mercoledì 14 giugno 2023

Paleobiogeografia: introduzione ed il concetto di 'insularità'

Per capire il concetto di insularità e di 'nanismo', non si può non parlare di una branca della paleontologia molto affascinante e importante: la paleobiogeografia. In sostanza, è una branca parallela a quella della Biogeografia. Quest'ultima studia la distribuzione nello spazio e nel tempo degli organismi viventi (e i fattori che causano ciò). Indaga, quindi, lo sviluppo, l'estensione e l'avvicendamento nel tempo degli areali delle specie (naturalmente, ne studia anche la sovrapposizione). 


La Paleobiogeografia è una disciplina simile, ma i protagonisti sono i fossili e di conseguenza i dati a nostra disposizione sono il più delle volte incompleti, quindi studia la distribuzione geografica degli antichi esseri viventi. E' una scienza complessa perché sappiamo dove è stato rinvenuto un dato fossile di una data specie, ma non sappiamo come e dove questa specie si è sviluppata (cosa possibile attraverso il rinvenimento di altri fossili appartenenti alla medesima specie). Quindi, si studiano le relazioni dal punto di vista evolutivo delle specie, si studiano come le barriere geografiche cambiano nel corso del tempo (come mari o catene montuose), e le variazioni climatiche ed ecologiche che si sono succedute nel corso del tempo. 

Incominciamo a vedere qualche concetto importante.
Areale. Lo abbiamo citato prima, è un concetto importantissimo in Ecologia ed è, sostanzialmente, la base da cui iniziare per l'indagine biogeografica. Si tratta di una porzione di spazio geografico nella quale è possibile trovare una data specie in un certo intervallo di tempo. Tutto questo viene rappresentato attraverso una mappa nella quale si inseriscono coordinate, o punti, che rappresentano la distribuzione della specie. 

Per definire meglio questo concetto, bisogna in qualche modo citare e distinguere due "visioni", o metodi di studio:
  • Visione Diacrona. La specie viene considerata come una sorta di 'unità di misura' dotata di spazio (quindi, di coordinate geografiche). Si descrive, in parole povere, la posizione dello spazio nel quale è possibile trovare la specie. Lo spazio/areale si sviluppa con la specie che lo occupa (e si estingue assieme ad essa);
  • Visione Sincrona. Qui si prende in considerazione solamente la presenza o l'assenza di una data specie in un dato ecosistema (es. per indicare la presenza o assenza di uccelli migratori);

In Paleontologia dobbiamo affidarci ad una visione Sincrona in quanto sono i fossili di una data specie a stabilirne l'areale. Se trovo un fossile in Italia, ed uno in Germania, possiamo in qualche modo tracciare l'antico areale in una specie estinta tra questi due stati (tenendo conto dei cambiamenti geografici avvenuti nel tempo). Naturalmente, più fossili si trovano e maggiore sarà l'accuratezza ma, come ben sapete, non sempre la zona in cui trovo i fossili è quella dove vissero (i resti ossei possono essere trasportati attraverso fattori biotici, come i carnivori, o da fattori abiotici come l'acqua). In generale, e anche a livello teorico, si considera un range temporale di 1-2 milioni di anni per indicare la durata di una specie, quindi si parte anche da questo presupposto quando scarseggiano i fossili. La presenza di una specie mi fornisce, quindi, un "marker temporale".

Ma l'areale è un'unità estremamente variabile e può cambiare nel corso del tempo, oppure variare ciclicamente (stagioni). Quindi, l'areale di una specie può subire riduzioni, spostamenti, può frammentarsi e subire una miriade di modifiche prima di scomparire con l'estinzione della specie. 

