domenica 10 dicembre 2023

𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙣𝙚𝙖𝙣𝙙𝙚𝙧𝙩𝙝𝙖𝙡𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨

 Neanderthal cacciatori di leoni delle caverne ( sia per scopi alimentari che culturali)

Che l'uomo cacciasse indistintamente carnivori ed erbivori, sia a scopi alimentari che culturali, è un dato di fatto. Infatti, sono molte le tracce fossili ed archeologiche a testimonianza di ciò. In questo caso, però, della relazione tra "leoni" ed umani si sapeva bene poco, o meglio la relazione uomo-leone era conosciuta perlopiù per la loro competizione interspecifica e si sapeva qualcosa su questi felidi (e di questa relazione) solo attraverso alcune pitture rupestri.
Grazie a questo recente studio, è stato scoperto un accumulo intenzionale di ossa fossili dovuto ad una caccia del Neanderthal nei confronti di questi felidi. Infatti, sono state rinvenute in Germania (Siegsdorf) lesioni di caccia su alcune ossa di leone delle caverne antiche 48.000 anni circa. Si tratta di una foratura parziale ad una costola originatasi dal contatto con una lancia di legno che provocò, con molta probabilità, la morte dell'individuo. Si tratta del primo caso (documentato) di una diretta uccisione di questo felide da parte di un ominino.
Inoltre, non risulta essere il solo ed unico caso di uccisione diretta. Infatti, sono state rinvenute falangi distali di un leone risalenti ad almeno 190.000 anni fa e provenienti sempre dalla Germania (Einhornhöhle) che rappresentano, invece, il primo caso di utilizzo di pelle e pelliccia da parte del Neanderthal in Europa centrale.
Entriamo leggermente nel dettaglio
Prove del genere nel record fossile ed archeologico sono davvero rare, ma questi reperti ci forniscono un sacco di informazioni, soprattutto sugli "usi e costumi" del Neanderthal. Cacciavano attivamente questi felidi e ciò non può che suggerirci che la dieta del Neanderthal fosse davvero variegata, composta sia da vegetali e pasti cotti a base di legumi che da carne di qualsivoglia animale disponibile nel territorio circostante.
È importante a livello archeologico sottolineare come le lance in legno, con la punta in pietra, fossero degli strumenti molto diffusi all'interno delle comunità neanderthaliane. Per quanto riguarda il leone di Siegsdorf, esso venne processato sul luogo dell'uccisione e con molta probabilità si trattò di un leone malato, acciaccato, o comunque in cattive condizioni che permise ai neanderthaliani locali di procurarsi carne con una certa "semplicità" (un comportamento comune nei predatori).
Fin qui nulla di eccezionale, il Neanderthal cacciava per procurarsi la carne come faceva (e fa) qualsiasi altro predatore, ma l'altro dato molto importante è lo sfruttamento di componenti tegumentarie di queste prede, come la pelle e la pelliccia. Infatti, ciò indica che gli ominini fossero in grado già 190.000 anni fa circa di sfruttare queste componenti per diverse esigenze, sia per protezione al freddo, o come indumento da sfoggiare. Insomma, sono due ipotesi da non sottovalutare, soprattutto quella dell'esibizione socio-culturale.
Indipendentemente dallo sfruttamento della pelliccia, il leone delle caverne dimostrò di essere un animale fondamentale per l'economia del Neanderthal, come lo saranno successivamente tantissimi altri animali per la nostra specie.

E se i nostri cari cugini Neanderthal non si fossero estinti?

Ok, è un titolo intrigante, ma un titolo del genere credo sia efficace per parlarvi di quest'articolo, pubblicato all'inizio di quest'anno, che si concentra molto sulle difficoltà che ogni tanto si presentano nell'assegnare determinati reperti a una data specie. Soprattutto se parliamo di 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙣𝙚𝙖𝙣𝙙𝙚𝙧𝙩𝙝𝙖𝙡𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨 e 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙨𝙖𝙥𝙞𝙚𝙣𝙨 che condividono qualche carattere morfologico comune, come i denti.
Vennero trovati 13 denti permanenti, quindi già eruttati, nel sito La Cotte de St. Brelade sull'isola di Jersey, nello Stretto della Manica all'inizio del secolo scorso. È un sito del Paleolitico molto importante, che ospitò i Neanderthal tra i 250.000 e i 48.000 anni fa.
