lunedì 4 dicembre 2023

𝙃𝙀𝙒𝙀 π™π™šπ™žπ™™π™šπ™‘π™—π™šπ™§π™œπ™šπ™£π™¨π™žπ™¨: l'antenato comune tra i lignaggi del Sapiens e del Neanderthal

 E' la ricostruzione del volto dell'𝙃𝙀𝙒𝙀 π™π™šπ™žπ™™π™šπ™‘π™—π™šπ™§π™œπ™šπ™£π™¨π™žπ™¨ , il (piΓΉ che) probabile antenato comune tra 𝙃𝙀𝙒𝙀 𝙨𝙖π™₯π™žπ™šπ™£π™¨ ed 𝙃𝙀𝙒𝙀 π™£π™šπ™–π™£π™™π™šπ™§π™©π™π™–π™‘π™šπ™£π™¨π™žπ™¨ che visse tra i 700.000 e i 200.000 anni circa.

È una delle prime specie che umane adattata ai climi freddi, infatti possedeva un corpo relativamente tozzo e largo capace di preservare il calore, proprio come nel caso del Neanderthal. Sapeva, inoltre, costruire strumenti in legno, come testimoniato dalle lance rinvenute a Schâningen, ed aveva in parte un buon controllo del fuoco. A livello anatomico possedeva una fronte relativamente grande, una scatola cranica di circa 1100 cc ed una faccia molto più piatta rispetto alle specie umane comparse precedentemente.
Ci sarebbe tanto da dire su questa specie, ma un post non basterebbe. Questa recente ricerca mostra quelle che sarebbero potute essere il volto di questa specie, ricostruito grazie ad un cranio rinvenuto nella grotta di Petralona, a Nord della Grecia. Si tratta di un cranio ben preservato, poco deformato a livello tafonomico nella parte posteriore della volta e delle ossa temporali, regioni che non influenzano la morfologia di un volto, appartenente ad un uomo che probabilmente non superava i 30-35 anni di etΓ  e che pesava circa 50 kg.
La ricostruzione del volto Γ¨ stata possibile grazie al 3D Artec Spider scanner in quanto permette di rilevare i tratti anatomici dello scheletro e dei tessuti molli e mira a ricostruire il volto di una persona a partire dalle caratteristiche anatomiche del cranio. Poi, Γ¨ stato utilizzato Cinema4D (Maxon) per posizionare certi marcatori e, successivamente, la ricostruzione digitale dell'anatomia del viso e della struttura della pelle Γ¨ stata sviluppata in ZBrush (Pixologic). Sostanzialmente, le caratteristiche facciali sono state approssimate con l'uso di tecniche basate su prove anatomiche e/o statistiche.
Come dicevamo prima, il cranio Γ¨ relativamente intatto ma Γ¨ privo della mandibola, infatti per la ricostruzione Γ¨ stata utilizzata quella di Mauer (o Mauer 1), l'olotipo della specie (con olotipo si intende un fossile o un reperto che rappresenta la specie in questione, una sorta di "punto di riferimento" di una nuova specie). La mandibola Γ¨ datato circa 600.000 anni circa e possiede un mix di caratteristiche sia arcaiche, come per esempio un lungo ramo mandibolare e un corpo rlativamente massiccio privo del mento (una caratteristica unica del Sapiens), che odierne (come la dimensione contenuta e ridotta dei denti. La scansione e l'elaborazione del volto indica che quest'individuo era caratterizzato da una fronte inclinata, da arcate sopraccigliari massicce e da una faccia relativamente robusta.

Quanti umani popolarono l'Europa occidentale tra 560.000 e 360.000 anni fa (tra MIS 14 e MIS 11)?