In sostanza, con l'areale possiamo:
  • studiare e ricostruire i movimenti di una popolazione (o parte di essa) dal punto di vista geografico (che possono essere casuali o non casuali);

  • studiarne i limiti, quindi capire lo stato di salute di una data popolazione: qual è l'apporto di individui nella zona centrale (in generale, i limiti sono occupati da individui non riproduttivi);

  • studiare le variazioni climatiche sia a livello locale che globale (umidità, temperatura, ecc.), proprio perché il clima determina l'estensione e la forma dell'areale. La temperatura con le sue oscillazioni è responsabile della distribuzione degli organismi nello spazio. 
Regola di Rapoport. Beh, ora le cose si fanno un po' più interessanti. Questa regola definisce il rapporto tra le dimensioni dell'areale e la latitudine. In parole povere, più ci si avvicina all'Equatore e più diminuisce l'area di distribuzione della singola specie (questo perché aumenta il numero delle specie). Più ci si avvicina ai poli, e più troveremo un numero di specie minore rispetto all'equatore ma caratterizzati da un areale più ampio. 

Quindi, la stabilità e la diversità di una specie dipende dal tipo di ambiente, dal numero e dalla quantità delle risorse. Se un ambiente è estremo, o comunque "difficile", troverò con maggiore possibilità specie specializzate in un dato contesto ambientale che si espanderanno in pratica ovunque. Verso l'Equatore, invece, ci sono risorse per tutti, quindi ci sono tante specie e gli areali sono in genere più ristretti. 

La distribuzione dei fossili è molto limitante, in quanto molti aspetti si perdono con la fossilizzazione (a differenza degli organismi viventi) e gli organismi che fossilizzano sono pochi rispetto al numero reale degli esseri viventi che vissero nel passato. A questo punto, per studiare quando, e come, le specie si sono evolute, e dove si sono spostate nel corso del tempo, devo necessariamente applicare 2 modelli conosciuti come Processi Attivi e Processi Passivi.

Processi Attivi. Viene utilizzato quando si ha a che fare con un livello tassonomico basso, quindi quando consideriamo vari generi, o gruppi di specie, e ci aiuta a capire il fenomeno delle migrazioni o dello spostamento di un gruppo in zone differenti. Analizziamo brevemente alcuni concetti che hanno a che fare con questo modello:
  • Diffusione. E' il primo processo attivo che avviene in seguito allo spostamento di una specie, ed è dovuto all'incremento demografico. In parole povere, più aumenta il numero di individui di una data specie e maggiore sarà l'espansione dell'areale 'originario';

  • Dispersione. Da non confondere con il processo precedente, in quanto indica lo spostamento dei taxa che si stanno studiando. In parole povere, la specie si muove (attivamente) in zone che non appartengono all'areale d'origine,

Questi processi attivi sono aiutati da vere e proprie "strade" naturali, che mettono in collegamento terre che in genere non sono direttamente collegate. Queste strade possono essere aperte a tutte le specie, oppure essere selettive verso certi gruppi, ma permettono comunque il passaggio della fauna da un luogo ad un altro. Per esempio, l'abbassamento del livello del mare può mettere in comunicazione terre che in genere non sono collegate, qundi in qualche modo possono facilitare la dispersione e la diffusione delle specie. Le più importanti sono 3:

  1. I Ponti. Sono in pratica zone continue di terra che permettono il passaggio delle faune collocate in 2 (o più) territori differenti, quindi accessibile in "entrambi i sensi". Un esempio può uno stretto di mare che ora è relativamente poco profondo, ma con l'abbassamento del livello marino lo stretto scompare e si forma un  'ponte'. Si tratta di un collegamento ciclico il più delle volte, quindi collega faune che periodicamente si scambiano o si incontra (sono simili). Il collegamento avviene "via mare" generalmente;

  2. I corridoi. Svolgono una funzione simile a quella dei ponti, ma collegano ecosistemi che hanno poco a che fare tra di loro. Sono, letteralmente, più stretti/ristretti e selettivi, intatti non tutte le specie riescono a passare e sono esclusivamente terrestri;

