sabato 10 giugno 2023

Le mani degli scimpanzé e delle scimmie antropomorfe sono più derivate rispetto a quelle dell'uomo, il bracconaggio ci mostra l'evoluzione in diretta, alcuni odierni macachi sono nati da eventi di ibridazione 3,5 milioni di anni fa circa, uno scorcio raro e moderno con protagonisti i Neanderthal

  • Le mani degli scimpanzé e delle scimmie antropomorfe sono più derivate rispoletto a quelle dell'uomo (ma ognuna nei vari lignaggi si è evoluta e specializzata in modo indipendente) 

Lo so, per fare scalpore avrei potuto dire "le mani dell'uomo sono più primitive" ma, per una questione temporale, preferisco focalizzarmi sulla "primitività" dell'arto (e dopo capirete perché).
La ricerca è po' datata, ma è molto interessante perché tendiamo sempre a considerare, ahimé, ogni caratteristica umana come "moderna" o "derivata" (dannato antropocentrismo).
Sostanzialmente, le dimensioni e le proporzioni delle dita sono cambiate poco nel corso del tempo per quanto riguarda il nostro lignaggio, mentre negli altri "cugini" le dimensioni, e le proporzioni, sono cambiate (in modo diverso ed indipendente). Sì, è vero, il pollice lungo è la caratteristica più evidente del genere 𝙃𝙤𝙢𝙤, tanto da superare l'attaccatura della base delle falangi. E allora, perché la mano umana sarebbe primitiva se possiede un carattere (apparentemente) derivato come questo?
La storia incomincia 7-8 milioni di anni fa, quando l'antenato comune tra uomo e scimpanzé popolava la terra. I ricercatori, attraverso la comparazione di vari arti di varie specie vissute nel corso del tempo, notano che l'arto umano (o meglio, quello del nostro lignaggio) non è cambiato molto per quanto riguarda le dimensioni e le proporzioni. Insomma, è una mano molto simile a quella dell'antenato comune tra il lignaggio dell'uomo e dello scimpanzé.
Sostanzialmente, la mano "umana" non è stata sottoposta a pressioni evolutive (evoluzione stabilizzante), quindi è comunque un po' cambiata nel corso del tempo senza, però, subire chissà quale trasformazione. Non è specializzata come quella delle antropomorfe, nella brachiazione come per altri primati, ma ciò ha permesso alle specie appartenenti al nostro lignaggio di poter maneggiare con più facilità gli utensili. Insomma, questa condizione 'primitiva', legata anche ad un pollice che tutto sommato non ha subito grosse modificazioni, si è rivelata vantaggiosa nel contesto ambientale (in continuo mutamento) nel quale vissero i nostri diretti progenitori durante tutto il Paleolitico.
E negli altri primati?
Sostanzialmente, tutti i gruppi odierni di primati (e non solo) sono caratterizzati da una mano che si è sviluppata e diversificata in modo indipendente, e in ogni gruppo (o quasi).
Proviamo a dare un'occhiata generale ai vari risultati della ricerca:
- la convergenza evolutiva la fa da padrona: scimpanzé (𝙋𝙖𝙣 𝙩𝙧𝙤𝙜𝙡𝙤𝙙𝙮𝙩𝙚𝙨) e oranghi sono accomunati da un evento di convergenza evolutiva (un pollice allungato), mentre uomo e gorilla sono caratterizzati da un pollice che è poco cambiato. Notate che tutti e questi gruppi si sono separati più di 7 milioni di anni fa, l'antenato comune tra "antenato comune di uomo-scimpanzé e gorilla si diversificò più di 10 milioni di anni fa;
- negli ilobatidi assistiamo ad un estremo allungamento del pollice;
- le dita umane sono simili a quelle dei gorilla (oltre ad essere cambiate poco nel corso del tempo, come detto prima), e ciò fa supporre che anche l'antico primate africano da cui discendono buona parte dei primati odierni possedeva dita lunghe (non è un requisito per l'avvento della locomozione sulle nocche);
- si tratta di un'evoluzione a mosaico in quanto la Selezione Naturale ha 'agito' (o meglio, ha selezionato) in modo indipendentemente sui vari lignaggi degli odierni primati (in base al contesto ambientale). Ciò suggerisce che essi sopravvissero all'evento che portò all'estinzione di molti primati nel Miocene (23-5 milioni di anni circa), e grazie proprio alle diverse e indipendenti specializzazioni sono stati in grado di condividere gli habitat con i cercopitecidi (macachi e babbuini). Insomma, ognuno è riuscito a ricavarsi la sua 'nicchia' senza entrare in competizione con altri gruppi;
- le somiglianze indicano che l'arrampicata specializzata sugli alberi non era una prerogativa dei primati dotati di dita lunghe. Questo ce lo hanno già insegnato le australopitecine.