Questi denti vennero trovati nelle vicinanze di un focolare, in un livello associato alla cultura Musteriana.
Originariamente questi denti vennero associati al Neanderthal, ma il ritrovamento di un frammento di un osso occipitale ritrovato in una località vicina al sito, con una datazione minore di 48.000 anni fa circa, ha portato gli scienziati a ridescrivere il materiale ritrovato con lo scopo di fornire una descrizione aggiornata sulla probabile assegnazione morfologica.
Uno dei denti originali è andato perso, mentre un altro è stato identificato come 'non ominide'. I denti rimanenti sarebbero associabili a due individui adulti, ma la forma della cervice e l'assenza di tratti comuni con il Neanderthal suggeriscono che questi denti siano più affini al Sapiens. Le dimensioni della corona e della radice, assieme alla morfologia di quest'ultima, indicano che sono caratteri associabili al Neanderthal.
Che cosa significa tutto questo? Sembra che questi risultati facciano ipotizzare una doppia ascendenza, neanderthaliana e Sapiens. Non c'è nulla di strano, le due specie si accoppiarono anche 100.000 anni fa circa in Medio Oriente(e non solo), ma ciò che lascia un po' riflettere è che questi denti risalgono a 48.000 anni fa circa, una data che è comunque relativamente vicina alla presunta data di estinzione del nostro cugino.
Ora abbandoniamo il campo dell'oggettività per entrare in quello più speculativo. Il capo del progetto, Chris Stringer, evidenzia come ci siano molti tratti in comune tra le due specie, sia geneticamente che morfologicamente, e si pone il dubbio se effettivamente sia corretto parlare di 'estinzione del Neanderthal', affermando che in futuro ci saranno studi più approfonditi, basati sullo studio del DNA estratto dai denti per capire se effettivamente si trattava di specie diverse o se si trattava di una popolazione ibrida, con il Neanderthal che man mano è stato "assorbito"(geneticamente si intende, non come in Dragon Ball) dalla popolazione Sapiens, molto più numerosa.
Sarebbe quindi ancora corretto il termine 'estinzione' per il Neanderthal? Lo sapremo in futuro.

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"Questo è un Art Attack", ma la versione del Paleolitico medio.
Di recente è stato pubblicato un lavoro nel quale si afferma che 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙣𝙚𝙖𝙣𝙙𝙚𝙧𝙩𝙝𝙖𝙡𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨 utilizzasse materiali simil-colla per facilitare alcuni lavori di fabbricazione degli strumenti.
Non è una novità poiché già nel 2019 è stato pubblicato un lavoro simile. Vediamo i due lavori in questione.
2019. Su alcune spiagge olandesi sono stati trovati strumenti in selce incollati con altre parti attraverso una sostanza simile al catrame. Risalenti a circa 50.000 anni fa, in quel periodo 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙨𝙖𝙥𝙞𝙚𝙣𝙨 stava ancora cercando di insediarsi in Europa, quindi il candidato più plausibile associato a questi strumenti è 𝙃. 𝙣𝙚𝙖𝙣𝙙𝙚𝙧𝙩𝙝𝙖𝙡𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨, che era comunque capace di utilizzare strumenti relativamente complessi. È interessante osservare come questa "colla" abbia resistito nel corso del tempo, considerando che si tratta di uno strumento relativamente piccolo di circa 4 cm di lunghezza.
Attraverso alcune particolari tecniche basate sulla gascromatografia e la spettrometria di massa (GC/MS), è stato scoperto che si trattava di pece di betulla (𝘽𝙚𝙩𝙪𝙡𝙖 𝙨𝙥.) utilizzata per fissare l'utensile in selce ad un manico di legno. Molto probabilmente, questo metodo doveva rendere più efficiente l'impugnatura durante la caccia. Non si sa esattamente come sia stato realizzato questo strumento; ad esempio, si ipotizza che il pezzo fosse stato riscaldato in una sorta di "forno preistorico" prima di essere lavorato e spalmato sull'utensile, avvolgendo il pezzo nella corteccia. Inoltre, un lavoro di micro-computer grafica dimostra che l'applicazione della colla sulla superficie più ruvida della selce avrebbe migliorato l'aderenza con il manico.