  3. Le Vie Occasionali. Sono collegamenti casuali ed hanno una natura instabile. Si formano occasionalmente, quindi mettono in collegamento lembi di terra poche volte tra di loro, e non è detto che possano esserci i presupposti per  collegamenti duraturi e ciclici. Per esempio, la Crisi di Salinità del Messiniano, portò praticamente all'evaporazione quasi completa del Mediterraneo, e in quell'occasione si formarono tantissime 'vie occasionali' che collegarono i 3 continenti che affacciano sul Mediterraneo, arrivando alla loro scomparsa una volta conclusa questa 'crisi'. Non si verificò mai più un evento nel genere negli ultimi 5 milioni di anni.
    Immagine riassuntiva
Processi passivi. Questo modello studia alcuni fenomeni di distribuzione in modo indiretto, che interessano, per esempio, fenomeni globali come la Tettonica a Placche. In pratica, si mettono in relazione i fossili rinvenuti e le "antiche posizioni" dei continenti e riguardano molti territori, molti ecosistemi e tanti gruppi tassonomici (senza limitarci al genere o alla specie). Insomma, è un lavoro su larga scala. Esistono due tipi di processi passivi:

  • Vicarianza. Riguarda 'specie vive', e studia la formazione di fenomeni macroscopici che fungono da barriera fisica. La barriera condiziona gli areali causandone la frammentazione e portando al processo biologico-evolutivo conosciuto come Speciazione. Può portare alla diminuzione delle popolazioni e successivamente all'estinzione. Le barriere possono essere mari, fiumi, catene montuose, e tutto ciò che può condizionare le condizioni ambientali tanto da interrompere il Flusso Genico di una data popolazione. Dal punto di vista evolutivo, per farla breve (ne parlerò in modo approfondito in un altro articolo), in una popolazione avvengono scambi genici in modo continuo attraverso la riproduzione, quindi tanti organismi appartenenti della stessa specie si accoppiano tra di loro e trasmettono, in modo abbastanza omogeneo, i geni caratteristici della propria specie alla prole. Se si forma una barriera 'fisica', che divide la macro popolazione in 2 più piccole, per esempio, non c'è più flusso genico tra le 2 popolazioni e quindi si hanno fenomeni di isolamento. Compariranno nuovi geni/nuove mutazioni caratteristiche delle 2 specie, e man mano le differenze (se non dovessero più incontrarsi queste popolazioni) diventeranno sempre più marcate tanto da non permettere la riproduzione tra gli individui di queste due popolazioni. In questo caso, è avvenuto un processo di speciazione (è iper abbreviata questa spiegazione, ma il senso rimane comunque questo). Quindi, queste barriere, rendono gli ecosistemi più vari, e se cambia l'ecosistema cambia anche la pressione evolutiva.

  • Nave Funeraria Vichinga. Interessa maggiormente organismi già morti, estinti o fossilizzati ed è un processo molto importante per spiegare la presenza di un fossile in un continente diverso. E' un modello di dispersione basato sul concetto di vicarianza, ma su larga scala. I continenti si allontanano, e trasportano (e dividono) la fauna (o i fossili)  in aree geografiche e a diverse latitudini nel corso del tempo. Questo processo, però, presenta dei limiti in quanto le comunicazioni tra i continenti non ci permette  di fare un "conteggio" esaustivo delle specie, quindi non conosceremo la percentuale migrata tra un continente ed un altro (cosa che si può fare solo se si trovano i fossili). Vediamo quando due continenti sono considerati abbastanza 'vicini' per permettere uno scambio:

  1. Attraverso le Piattaforme Continentali, dove il livello dell'acqua è relativamente basso. Con fenomeni globali, come le glaciazioni, le piattaforme si trasformano in ponti o vie che mettono in comunicazione le faune continentali;

