedere come le varie caratteristiche cambiano/sono cambiate durante la crescita dell'individuo fino alla fase adulta.
Il secondo punto della situazione, quello più soggettivo e a tratti controverso, è che alcuni ricercatori pensano che il bambino sia stato depositato lì volontariamente. Come suggerisce lo stretto passaggio di appena 15 cm dove sono stati individuati i resti. L'ipotesi che questo complesso fungesse da luogo di sepoltura, o comunque di collocazione del defunto, non è nuova in quanto già dal rinvenimento dei primi individui di Homo naledi si pensò che una sepoltura del genere potesse essere volontaria.
Non tutti sono d'accordo, giustamente. Questo perché il complesso delle Rising Star Cave si estende per 80 metri dall'ingresso con una profondità di quasi 1500 metri. È un labirinto geologico, ed i primi 1500 reperti attribuiti a 15 individui della specie, sono stati rinvenuti isolati da qualsiasi altro resto fossile associabile a qualsiasi tipo di fauna, escludendo un trasporto ad opera di predatori. Tra l'altro, è stato difficile anche per il team del paleontologo Lee Berger addentrarsi in questi cunicoli, tant'è che vennero ingaggiate speleologhe minute fisicamente per addentrarsi in questo labirinto geologico.
Vi è stata deposizione superficiale del sedimento e dei resti fossili, con successiva rideposizione da parte dell'acqua, proprio come è possibile notare dal pavimento della caverna.
Trovare singoli resti di una specie, soprattutto se appartenente al genere Homo, non indica necessariamente una deposizione intenzionale in quanto è possibile che altro materiale osseo e/o organico non si sia preservato durante i processi tafonomici.
D'altronde, questa esigenza di retrodatare il "seppellimento volontario" è dovuto a molti fattori:
-è una specie che non è direttamente collegata filogeneticamente alla nostra specie, a dire il vero è ancora difficile trovarne una collocazione all'interno del cespuglio umano, e questo permetterebbe di considerare altre specie 'capaci', oltre al Sapiens e al Neanderthal, di pensare in modo astratto. Non che sia impossibile, ma ci vogliono comunque prove oggettive a sostegno di ciò, infatti i primi ritrovamenti di sepoltura sono associati al Neanderthal, e poi al Sapiens seppur con modalità molto diverse;
-questa specie è un mix di caratteristiche morfologiche. Per esempio, la morfologia cranica è attribuibile al genere Homo, mentre la capacità cranica è estremamente ridotta rispetto alle altre specie 'umane' che abitavano la terra in quel periodo(si stima una capacità cranica di circa 560 cc, simile a quella di un'austalopitecina). Oppure, la mano presenta un pollice allungato che supera l'attaccatura delle falangi, tipico della nostra specie, eppure presenta profonde inserzioni muscolari che indicano una 'forte presa'. Forse, Homo naledi era capace di arrampicarsi, presentando comunque caratteristiche tipiche di un organismo insulare. Retrodatare questo tipo di "comportamento", o adattamento, soprattutto assegnarlo ad una specie molto diversa dalla nostra o al Neanderthal, molto più affine a noi, significherebbe guardare con occhi diversi anche le specie meno derivate e più arcaiche con occhi diversi.
Ma, tralasciando questi punti, i dati geologici indicano che il trasporto non è stato intenzionale, soprattutto perché nella grotta di Lesedi sono stati trovati piccoli roditori e carnivori che in qualche modo devono essere pur arrivati lì.



LA CUCINA A BASE DI VEGETALI DEL NEANDERTHAL    
Ci sono tanti luoghi comuni che caratterizzano il Neanderthal, come per esempio "si nutriva praticamente solo di carne/carne cruda". Dal punto di vista biologico, il Neanderthal era capace di digerire meglio la carne cruda rispetto al Sapiens, ma le recenti scoperte indicano che non era per niente male quando si trattava di cucinare alimenti diversi dalla carne (si nutriva anche di organismi marini). Oltre a conoscere e ad utilizzare alcune piante in ambito "medico", per lenire le ferite o il dolore dovuto a qualche trauma, il Neanderthal conosceva ed utilizzava piante anche a scopi alimentari. Ciò indica una conoscenza profonda da parte del Neanderthal del territorio in cui viveva.
Nelle grotte paleolitiche di Franchthi (Grecia) e Shanidar (Kurdistan), sono state rinvenute tracce di cibo vegetale carbonizzato, che rappresentano una prova concreta dell'uso di alimenti vegetali, soprattutto perché fino a qualche tempo fa sono stati pochi i siti a restituire resti vegetali carbonizzati.
L'esame microscopico dei resti rivela che l'ingrediente comune di questi pasti cotti erano legumi "passati" (forse meglio dire "elaborati", anche perché non mi viene in mente un termine adatto), e secondo gli autori le piante con gusti amari e 'astringenti' erano gli ingredienti chiave delle cucine paleolitiche nel Mediterraneo orientale e nel sud-ovest asiatico.
Lo studio, in sostanza, restituisce anche altri risultati:
-L'uso delle piante nel Paleolitico si basava regolarmente su tuberi ed erbe ricchi di amido;
-Le piante amare ed astringenti erano potenzialmente tossiche, e ciò indica una profonda conoscenza botanica da parte del Neanderthal;
-Conosceva ed attuava strategie di gestione delle risorse;
-Sembra che queste tecniche e conoscenze non si svilupparono in seguito ad una crisi climatico-ambientale, ma sembrano essersi sviluppate indipendentemente (e in regioni diverse, come indicato prima) dalle fluttuazioni del foraggio e delle prede dovute alle condizioni climatiche. Sostanzialmente, sceglievano loro cosa mangiare tra "carne terrestre e marina" e cibi che non derivavano da animali;
Le scelte alimentari e le pratiche della preparazione sono tradizionalmente associate ad una intensificazione dell'uso delle risorse vegetali in seguito ad un periodo di "miglioramento climatico" (quello post-glaciale, per intenderci), legato alla transizione Mesolitico-Neolitico (Pleistocene-Olocene), e di conseguenza legato all'origine dell'agricoltura. Questa scoperta indica che la conoscenza del mondo delle piante e del loro utilizzo, da parte dell'uomo, precede le prime le prime testimonianze della coltivazione delle piante di diverse decine di migliaia di anni.