Il periodo appena citato Γ¨ molto importante in quanto, paleontologicamente parlando, troviamo i primi resti associati a Homo neanderthalensis, nonchΓ© il periodo della loro comparsa. Di Homo sapiens ancora non si hanno tracce perchΓ© comparve solamente 300.000 anni fa circa, in Africa.
Prima di poter continuare, avete notato che a fianco il periodo ho citato MIS 14 e MIS 11? Questa sigla, MIS, significa 'Marine Isotope Stages (o stadio isotopico marino), e nel corso degli ultimi 800.000-1 milione di anni vi Γ¨ stata un'alternanza di periodi caldi e freddi. Quest'alternanza viene dedotta grazie al rapporto degli isotopi 18 e 16 dell'Ossigeno, presente nei resti fossili e sedimentologici, e varia al variare della temperatura.
In parole povere, possiamo dire che l'isotopo 18-O, quello piΓΉ pesante, Γ¨ piΓΉ abbondante nelle acque fredde, e come potete vedere dall'immagine nei commenti (presa da Wikipedia), i Mis con il numero dispari corrispondono a grandi quantitΓ  dell'isotopo 18-O.
Ma ci sono altri metodi per capire le variazioni (paleo)climatologiche? La tecnica Levallois, una tecnologia litici tipica del Neanderthal, incomincia a svilupparsi proprio con questa specie. Con molta probabilitΓ , la comparsa di questa particolare industria coincide proprio con queste forti oscillazioni che hanno modellato, in un modo o nell'altro, la nostra evoluzione.
Questi continui cambiamenti hanno influenzato la distribuzione delle popolazione umane. Grazie ad un set di mappe paleoclimatiche, Γ¨ stato possibile ricostruire le variazioni che sono intervenute nell'area dell'Europa occidentale, tra il MIS 11 e 14.
Per capire un po' quanti umani popolassero quelle zone in quel periodo, Γ¨ stato fatto un confronto con la recente densitΓ  di popolazione di cacciatori-raccoglitori e la produttivitΓ  netta, confrontandola con quella del passato. Il risultato? Vi erano tra i 13.000 e i 25.000 individui appartenenti al genere Homo in Europa occidentale.
Pochini secondo i nostri canoni visto che siamo 7 miliardi, ma all'epoca era un numero piΓΉ che ragguardevole. Anzi, le continue oscillazioni climatiche limarono e limitarono le popolazioni dei grandi vertebrati terrestri e i loro areali, mentre una popolazione umana che si aggirava tra i 13.000 e i 25.000 individui indica che le tre penisole del Mediterraneo, durante le glaciazioni, non fossero le uniche regioni adatte per gli esseri umani.
Fonte: RodrΓ­guez, J., Willmes, C., Sommer, C. et al. Sustainable human population density in Western Europe between 560.000 and 360.000 years ago. Sci Rep 12, 6907 (2022).

Come si sopravviveva al freddo 400.000 anni fa circa senza fuoco?

Lo so, sembra un post ovvio, ma ogni ricerca che restituisce dati interessanti merita di essere trattata. I ricercatori in questione hanno cercato di capire come alcuni ominini vissuti tra i 125.000 e i 780.000 anni circa, abbiano potuto sopravvivere al freddo, analizzando la componente fisiologica di questi antichi umani. Il periodo citato poc’anzi, soprattutto per quanto riguarda l’Europa, era caratterizzato da diverse fasi glaciali, e ci si chiede come questi antichi umani abbiano sopportato il freddo, non solo quello derivante dalle glaciazioni ma anche quello che si presentava in periodi piΓΉ miti e in luoghi relativamente piΓΉ temperati, come la penisola Iberica (soprattutto nel famoso sito di Atapuerca).
Sono state stimate le temperature di 68 siti abitati tra i 470.000 e i 360.000 anni circa, e anche i periodi interglaciali erano caratterizzati da inverni freddi, raggiungendo anche gradi sotto lo zero. La particolaritΓ  di questi siti Γ¨ che non sono state trovate molte tracce di focolari; pertanto, i ricercatori pensano che gli ominini della penisola iberica non utilizzassero il fuoco per riscaldarsi. Forse perchΓ© hanno “dimenticato” come fare, o non trovavano il materiale apposito, oppure (piΓΉ semplicemente) non si sono preservati nei sedimenti gli antichi focolari di questo periodo.
Quindi, come ci si riscaldava senza fuoco? Il nostro metabolismo ci permette di sopravvivere a certe temperature, anche se c’Γ¨ un limite a tutto ciΓ², soprattutto quando veniamo esposti al freddo, specialmente di notte. Di notte, il nostro corpo fatica a termoregolarsi. La situazione, sempre in assenza di fuoco, poteva risolversi cosΓ¬: ci si copriva con le pellicce, si dormiva vicini gli uni agli altri e riparati dal vento, e in questo modo si riusciva a resistere alle temperature esterne (ed estreme). La componente sociale ha giocato un ruolo fondamentale in quanto, anche per non disperdere il calore, si dormiva vicini.
È stato utilizzato un modello matematico che simula la perdita di calore durante il sonno, e ciΓ² Γ¨ stato applicato sia a individui maschi che femmine del sito di Sima de los Huesos ad Atapuerca (Burgos). Sono stati valutati gli effetti isolanti di una pelliccia, dello spesso strato di grasso sottocutaneo e della produzione di calore interno attraverso il metabolismo, oltre alla perdita dovuta al vento. Insomma, “l'unione fa la forza” e ciΓ² ha permesso agli antichi ominini iberici, in condizioni in cui non fosse possibile produrre il fuoco, di sopravvivere al freddo.
Fonte: JesΓΊs RodrΓ­guez, Christian Willmes, Ana Mateos, Shivering in the Pleistocene. Human adaptations to cold exposure in Western Europe from MIS 14 to MIS 11, Journal of Human Evolution, Volume 153, 2021, 102966, ISSN 0047-2484