Fonte immagine e del testo: Almécija, S., Smaers, J. & Jungers, W. The evolution of human and ape hand proportions. Nat Commun 6, 7717 (2015).






  • 𝙈𝙖𝙘𝙖𝙘𝙖 𝙛𝙖𝙨𝙘𝙞𝙘𝙪𝙡𝙖𝙧𝙞𝙨 ha avuto origine da un evento d’ibridazione tra 𝙈𝙖𝙘𝙖𝙘𝙖 𝙨𝙞𝙣𝙞𝙘𝙖 e 𝙈𝙖𝙘𝙖𝙘𝙖 𝙨𝙞𝙡𝙚𝙣𝙪𝙨 3,45-3,56 milioni di anni fa
Ok, forse ho semplificato un po' il titolo, ma inserire ora termini come "lignaggio" o altro, vi avrebbe già mandato in confusione.
Ora, bando alle ciance ed iniziamo!
Quando si parla di speciazione, è difficile capire se questo processo sia avvenuto nel passato (e quando) a causa di eventi di ibridazione. Questo perché le tracce biologiche non si preservano per tempi così lunghi, tranne in rari ed eccezionali casi associati a basse temperature e a condizioni particolari, come per i mammut (e non solo!).
In questo caso, si tratta di uno studio davvero eccezionale perché ci siamo spinti a circa 3,5 milioni di anni fa grazie ad allo studio sui cromosomi di queste specie. Ma andiamo con ordine, perché è una ricerca che restituisce molte informazioni.
Sono stati studiati i genomi di 12 specie di macaco, ed il risultato è che 𝙈𝙖𝙘𝙖𝙘𝙖 𝙛𝙖𝙨𝙘𝙞𝙘𝙪𝙡𝙖𝙧𝙞𝙨 ha avuto origine da un antico evento di ibridazione verificatosi tra 𝙈𝙖𝙘𝙖𝙘𝙖 𝙨𝙞𝙣𝙞𝙘𝙖 e 𝙈𝙖𝙘𝙖𝙘𝙖 𝙨𝙞𝙡𝙚𝙣𝙪𝙨 3,45-3,56 milioni di anni fa.
Cerchiamo di analizzare gli eventi uno ad uno:
1) circa 3,86 milioni di anni fa, la popolazione dell’antenato comune della specie 𝙈. 𝙨𝙞𝙣𝙞𝙘𝙖 ed 𝙈. 𝙨𝙞𝙡𝙚𝙣𝙪𝙨 incominciò a diversificarsi nei due lignaggi, e questo a causa di barriere geografiche e di altri eventi geologici ed ambientali che hanno isolato l’antica popolazione in 2 popolazioni;
2)L’evento di speciazione e la successiva ibridazione coincisero con eventi di fluttuazioni e di abbassamento/innalzamento del livello del mare. L’Asia è una regione dinamica, quindi potete tranquillamente capire che con l’abbassamento del livello del mare, tra le isole o lembi di terra isolati, si sono creati dei veri e propri ponti naturali che hanno messo in comunicazione le isole asiatiche permettendo, così, uno scambio faunistico. Ha avuto una grande importanza in questo evento l’Istmo di Kra, tra la penisola malese e la regione la regione della Sonda.
Ma tutto questo cosa c’entra con l’evento di speciazione e di ibridazione?
Purtroppo, non è semplicissimo spiegare tutto ciò con poche parole perché esistono interi e appositi corsi per capire al meglio queste dinamiche, ma provo comunque a spiegarlo in modo semplice.
La popolazione dell’antenato comune tra 𝙈. 𝙨𝙞𝙣𝙞𝙘𝙖 ed 𝙈. 𝙨𝙞𝙡𝙚𝙣𝙪𝙨 si è separata in due popolazioni, in 2 aree separate e non collegate tra di loro. E questo in un momento nel quale il livello dell’acqua si è alzato.. Bene, queste 2 popolazioni non sono entrate in contatto per un certo periodo, quindi sono comparse nuove mutazioni specifiche solo di quelle popolazioni. In questo caso possono verificarsi 2 eventi:
-passa tanto tempo dalla separazione delle popolazioni, e nel frattempo le stesse accumulano tante differenze (mutazioni uniche delle singole specie in primis) tali da non permettere un possibile accoppiamento, o la produzione di prole fertile, nel caso entrassero di nuovo in contatto. Possiamo parlare di specie distinte;
-passa poco tempo dalla separazione, le due popolazioni entrano di nuovo in contatto e producono ibridi/prole fertile in quanto non si sono accumulate così tante nuove mutazioni da rendere incompatibili le due popolazioni (interfeconde).
Bene, in questa storia si è verificato il secondo caso. Quindi, l’abbassamento del mare ha facilitato il contatto tra le popolazioni di proto-sinica e proto-silenus (le indico con proto perché, con il poco tempo passato, non si sono ancora diversificate nelle specie odierne che conosciamo), non ancora così diversificate dal punto di vista genetico. Un nuovo isolamento geografico, la diversità ecologica ed anche etologica hanno, quindi, permesso la creazione e l’isolamento di taxa ibridi, quindi al lignaggio/gruppo basale a cui appartiene la specie che conosciamo come 𝙈. 𝙛𝙖𝙨𝙘𝙞𝙘𝙪𝙡𝙖𝙧𝙞𝙨.
La ricerca, inoltre, ha fornito altri interessanti risultati:
-è stata risolta la filogenesi di questi primati, quindi abbiamo capito meglio “chi è imparentato con chi”;
-il gruppo a cui appartiene 𝙈. 𝙨𝙞𝙡𝙚𝙣𝙪𝙨 è suscettibile all’infezione da HIV-1;
-gli eventi di ibridazioni sono estremamente rari tra i primati, e questo è uno di quelli.
Ma a livello biologico cosa è successo?
I cromosomi X e le regioni a bassa ricombinazione hanno, sostanzialmente, mostrato contributi uguali da ciascun lignaggio parentale, con quest’ultimi poco influenzati dal successivo reincrocio (backcrossing).
Inoltre, molti geni associati alla riproduzione potrebbero aver contribuito allo sviluppo di fenotipi sessuali misti, caratteristici di 𝙈. 𝙛𝙖𝙨𝙘𝙞𝙘𝙪𝙡𝙖𝙧𝙞𝙨 (e ciò avrebbe reso praticamente incompatibile questo lignaggio ibrido con i due parentali).
Fonte immagine: 2013, Stephen D. Nash, IUCN/SSC Primate Specialist Group. Potete osservare una mappa di distribuzione delle specie di macaco utilizzate in questo studio.