Approfondimento
Prima si pensava che tra le specie umane Homo sapiens fosse l'unica ad avere anche una 'dieta marinara'.
Ma questa ricerca ha indicato che questo tipo di dieta non era estranea a Homo neanderthalensis.
Resti di cibi 'marini', infatti, sono stati trovati nella grotta di Figueira Brava, sulla costa atlantica del Portogallo. Si tratta di cozze, vongole, granchi, cefali e orate datate tra i 100.000 e 90.000 anni fa circa che rivoluzionano l'immagine che avevamo sui Neanderthal: non erano solo 'cacciatori di selvaggina' e abitavano lungo gli insediamenti costieri, proprio come il Sapiens.
Questa scoperta indica, inoltre, che la dieta del Neanderthal era quindi ricca di Omega 3 e di acidi grassi che favoriscono un buon sviluppo del cervello.




PESCE COTTO 780.000 ANNI FA CIRCA
Che il fuoco sia stato padroneggiato dalla specie 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙚𝙧𝙚𝙘𝙩𝙪𝙨 non è un segreto in quanto esistono numerose tracce di focolari, e di tracce di resti organici bruciati (sia animali che vegetali), ma fino ora non sono mai stati trovati resti di cottura intenzionale se non in tempi un pochino più recenti. Infatti, questa pratica, o meglio quest'attenzione verso la cottura del cibo, era associata solamente alle specie 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙨𝙖𝙥𝙞𝙚𝙣𝙨 ed 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙣𝙚𝙖𝙣𝙙𝙚𝙧𝙩𝙝𝙖𝙡𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨 e risalenti, quindi, a circa 200.000 anni fa. Questa scoperta, quindi, retrodata questa pratica di 600.000 anni
La comparsa della cottura intenzionale non era del tutto chiara in quanto fino a questo momento, in quanto si ipotizzava che questa pratica fosse comunque antica almeno quanto la scoperta del fuoco stesso (anche perché la cottura dei cibi ha svolto un ruolo importante per la sopravvivenza del nostro genere, anche e soprattutto dal punto di vista sociale).
Nel sito del Pleistocene medio di Gesher Benot Ya'aqov, Israele, sono stati rinvenuti più di 40.000 resti di pesci d'acqua dolce e resti di focolare datati 780 mila anni circa. Non si tratta di alimenti bruciati, come quelli rinvenuti negli antichi focolari associati ad 𝙃. 𝙚𝙧𝙚𝙘𝙩𝙪𝙨, e ciò è stato confermato dagli studi tafonomici del sito.
Sostanzialmente, sono state analizzate le "lische"(fishbone) dei pesci legati al sito e confrontate con quelle di altri pesci rinvenute in altri strati sedimentari non associati a focolari. Le lische associate al sito mostrano una scarsa ricchezza di specie ittiche, con la preferenza di due specie: 𝙇𝙪𝙘𝙞𝙤𝙗𝙖𝙧𝙗𝙪𝙨 𝙡𝙤𝙣𝙜𝙞𝙘𝙚𝙥𝙨 e 𝘾𝙖𝙧𝙖𝙨𝙤𝙗𝙖𝙧𝙗𝙪𝙨 𝙘𝙖𝙣𝙞𝙨 In proporzione, poi, a livello numerico le lische erano poche a differenza dei denti faringei che erano assocciati a focolari "fantasma" ( riconosciuti grazie alla presenza di gruppi di microartefatti e di selce bruciata).
Attraverso un'analisi mediante diffrazione di raggi X, è stato possibile capire che questi denti sono stati esposti a basse temperature (<500°C), indicando che i pesci associati al focolare vennero consumati (e cucinati) in loco.
Quindi, in parole povere, questo studio ci restituisce un bel po' di informazioni interessanti:
-La cottura era controllata, questo perché la bruciatura non intenzionale di un alimento avviene a temperature più alte. Quindi, non vi era un'esposizione diretta dell'alimento alle fiamme;
-La cottura in questo sito non è sperimentale, ed è il frutto di continui accorgimenti che hanno perfezionato ed affinato questa tecnica. Ciò suggerisce che la comparsa della cottura potrebbe essere anche più antica;
-Non sono stati trovati reperti ossei umani, e non è chiaro se queste tracce appartengano a 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙝𝙚𝙞𝙙𝙚𝙡𝙗𝙚𝙧𝙜𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨 o ad 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙚𝙧𝙚𝙘𝙩𝙪𝙨. La datazione in questo contesto non aiuta molto;
-I pesci pescati sono sostanzialmente "barbi giganti" che potevano raggiungere i 2 metri di lunghezza. Questo fa capire che anche la pratica della pesca è antica e che le tecniche di pesca per pesci di grandi dimensioni doveva essere anch'essa abbastanza affinata.


Bibliografia

-Kabukcu, C., Hunt, C., Hill, E., Pomeroy, E., Reynolds, T., Barker, G., & Asouti, E. (2022). Cooking in caves: Palaeolithic carbonised plant food remains from Franchthi and Shanidar. Antiquity, 1-17



Non riesco a citare la pubblicazione sul bambino nalediano, pertanto vi lascio direttamente il link (clicca qui)





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