  2. Scontro tra due placche (o due continenti). E' ciò che è accaduto in Himalaya, o meglio quando la Placca indiana si è scontrata contro quella eurasiatica. Una volta che sono entrate in contatto, si è verificato uno scambio faunistico (anche se fino ad un certo punto in quanto la formazione della catena montuosa himalayana si è trasformata in una barriera fisica;

  3. Dosali e fosse oceaniche che allontanano due continenti. Come è accaduto alla Pangea, con la separazione, per esempio, tra Sud America e Africa.
                        Immagine iper-semplificata sul concetto di 'speciazione'
Immagine che rappresenta la frammentazione della Pangea nel Mesozoico, con i relativi fossili 'guida' e la loro distribuzione. Fonte: The Geological Society


Quindi, come avrete capito, i periodi di trasgressione e di regressione del livello marino gioca un ruolo fondamentale per lo scambio faunistico. La Linea di Wallace, importante per le nostre specie umane insulari, è' una  linea di crosta oceanica che divide la piattaforma australiana e quella indonesiana, e ciò permette di capire come mai ci sia una tale differenza a livello faunistico: le faune indonesiane sono in continuità con quelle del sud-est asiatico, mentre, mentre quella australiana è isolata. 


Il concetto di insularità

L'insularità è un evento molto comune, ed è un concetto che si estende a tutte quelle situazioni che hanno a che fare con l'isolamento (soprattutto dal punto di vista genetico). Può essere un'isola, nel vero senso della parola, o una zona continentale circondata da altri ambienti che fungono da 'barriere naturali'. Oltre a condizionare certi aspetti delle specie, condiziona anche il numero delle specie stesse, infatti il numero è proporzionale all'area dell'isola (o del territorio isolato). Si parla, quindi, di organismi endemici (tipici o specifici di un dato luogo), ed è obbligatorio trattare 2 aspetti che riguardano questa situazione:
  • Effetto popolazione. La dimensione della popolazione, sempre in proporzione all'area e alle dimensioni dell'isola, è proporzionale alla loro stabilità. Più un'isola è piccola, più un ambiente è instabile quindi più soggetta a cambiamenti ambientali (e di conseguenza più una popolazione è piccola e più è soggetta all'estinzione). La diversità e la stabilità della specie dipendono dall'ambiente e da quante risorse sono presenti (mi sembra più che normale);
  • Effetto ambientePiù un'isola è estesa, e più ambienti è possibile che vengano rappresentati/occupati;
In tutto questo discorso va considerato il fatto che il "materiale genetico", quindi le specie che si trovano sulle isole, provengono dal continente e, come detto prima, la quantità di specie dipende dalle dimensioni delle isole che si trovano vicino al continente. 

Ora la situazione si complica un po', quindi non perdiamoci in chiacchiere. Un'isola molto vicina ma molto piccola, ha un tasso di migrazione alto ma con poche possibilità di sopravvivenza. Un'isola più grande, invece, permetterebbe la sopravvivenza di molte più specie. E se quest'isola grande si trovasse un po' più lontana dell'isola piccola citata prima? Nonostante sia un ambiente più favorevole, per quanto riguarda il numero, riceverà molte meno meno specie delle isole più vicine al continente. 

Quindi, oltre al numero di specie, bisogna tenere conto anche, e soprattutto, della distanza dal continente e dalla possibilità di raggiungere l'isola (e naturalmente quante specie può contenere l'isola), della latitudine e dell'altitudine. 

Teoria di MacArthur e Wilson. Questa teoria (scientifica), con le premesse precedenti, afferma che per ogni 'isola' esiste, in sostanza, un numero di specie che rappresenta la normale condizione di equilibrio. Vengono presi parametri statistici, come il "grado di isolamento" di un 'isola' (la lontananza dall'area sorgente da cui provengono le specie, che in questi casi risulta essere il continente).