Fonte: 
  • Bao-Lin Zhang
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  • et al.
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Comparative genomics reveals the hybrid origin of a macaque group.Sci. Adv.9,eadd3580(2023).DOI:10.1126/sciadv.add3580





  • Uno scorcio raro, e anche un po' moderno, dei gruppi familiari neanderthaliani: la prima coppia padre-figlia e gli adulti maschi che rimangono nei loro gruppi familiari.
Gli studi sull'𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙣𝙚𝙖𝙣𝙙𝙚𝙧𝙩𝙝𝙖𝙡𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨 ormai hanno cambiato il modo di vedere questa straordinaria specie, che si sta rivelando sempre di più molto simile alla nostra, sperando che ben presto vengano dimenticati quei pensieri, a tratti ridicoli, che caratterizzano il Neanderthal come stupido, che mena la gente a caso con la clava e che nulla ha a che fare con il cugino "sapiente".
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Per questi puristi ottocenteschi, arriva l'ennesima batosta grazie allo studio di genomi neanderthaliani di una famiglia vissuta 49.000 anni fa circa in una grotta in cima ai monti Altai, in Siberia, affacciata su una valle fluviale ricca di animali da predare.
Nel nucleo familiare sono stati riconosciuti un padre ed una bambina, con quest'ultima che possiede un dente scheggiato dovuto forse alla masticazione di un bisonte che suo padre, o i 12 parenti che vivevano nella grotta, hanno cacciato.
Il genoma di questi individui indica che vissero meno di 100 anni in quella grotta, e che il gruppo familiare neanderthaliano risulta essere più complesso del previsto. Infatti, le prove genetiche indicano che i maschi neanderthaliani sono rimasti nei loro gruppi familiari da adulti, come accade per molti uomini in molte società moderne.
Lo studio di 19 genomi neanderthaliani non appartenenti a questo sito, appartenenti perlopiù ad individui femminili, indica che le stesse erano lontanamente imparentate e che vivevano in siti abbastanza distanti, sparsi tra l'Europa e l'Asia e vissute tra i 400.000 e i 50.000 anni fa circa.
Ma ritorniamo al padre ed alla figlia. I frammenti studiati sono stati ritrovati in due grotte differenti, entrambe vicine alla famosa grotta di Denisova. I maschi possedevano lunghi pezzi di DNA nucleare "identico" ereditato dallo stesso antenato recente, così come i loro cromosomi Y erano simili e provenienti anch'essi da un antenato comune.
Il mtDNA tra uomini e donne è molto diverso, e ciò implicherebbe che più antenati femminili abbiano contribuito alla popolazione rispetto ai maschi, non tutti fertili all'interno dei vari gruppi. Ogni gruppo, probabilmente, era composto da molti maschi, ma solo pochi fertili (una situazione analoga ai gorilla di montagna).
Oltre ad una mancanza di fertilità, poteva essere anche che tutti i maschi non contribuissero alla riproduzione, o perlomeno che non tutti dessero lo stesso contributo. Oppure, erano solamente le donne a spostarsi di più senza tirare in ballo la fertilità maschile. Ne sapremo di più in futuro su questi studi che al momento devono essere presi solo con le pinze.