Questo dimostra che il Neanderthal ha investito "tempo e risorse" (e soprattutto energie) nello sviluppo di una tecnologia per migliorare la vita quotidiana. Si tratta di una delle molte tecniche adottate dagli ominini nel Paleolitico Medio, sebbene si discosti dalle pratiche delle popolazioni africane moderne. In linea teorica, l'uso di tecnologie complesse dovrebbe dipendere dalle dimensioni del gruppo sociale, ma non è stato il caso dei Neanderthal, il che suggerisce che le dimensioni ridotte della popolazione e l'alta mobilità non hanno impedito loro di sviluppare e mantenere una tecnologia altamente sofisticata. Lo sviluppo e l'uso di tecnologie complesse, come la pece in questione, devono aver portato benefici in termini di adattamento evolutivo: all'aumentare della rigidità del clima, la complessità tecnologica aumenta (anche se non tutti gli archeologi preistorici concordano su questo punto). In sintesi, lo sviluppo e il mantenimento di tecnologie avanzate aiutano a mitigare i rischi ecologici, specialmente nel Paleolitico medio.
Il Neanderthal operava ai limiti della propria tolleranza ecologica, ovvero in un contesto in cui le risorse potevano esaurirsi facilmente. Pertanto, non solo erano parsimoniosi nell'utilizzo delle risorse, ma tutto era gestito in modo gerarchico, con un certo grado di specializzazione dei compiti (forse anche tra i sessi), caratterizzando così il Neanderthal per circa 150.000 anni. In altre parole, se le condizioni ambientali diventano difficili, non è necessario avere una popolazione di grandi dimensioni per sviluppare tecnologie complesse. Il Neanderthal era estremamente versatile.
Passando allo studio del 2024, emerge come l'uso di sostanze appiccicose, come ocra e resine di alberi, sia stato elaborato per ottenere una sostanza simile alla colla, analogamente a quanto visto con il catrame precedentemente menzionato. Gli adesivi in questione sono stati applicati a strumenti di tipo musteriano, ed è noto che già 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙨𝙖𝙥𝙞𝙚𝙣𝙨 africano utilizzasse sostanze naturali appiccicose e ocra per rendere più maneggevoli gli strumenti. Tuttavia, in questo caso, il Neanderthal sarebbe stato il primo ominino a utilizzare proprio l'ocra come collante. Questo perché gli strumenti ad alto contenuto di ocra presentano vantaggi in termini di rigidità e solidità.
I reperti in questione sono stati scoperti nel 1910 nel sito archeologico di Le Moustier, in Francia, e solo di recente sono stati studiati gli strumenti che contengono ocra e bitume. Inizialmente si pensava che una grande quantità di ocra e bitume essiccato potesse compromettere le qualità adesive, ma è stato scoperto, anche grazie a esperimenti pratici, che queste componenti formavano un ammasso modellabile, malleabile e appiccicoso in grado di far aderire gli strumenti in pietra ai manici. Il bitume in forma liquida veniva mischiato con l'ocra. Si stima che questi reperti abbiano un'età compresa tra i 40.000 e i 60.000 anni circa. La particolarità è che questa tecnica, inizialmente considerata tipica dell' 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙨𝙖𝙥𝙞𝙚𝙣𝙨 africano, potrebbe essere stata ereditata dall'antenato comune di Sapiens e Neanderthal o sviluppata indipendentemente (una sorta di convergenza evolutiva). Tuttavia, esistono alcune complicazioni da considerare, come accade spesso in questo ambito.
La volontà di investire più tempo e risorse in certi materiali rispetto ad altri potrebbe essere associata a motivazioni non strettamente funzionali. Il costo di produzione di questi strumenti era elevato poiché richiedeva l'utilizzo di bitume, selce e ocra provenienti da diverse fonti che non erano presenti nello stesso luogo di produzione. Ad esempio, la goethite si trovava a circa 50 km da Le Moustier, mentre i giacimenti petroliferi con affioramenti di bitume erano situati a oltre 200 km a sud di Le Moustier. Pertanto, la raccolta e la lavorazione di questi strumenti compositi richiedevano notevoli sforzi e tempo rispetto, ad esempio, alla produzione della simil-colla in catrame menzionata all'inizio dell'articolo.