Vediamo qualche cosa nel dettaglio, tenendo conto dei tassi di emigrazione e di immigrazione. Prendiamo in considerazione questa formula:

I = E = 1,5

"I" è il tasso di immigrazione, mentre "E" quello di estinzione. Il rapporto tra questi due tassi rimane costante nel tempo. "1,5" rappresenta, quindi, le specie che si estinguono annualmente (che verrà rimpiazzata da 1,5 nuove specie), anche se per certi continenti totalmente isolati, come l'Australia, si utilizzano altre formule o parametri. 

Ora aggiungiamo un altro termine: Isola Ecologica (No, non è il luogo nel quale si ripone l'immondizia). Questo è sostanzialmente un sistema isolato da altri sistemi o ambienti, e si ricollega a ciò che abbiamo detto prima in quanto queste "isole" possono essere collegate da ponti, corridoi o vie occasionali che consentono lo scambio delle specie.

Analizziamo le "conseguenze" di ciò che abbiamo detto (potete vedere in basso il grafico):
  • Estinzione. Il tasso di estinzione non dipende dalla distanza dal continente ma dalla dimensione delle "isole". Un'isola piccola presenterà un tasso di estinzione più alta rispetto ad una più grande, a parità di specie. Questo perché più un'isola è grande e maggiori saranno le risorse presenti (quindi, il linea teorica, più ricca di habitat). 
  • Immigrazione. Meno specie ci sono su un'isola, e maggiori sono le specie che possono migrare. All'aumentare del numero delle specie (endemiche + alloctone), aumenta il declino delle stesse in quanto le specie numerose provenienti dal continente sono di più di quelle locali (competizione). Il tasso di immigrazione sarà = 0 quando le specie provenienti dal continente diventano parte integrante dell'isola.

Grafico originario. Fonte: https://www.researchgate.net/publication/267155368_Research_Methods_to_Initiate_PABITRA_The_Island_Ecosystems_Branch_of_DIWPA


In conclusione, mostro brevemente le peculiarità dell'insularità:
  • Nanismo e Gigantismo. Forme giganti tendono, nel corso del tempo, a ridurre le dimensioni. Viceversa per specie di piccole dimensioni;
  • Bassa Diversità. Sono comunque poche le specie che popolano un'isola, in quanto sono poche le specie ad adattarsi e poche hanno successo (non in tutte però). Quindi, le "isole" sono tendenzialmente più ricche di specie endemiche;
  • Atterismo. E' la tendenza di molti uccelli rapaci nel presentare ali estremamente ridotte, oltre a presentare taglie giganti;
  • Disarmonia della fauna (sia a livello ecologico che tassonomico)Non sono rispettate le "scale gerarchiche", per esempio i rapporti tra prede (sono di più nel continente) e predatori è di 1:3;

  • Vulnerabilità. Dipende dalle piccole dimensioni della popolazione (ne abbiamo parlato prima).

  • Scarsa specializzazione alimentare. Le risorse non sono moltissime, quindi le risorse vengono utilizzate da tutti.


Bibliografia: 

Biogeografia. La dimensione spaziale dell'evoluzione, di Mario Zunino (Autore), Aldo Zullini (Autore)

Elementi di ecologia, di Thomas M. Smith e Robert L. Smith.


Approfondimenti

Great American Interchange. Non è una frase pronunciata da un ex presidente statunitense, ma è stata una grande migrazione avvenuta tra il Nord America ed il Sud America circa 3 milioni di anni fa(Pliocene medio), in quanto si formò l'istmo di Panama che collegò, come un ponte, i due grandi continenti.

Prima della formazione dell'istmo, infatti, i due continenti erano divisi dall'acqua, ma la formazione di un 'ponte' permise a specie terrestri e marine(soprattutto quegli animali che vivevano lungo le coste) di migrare ed espandere il loro areale favorendo una sorta di interscambio.