Dove e quando si Γ¨ originato l'antenato comune tra i lignaggi del Sapiens e del Neanderthal? Senza prove fossili, non Γ¨ mai stato possibile capire dove e quando, effettivamente, si fosse originato l'ultimo antenato comune tra questi due lignaggi, ed Γ¨ importante sottolineare il termine "lignaggio":

-una biforcazione, o meglio una divergenza, ha dato origine ad una popolazione che si Γ¨ differenziata in Neanderthal e Denisova;
-l'altra ha dato origine ad 𝙃𝙀𝙒𝙀 𝙨𝙖π™₯π™žπ™šπ™£π™¨ e alla probabile specie cinese datata 300.000 anni fa circa (ne ho parlato qualche giorno fa. Trovate il link nel testo).
Mi ricollego proprio a quest'ultima scoperta in quanto, proprio grazie ad essa, risulta essere piΓΉ salda la possibile origine non africana dell'ultimo antenato comune tra i lignaggi Sapiens e Neanderthal. Per semplificare il discorso, partiamo in primis dicendo che l'evoluzione (cambiamento) Γ¨ un processo continuo, le popolazioni mutano da generazione in generazione e, se da una popolazione se ne distacca un'altra, e non vi Γ¨ piΓΉ la possibilitΓ  di incroci, le stesse saranno caratterizzate da mutazioni (casuali) o caratteristiche uniche di ogni gruppo. Insomma, una grande popolazione (LCA, l'antenato comune) si Γ¨ divisa nei due lignaggi.
Fatta questa premessa, possiamo passare al discorso vero e proprio. GiΓ  un paio di anni fa si ipotizzava una possibile origine di questo LCA fuori dall'Africa, mentre alcune popolazioni (come quelle che daranno origine al Sapiens) migrarono di nuovo in Africa ed altre si diffusero tra Europa (Neanderthal) ed Asia (Denisova e la possibile nuova specie "gemella" del Sapiens)
Sono state fatte molte analisi paleogenetiche, e ciΓ² che si capisce Γ¨ che questo antenato comune visse nel Pleistocene Medio. Grazie ai dati osservati da 𝙃𝙀𝙒𝙀 π™–π™£π™©π™šπ™˜π™šπ™¨π™¨π™€π™§, si capisce che quest'ultima specie possiede alcune caratteristiche tipiche di questo probabile LCA: il cranio possiede caratteristiche "a mosaico", nel senso che sono presenti sia caratteri derivati (recenti) che primitivi (antichi), ma non si sa molto sulla dentatura nella documentazione fossile africana, e ciΓ² avrebbe aiutato molto a "risolvere questo caso".
Comunque, non si esclude che quest'antica popolazione si sia originata in Africa. Infatti, le popolazioni piΓΉ antiche che presentano caratteri moderni, si trovano in Africa e sono databili almeno a circa 230 ka (Kibish 1) o a circa 300 ka se includiamo gli esemplari di Jebel. Insomma, i fossili indicano che la prima presenza del Sapiens avvenne nel continente africano.
Il record fossile Γ¨ relativamente scarso (non assente), e non esiste nessuna documentazione che possa sostenere la divisione delle varie popolazioni da cui si diversificheranno i vari lignaggi durante il Pleistocene Medio e Superiore.
I fossili africani del Pleistocene Medio, dipendentemente dal contesto e dalle varie interpretazioni, come nel caso di 𝙃𝙀𝙒𝙀 π™šπ™§π™šπ™˜π™©π™ͺ𝙨 ed 𝙃𝙀𝙒𝙀 π™šπ™§π™œπ™–π™¨π™©π™šπ™§, in assenza di caratteri tipici di queste ultime due specie citate, vengono definiti come 𝙃𝙀𝙒𝙀 π™π™šπ™žπ™™π™šπ™‘π™—π™šπ™§π™œπ™šπ™£π™¨π™žπ™¨ , 𝙃𝙀𝙒𝙀 π™§π™π™€π™™π™šπ™¨π™žπ™šπ™£π™¨π™žπ™¨ e 𝙃𝙀𝙒𝙀 π™—π™€π™™π™€π™šπ™£π™¨π™žπ™¨ (anche se quest'ultima, come 𝙃𝙀𝙒𝙀 π™‘π™€π™£π™œπ™ž, non ha una grossa valenza dal punto di vista filogenetico). Tralasciando i vari nomi, nessun ricercatore ha mai al momento rinvenuto morfologie o caratteri tipici della nostra specie, che possano in qualche modo farvi pensare che una di essa sia la diretta antenata della nostra specie. Solo in Homo antecessor (850 mila anni circa), troviamo alcune caratteristiche tipiche del Neanderthal che aiutano in qualche modo a "predire" la morfologia dell'ipotetico LCA:
-la porzione mediana della faccia moderna;
-la dentatura sarebbe quella tipica dei moderni neanderthaliani.