Ciò implicherebbe che la scoperta di questi reperti sarebbe collegata a processi cognitivi ben sviluppati. Tuttavia, senza dati radiometrici precisi, non è possibile attribuire con certezza questi reperti al Neanderthal. Pertanto, si possono considerare due scenari:
Scenari legati al Sapiens:
Tra i 40.000 e i 60.000 anni fa, il Sapiens era già presente nell'Europa meridionale, quindi potrebbe essere giunto nella regione in tempi successivi. Inoltre, la nostra specie già utilizzava l'ocra come base per questi adesivi, poiché adesivi monocomponenti come quelli a base di catrame potrebbero non aver offerto un vantaggio significativo. Nella grotta di Mandrin, sempre in Francia, sono state trovate tracce di strumenti microlitici basati sull'hafting, un processo in cui un manico viene attaccato a un artefatto.
Scenari legati ai Neanderthal:
Nel caso in cui i reperti fossero associati al Neanderthal, potrebbe indicare che questa tecnica fosse basata sulla trasmissione culturale cumulativa delle tecniche all'interno della popolazione neanderthaliana. Ciò implicherebbe che il Neanderthal ha perfezionato nel tempo la tecnica di produzione di colle ed adesivi attraverso l'evoluzione delle trasmissioni culturali.
L'utilizzo dell'ocra potrebbe essere stata rivoluzionario in quanto risulta più efficace rispetto ad altri "riempitivi", poiché rende il bitume più rigido impedendo al collante di attaccarsi alla mano. Questo suggerirebbe che gli adesivi fossero utilizzati come manici direttamente attaccati agli strumenti di pietra, anziché per fissare gli strumenti di pietra ai manici.
Con ulteriori dati a disposizione in futuro, potremmo comprendere meglio il motivo per cui sono stati prodotti strumenti così complessi, dove gli ominini hanno investito tempo e sforzi nella produzione di adesivi composti che potrebbero avere un'utilizzo più simbolico che funzionale, evidenziando comunque le capacità cognitive ben sviluppate dei creatori.
Fonte immagine: Credit: D. Greinert, Staatliche Museen zu Berlin

I Neanderthal furono (probabilmente) i primi ominini capaci di accendere il fuoco a piacimento e a volontà 71.000–93.000 anni fa circa
L'uomo ha avuto sempre una relazione piuttosto intima con il fuoco, con quest'ultimo che ha giocato un ruolo fondamentale nella cottura dei cibi, nel tenere lontani possibili predatori e nello sviluppo della socialità. Insomma, sappiamo che questo elemento è stato "domato" dall'uomo ed era già conosciuto da alcune australopitecine (come 𝘼𝙪𝙨𝙩𝙧𝙖𝙡𝙤𝙥𝙞𝙩𝙝𝙚𝙘𝙪𝙨 𝙖𝙛𝙧𝙞𝙘𝙖𝙣𝙪𝙨), ma non si è mai riusciti a capire quando l'uomo abbia incominciato a capire come replicare questo elemento, senza bisogno di tenerlo acceso o senza approfittare di qualche pericoloso fulmine caduto nei pressi di un insediamento. O senza scatenare grossi incendi.
Come suggerisce questa ricerca, 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙣𝙚𝙖𝙣𝙙𝙚𝙧𝙩𝙝𝙖𝙡𝙚𝙣𝙨𝙞𝙨 parrebbe essere stata la prima specie di ominino capace di accendere il fuoco a piacimento. Ci troviamo nella penisola Iberica, per la precisione nella Gruta da Oliveira, e la prima cosa che affermano i ricercatori è che gli umani del luogo fossero in grado di accendere il fuoco in modo coerente e regolare, e ciò è stato possibile capirlo anche grazie alle ossa di animali carbonizzati e dagli strumenti in pietra rinvenuti nei pressi di focolari nella profondità della grotta.
E' una scoperta interessante ed anche un po' inaspettata perché gli ominini, in generale, potevano replicare il fuoco senza avere nessun controllo su di esso, provocando incendi violenti per poi utilizzarlo per i propri scopi. Il Neanderthal era capace già di utilizzare il fuoco per modificare a piacimento l'ambiente (ne ho parlato in un post apposito che troverete nei commenti), ma queste tracce mostrano come fosse a conoscenza di particolari tecniche capaci di riprodurlo e di controllarlo, senza scatenare grossi incendi incontrollabili. E' ciò che suggeriscono le ceneri accumulate in modo omogeneo e coerente nelle sequenze stratigrafiche.