Le faune del Nord erano composte da conigli, orsi, canidi, camelidi, mastodonti e felidi e si spostarono verso sud, mentre faune meridionali, composte da glyptodonti, scimmie, formichieri e armadilli migrarono verso nord.

Paradossalmente lo scambio non fu equo:

  • Circa la metà delle faune a mammiferi del Sud America è composta da mammiferi provenienti dal Nord America;

  • Solo il 21% circa delle faune a mammiferi del Nord America deriva dal sud.
La diversa presenza in percentuale delle faune, con molta probabilità, dipende dalle risorse dell'ecosistema. Il sud aveva (ed ha) a disposizione più risorse disponibili mentre il nord è (era) più selettivo.


Fonte immagine: Wikipedia
Fonte (e per approfondimenti): clicca qui

Popolare le isole oceaniche attraverso le "zattere naturali", forse, non è un fenomeno così probabile.

Ho parlato dell'arrivo dei primati dall'Africa al Sud America attraverso delle "zattere naturali", ammassi di materiale galleggiante strappati attraverso alcuni fenomeni violenti come una tempesta. Se parliamo di micromammiferi, come anche di lucertole, è uno scenario più che plausibile perché sono fenomeni che riusciamo a studiare anche dal "vivo", ma se estendiamo questo discorso ai grandi mammiferi il discorso si complica, questo perché apparentemente ci sono certe isole che sembrano non aver mai avuto un collegamento con la terraferma, come nel caso del Madagascar.
Questo studio del 2019, condotto da un team dell'Università di Firenze, mette in discussione l'ipotesi delle zattere naturali e propone di studiare i fondali oceanici un po' più a fondo alla ricerca di qualche particolare ed insospettabile ponte continentale del passato. Riprendendo l'esempio del Madagascar, lemuri e carnivori, ma soprattutto ippopotami, non avrebbero mai potuto popolare quest'isola, distante più di 400 km dal continente africano. La situazione si complica proprio perché la separazione dall'Africa avvenne circa 160 milioni di anni fa, e raggiungerla in seguito non sarebbe stato possibile (le varie infraclasse si diversificheranno solo molto tempo più tardi). 

Questa ricerca raccoglie tutti i dati e le variabili che devono essere soddisfatte affinché il fenomeno delle zattere naturali si verifichi, ed il tutto è stato elaborato con metodi statistici. Sono state prese in considerazione numerose variabili, come per esempio la velocità delle correnti oceaniche che da più di 20 milioni di anni si dispongono unidirezionalmente (dal Madagascar verso l'Africa, per intenderci). Le altre variabili sono forse quelle più importanti in quanto tengono in considerazione il tempo durante il quale l'animale può vivere senza acqua e cibo, tenendo conto che alcune specie necessitano di una quantità elevata di alimenti che sarebbe impossibile che gli stessi possano essere trasportati per un sacco di tempo in mezzo al mare. Senza contare che alcuni di questi animali che hanno colonizzato il Madagascar pesano alcune tonnellate, quindi sarebbe stato impossibile trasportare grossi ippopotami attraverso resti vegetali ammassati a mo di zattera. 

Vediamo alcune variabili che devono essere rispettate affinché possa essere sostenibile il trasporto attraverso le "zattere":

  • variabili biologiche ed ecologiche. Organismi poichilotermi (es. rettili) possono diffondersi un po' ovunque in quanto sono caratterizzati da bassi tassi metabolici e che non necessitano di grosse quantità di cibo per sopravvivere anche alle attraversate transoceaniche (come per i primati verso il Sud America), ma per organismi omeotermici  verso le isole oceaniche risulterà essere molto difficile e problematico;

  • le caratteristiche delle zattere e le variabili fisiche. Oltre alla composizione ed alla consistenza, una zattera deve essere sufficientemente spaziosa per ospitare un ampio numero di gruppi di individui, sani e riproduttivi che possano vivere separatamente per poi "incontrarsi" successivamente in modo tale da prevenire problemi di consanguineità, la deriva genetica e l'estinzione. La struttura in generale deve trasportare provviste sufficienti per sopravvivere al viaggio (giocherebbe un ruolo fondamentale anche la tipologia di vegetale trasportato), deve essere resistente alla forza dell'acqua ed alle forti correnti e resistere alle alte velocità. Inoltre, il mare espone gli organismi ad elevate concentrazioni di sale, elevate escursioni termiche e di umidità e, quindi, soggetti alla disidratazione. 