Tralasciando il problema morfologico, ciò che comunque mette d'accordo un po' tutti quanti è il ruolo che svolse il Levante nel passaggio di varie specie dall'Africa verso gli altri continenti (e viceversa), infatti studi paleoambientali e paleoclimatici affermano che questa regione abbia mantenuto nel corso del tempo condizioni climatiche stabili tali da consentire alla "popolazione madre" di poter vivere in quelle zone senza molte difficoltà. Insomma, da lì si sarebbero, poi, distaccate geograficamente varie popolazioni che hanno portato alla comparsa dei due lignaggi in questione. In generale, il Levante permise una sorta di continuità faunistica tra Africa e Asia sudoccidentale in periodi ben specifici del Pleistocene.
Da qui ci ricolleghiamo a questa seconda ricerca che fa un po' il punto della situazione sul Levante (e non solo!).
Negli ultimi anni sono state portate alla luce sempre piΓΉ prove di un nostro precoce arrivo in Europa, e ciΓ² sarebbe proprio dovuto proprio al corridoio levantino che ha facilitato il passaggio di specie dall'Africa all'Eurasia (e viceversa) dal Pleistocene Medio.
Il deserto del Sahara sembrava essere una barriera geografica molto imponente, tale da non permettere nessun tipo di passaggio a nessun animale, eppure in piΓΉ occasioni il Sahara (tra il MIS 5 e il MIS 11) Γ¨ stato caratterizzato da episodi "umidi" su larga scala, come testimoniano i sedimenti lacustri del bacino Fazzan, nel sud-ovest della Libia. Insomma, il Sahara non era una barriera ma un validissimo passaggio tra il nord e il sud dell'Africa.
Grazie al record geologico, climatico e archeologico, si sa che le dispersioni dall'Africa (senza contare le retro-migrazioni) avvennero almeno in 4 intervalli temporali:
- 2-1,6 milioni di anni fa circa;
- 1,4-1,2 milioni di anni fa circa;
- 1 milione - 800.000 anni fa circa;
- tra i 600.000 e i 100.000 anni fa circa.
Gli autori indicano che la presenza di umiditΓ  abbia creato corridoi africani, come la valle del fiume Nilo, fino al Levante, che permise a vari ominini di attraversare periodicamente regioni estremamente aride.
Quindi, il corridoio levantino sarebbe potuto essere stato aperto per brevi periodi, della durata di minimo 1000 anni e massimo 10.000 circa, che ha permesso sia uno scambio genetico tra varie popolazioni che la migrazione delle stesse negli altri continenti durante il Pleistocene Medio. In questo periodo in Africa orientale vissero almeno due specie umane, 𝙃. π™šπ™§π™šπ™˜π™©π™ͺ𝙨 africano (𝙃. π™šπ™§π™œπ™–π™¨π™©π™šπ™§) ed
𝙃. π™π™šπ™žπ™™π™šπ™‘π™—π™šπ™§π™œπ™šπ™£π™¨π™žπ™¨, ma sarebbe piΓΉ facile (sempre secondo gli autori) che quest'ultima specie provenga dalla regione levantina e non dall'Africa in quanto proprio l'olotipo venne rinvenuto in Europa.
Anche il "problematico" cranio di Bodo rappresenta una popolazione che non ha avuto origine in Africa ma in Eurasia, e potrebbe rappresentare un evento di speciazione che si verificΓ² in Africa o in Eurasia occidentale, successiva alla dispersione di 𝙃. π™π™šπ™žπ™™π™šπ™‘π™—π™šπ™§π™œπ™šπ™£π™¨π™žπ™¨.
Gli autori fanno anche notare che circa 575.000 anni fa avvenne una progressiva aridificazione dell'Africa orientale (come indicato dai sedimenti del lago Magadi, in Kenia) che portΓ² all'estinzione di un gran numero di mammiferi e che coincidono con l'ultima presenza della cultura acheuliana nell'Africa Orientale, sostituita da tecnologia litica simile a quella del Sapiens.
Insomma, il corridoio levantino si dimostrò essere un'ottima via di comunicazione tra Africa ed Asia, ha permesso a molti ominini di vivere lì grazie proprio alle condizioni perlopiù climatico-ambientali del luogo nel Pleistocene Medio. A seconda metà del Pleistocene Medio, sarebbero avvenuti dei flussi migratori dal Sud-ovest verso l'Africa da cui si originerà H. sapiens in Africa. Questo spiegherebbe anche la presenza di fossili pre-sapiens in luoghi come il Marocco.


Fonte 1 (clicca qui) e Fonte 2 (clicca qui)


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