Quindi, è possibile che il Neanderthal abbia ereditato questa pratica dai loro antichi antenati (quindi, questa pratica è retrodatabile a circa 400.000 anni)? Oppure, è stata appresa indipendentemente e in tempi più recenti? 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙨𝙖𝙥𝙞𝙚𝙣𝙨 l'ha appresa dal Neanderthal, oppure si tratta dell'ennesima convergenza evolutivo-comportamentale tra le due specie? Al momento non ci è dato sapere se l'utilizzo regolare del fuoco fosse una pratica comune anche in tempi più antichi, ma i ricercatori non nascondono che l'uomo possa essere stato in grado di controllare e di domare il fuoco in modo regolare già a partire dall' 𝙃𝙤𝙢𝙤 𝙚𝙧𝙚𝙘𝙩𝙪𝙨. Ciò infatti è (parzialmente) suggerito dai ritrovamenti della grotta di Wonderwerk, in Sudafrica, che suggeriscono l'uso del fuoco già 1 milione di anni fa circa, mentre un'altra prova proviene da Gesher Benot Yaakov, Israele, nel quale vennero trovati legno, semi bruciati e strumenti in selce datati 800.000 anni circa. E' anche vero che alcuni reperti, come quelli rinvenuti nella grotta di Zhoukoudian in Cina, indicano che 𝙃. 𝙚𝙧𝙚𝙘𝙩𝙪𝙨 non avesse un gran controllo del fuoco.
Insomma, al momento capire quando sia comparsa effettivamente questa pratica è molto difficile ma, al momento, i dati associati ai reperti iberici indicano il Neanderthal come il più antico ominino capace di controllare il fuoco e di replicarlo a piacimento già 300.000-200.000 anni fa. Anche alcuni reperti rinvenuti a Cueva Antón e La Boja, sempre in Spagna, indicano che questa specie avesse il pieno controllo della tecnologia per produrre e utilizzare il fuoco.

La più antica collezione museologica neanderthaliana
Alberto Angela, nel suo libro Musei (e mostre) a misura d’uomo, scrisse a pagina 18 “in una grotta occupata da gruppi di cacciatori neanderthaliani, infatti, sono stati ritrovati allineati un grosso cristallo di quarzo, la conchiglia di un gasteropode marino e un frammento di corno di un cervide. Ci sfugge quale fosse il significato di un raggruppamento così eterogeneo di oggetti. Non è da escludere che venissero loro attribuite qualità magiche. Tuttavia, ammesso che non si tratti di una aggregazione casuale di oggetti) lo si può considerare come la più antica collezione naturalistica finora ritrovata, e dal punto di vista concettuale forse l’antenato dei nostri moderni musei di Scienze Naturali”.
Questo libro ha più di 30 anni e, per essere onesti, non sono riuscito a trovare il lavoro a cui fa riferimento Alberto Angela. Tuttavia, è interessante notare che potrebbe gettare luce su questa sorta di "mania del collezionismo" del Neanderthal. Nella grotta di Cuevas Des-Cubierta, in Spagna, nella regione di Madrid, sono stati rinvenuti crani di un numero di erbivori antichi risalenti a circa 40.000 anni fa, assieme a ossa, strumenti e i resti di un bambino neanderthaliano di 3-5 anni.
Le ossa sono state ritrovate sparse sul pavimento del sito, e la particolarità risiede nella presenza di questi grandi crani (non teschi), estratti accuratamente dai rispettivi corpi e successivamente lavorati attraverso il fuoco o con l'ausilio di alcuni strumenti. Si tratta di 35 crani appartenenti a 28 bovidi (uri e bisonti), 5 cervidi e 2 rinoceronti, e sembrano essere stati sistemati lì deliberatamente.
Questi crani probabilmente sono stati lasciati lì come "ricordo", e ciò sembra essere confermato dalla mancanza di mandibole e denti, oltre alla presenza di tracce di lavorazione. Molto probabilmente, i neanderthaliani lavoravano le carcasse fuori dalla grotta, rimuovendo i crani, e successivamente, all'interno della grotta, procedevano alla rimozione del cervello.