Qui entra in gioco la fortuna in quanto una fortunata combinazione di queste variabili (e di altre non elencate), risulterebbe impossibile un trasporto su zattera. I ricercatori concludono dicendo che, con molta probabilità, anche per quanto riguarda il Madagascar, è più probabile che sul fondo dell'oceano possano essere presenti tracce di antichi ponti continentali che hanno collegato le isole oceaniche al continente.  Grandi animali come ippopotami e lemuri necessitano di un gran numero di risorse per sopravvivere.

Approfondimenti

Estrarre DNA antico dall'elefante nano siciliano? Fatto!
Il protagonista dello studio è un reperto di 𝙋𝙖𝙡𝙖𝙚𝙤𝙡𝙤𝙭𝙤𝙙𝙤𝙣 𝙢𝙣𝙖𝙞𝙙𝙧𝙞𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨, proveniente da Grotta Puntali ed appartenente alla collezione del Museo Geologico Gemmellaro di Palermo.
Il DNA è stato estratto da uno dei crani della collezione(per la precisione dalla porzione di 'rocca petrosa', una delle regioni dove si conserva maggiormente il DNA antico), e questo ha permesso ai ricercatori di capire un po' più nel dettaglio il fenomeno del "nanismo insulare", cioè della riduzione di taglia di organismo di grandi dimensioni quando si trovano isolati (in questo caso geograficamente). Diciamo, in modo molto semplice, che uno dei trend evolutivi è quello della riduzione della taglia: verranno selezionati, nel corso del tempo e delle generazioni, individui con taglie più piccole in quanto le risorse in luoghi isolati, come le isole, sono molto limitate (è una delle possibili cause. Ma il nanismo insulare è un fenomeno troppo complesso da spiegare con un paio di parole).
E' ciò che accadde in Sicilia. Gli elefanti colonizzarono la Sicilia non prima di 200 mila anni fa circa, ed il probabile antenato di 𝙋. 𝙢𝙣𝙖𝙞𝙙𝙧𝙞𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨 è 𝙋𝙖𝙡𝙖𝙚𝙤𝙡𝙤𝙭𝙤𝙙𝙤𝙣 𝙖𝙣𝙩𝙞𝙦𝙪𝙪𝙨 (l'elefante dalle zanne dritte), un bestione che pesava 10 tonnellate ed era alto almeno 4 metri. E' vissuto in Europa tra 800 mila e i 40 mila anni fa circa, ed il distacco tra questa specie e gli antenati dell'elefante nano siciliano avvenne 400 mila anni fa circa.
Dopo aver fatto questo preambolo, lo studio ha rivelato che l'elefante nano siciliano, alto meno di 2 metri e vissuto in Sicilia fino a 19.000 anni fa circa, si è in pratica ridotto di 200 kg(meno del 20% del peso originario) e di 4 centimetri a generazione. Un cambiamento davvero rapido!
Questo tipo di lavoro è stato possibile grazie ad un mix di di tecniche quali la datazione al radiocarbonio, l'analisi di degradazione delle proteine nello smalto dei denti che indicano la morte dell'individuo studiato: tra i 175 mila anni e i 50 mila anni fa circa.
Questo studio è molto importante perchè ci indica come una specie insulare, discendente da uno dei più grandi mammiferi mai vissuti, sia cambiata morfologicamente in 40 generazioni adattandosi al contesto insulare.

Per la fonte, clicca qui


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