Fonte immagine: TOM BJÖRKLUND
Fonte:  https://www.science.org/content/article/ancient-genomes-offer-rare-glimpse-neanderthal-family-groups?utm_campaign=SciMag&utm_source=Social&utm_medium=Facebook





  • Può un'attività illegale come il bracconaggio mostrarci l'evoluzione in diretta di grandi vertebrati?
La risposta è sì, e questa ricerca (che trovate sia nei commenti che alla fine del post) mostra come sia aumentato il numero di individui di elefanti senza zanne. Ma andiamo con ordine.
Prima di iniziare, vorrei fare una precisazione. Molte pagine che dovrebbero essere divulgative, probabilmente per avere più visibilità, inseriscono titoli del tipo "gli elefanti stanno nascendo senza zanne per scappare dall'uomo". Questo è un concetto abbastanza lamarckiano (anche se in realtà Lamarck afferma tutt'altro) in quanto non compaiono così, " aggratis", nuovi geni/fenotipi in base ad una necessità. Questo perché si selezionano geni/mutazioni già presenti nella popolazione di una data specie, e questa selezione o setaccio avviene attraverso i vari meccanismi evolutivi (Selezione Naturale, Selezione Sessuale, ecc.).Inoltre, nessun organismo decide come evolversi (cambiare) e non ha controllo sui geni, altrimenti io sarei una sorta di Wolverine con le ali.
Ora, iniziamo seriamente. Il biologo evoluzionista Shane Campbell-Staton, dell'università di Princeton, grazie ad alcuni video visti su YouTube, si rese conto che nel Gorongosa National Park molti elefanti femmina fossero prive di zanne. Si recò molti mesi dopo sul posto per contare gli elefanti, confrontando le riprese odierne con quelle del passato. Il risultato?
Il numero di individui femminili con le zanne è diminuito drasticamente in poco più di 30 anni, tra il 1977 e il 2004, mentre gli individui femminili senza le zanne è passato dal 18,5% al 33% della popolazione.
Cosa ci dicono questi dati dal punto di vista evolutivo?
Evoluzione è sinonimo di cambiamento, e non di miglioramento, e in biologia evolutiva il cambiamento non si osserva solo attraverso la comparsa di una nuova mutazione che può essere selezionata o meno dai meccanismi evolutivi, per diventare frequente o meno all'interno di una popolazione, ma si osserva anche grazie alla frequenza genotipica e/o fenotipica di un dato carattere, già presente e fissato all'interno della popolazione. Qui verrebbe da pensare che le zanne siano un carattere dominante mentre l'assenza delle zanne un carattere recessivo, ma non è proprio così e tra poco lo vedremo.
La pressione selettiva del bracconaggio ha selezionato e "favorito" elefanti femminili privi di zanne, proprio perchè quelle con le zanne vengono sistematicamente uccise per svariati e discutibili motivi. Uno di questi è lo scoppio della guerra civile nel Mozambico nel 1977 in quanto le zanne vennero utilizzate per sostenere le spese belliche al punto da ridurre, negli anni 90, la popolazione degli elefanti africani presenti in Mozambico del 90%.
Ma una diminuzione degli individui femminili dotati di zanne non è l'unica causa della perdita di queste strutture. L'analisi del genoma di questi animali ha mostrato la presenza di un gene particolare legato al cromosoma X che si trasmette dalla madre alla prole, con effetti diversi in base al sesso:
-negli individui femminili c'è una tendenza nel perdere le zanne, con la conseguenza che hanno più probabilità di riprodursi rispetto agli individui femminili dotati di zanne, e quindi di trasmettere questo particolare gene;
-negli individui maschili, questo gene risulta essere letale. Questo spiega perché soltanto gli individui femminili sono privi di zanne.
Le scansioni dell'intero genoma hanno individuato 2 geni che svolgono un ruolo nello sviluppo dei denti dei mammiferi (AMELX e MEP1a), che portano anche alla formazione di smalto, dentina e cemento. Uno di questi loci (AMELX) è associato a questa sindrome maschile-letale dominante, legata all'X nell'uomo, che riduce la crescita degli incisivi laterali mascellari, che sono omologhi alle zanne di elefante. Questo studio fornisce prove, quindi, di una rapida selezione causata dal bracconaggio per la perdita di un tratto anatomico molto vistoso in un gruppo di vertebrati.



Fonte: Campbell-Staton et al., 2021: Ivory poaching and the rapid evolution of tusklessness in African elephants. SCIENCE, Vol 374, Issue 6566 pp. 483-487.

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