La particolarità di un lavoro del genere, con la sola preservazione del cranio, è molto rara nei gruppi di cacciatori-raccoglitori, sia antichi che recenti, soprattutto perché i crani non sono considerati particolarmente "nutrienti". L'assenza di carne, l'accumulo dei reperti in un arco temporale relativamente ridotto e la perfetta conservazione delle corna, fanno pensare che possa trattarsi di una sorta di "sala dei trofei", o che i crani potessero essere utilizzati in qualche rituale (propiziatorio o di iniziazione). Insomma, non si sa con certezza quale sia il significato di questo accumulo, ma è evidente che potrebbe rappresentare una forma di espressione simbolica che mirava a mettere in relazione il Neanderthal con il mondo naturale.
Il ritrovamento di una moltitudine di strumenti litici, e di crani che presentano segni di percussione e taglio (con alcuni di essi associati a focolari), indica che la presenza nella grotta e l'accumulo intenzionale di queste ossa fosse un comportamento culturale trasmesso da generazione in generazione, come confermato anche dalla stratigrafia. Questo ritrovamento sottrae un altro primato alla nostra specie, poiché si pensava che Homo sapiens (anatomicamente moderno) fosse stata la prima specie a collezionare crani rimaneggiati.
Baquedano, E., Arsuaga, J.L., Pérez-González, A. et al. A symbolic Neanderthal accumulation of large herbivore crania. Nat Hum Behav 7, 342–352 (2023).

Il Neanderthal era un abile...ritoccatore!
I ritoccatori ossei sono dei particolari strumenti che servono, o meglio servivano, per perfezionare e per rendere efficienti gli strumenti litici e sono molto diffusi in siti associato al Paleolitico medio.
In Spagna (Sopeña, Asturie), sono stati trovati 25 frammenti ossei utilizzati come ritoccatori, con i ricercatori che hanno notato alcuni dettagli particolari come per esempio l'utilizzo di porzioni preferite, come la parte mediale delle ossa lunghe e "allungate" come metacarpi, metatarsi, tibie e femori. La specie animale più utilizzata è il cervo rosso adulto ad eccezione di un metatarso associato ad un individuo giovanile, ed esistono anche i resti di due esemplari di stambecco.
Ogni ritoccatore presenta due o tre aree "attive", di maggiore lavorazione, disposte come detto prima nelle parti centrali dell'osso. I segni dell'impatto sono vicini tra loro e presentano solchi dritti, irregolari e sinuosi e, talvolta, è possibile trovare anche delle "fossette" ovali. Esiste una tendenza a privilegiare alcuni lati dell'osso utilizzando come base il lato craniale dell'osso (quello disposto verso l'alto, per intenderci).
La lunghezza dei frammenti utilizzati come ritoccatori è compresa tra 130 e 47 mm, e la larghezza varia tra 16 e 47 mm. Lo spessore massimo della superficie corticale varia tra 4,2 e 13 mm. Questi erano, probabilmente, i requisiti fondamentali per l'utilizzo di queste ossa come ritoccatori In quanto, la forma allungata dinquesti resti, consentiva allo scheggiatore di impugnare l'utensile, di controllare a livello visivo l'azione di percussione sul materiale litico prevedendo, così, il risultato di ogni colpo. Da un punto di vista meccanico, permette di ottenere una maggiore accelerazione aumentando così la potenza d'urto. Inoltre, un osso "curvato naturalmente", era perfetto per questo scopo in quando una superficie ampia permetteva il ritocco dello strumento senza rompere o frantumare l'osso. In generale, un corticale spesso rende il ritoccatore abbastanza compatto e resistente agli urti dello strumento litico.
I reperti del sito di Sopeña (livello XV) sono molto simili a quelli rinvenuti in altri siti musteriani della Penisola Iberica, anche se esiste una certa variabilità proprio per quanto riguarda la larghezza dei resti. Sembra che le ossa siano state utilizzate appena dopo la morte anche perché, essendo prive di grasso, non necessitavano di essere "preparate", scegliendo direttamente quelle giuste durante il processo di consumo o di macellazione degli animali. Insomma, si nutrivano e poi riutilizzavano i rifiuti derivanti dalla macellazione e dal consumo di midollo osseo e di carne.
Gli strumenti da "perfezionare" erano, generalmente, di quarzite e in minore quantità in selce e furono utilizzati (e ritoccati) per lunghi periodi. Insomma, il Neanderthal non era una specie che sprecava le risorse a sua disposizione.


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